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Anche il cinema in campo. Parla Rolando Colla La guerra in faccia

Il regista italo-svizzero ha appena portato nelle sale una pellicola girata tra le macerie della ex jugoslavia. ma il pensiero era rivolto anche all’Iraq.

di Redazione

È un film contro tutte le guerre, che ne rievoca due: il secondo conflitto mondiale e quello serbo-bosniaco». È Rolando Colla, regista italo-svizzero, a parlare di Oltre il confine, in concorso all?ultimo Festival di Locarno e ora nelle sale. Si tratta di una pellicola girata, coraggiosamente, tra le macerie e la disperazione della Bosnia. Qui, mentre corre l?anno 1993, nel pieno del conflitto nella ex Jugoslavia, si intrecciano le vite di Agnese (Anna Galiena), architetto 50enne, figlia di un reduce in fin di vita, e di Reuf (Senad Basic), profugo bosniaco, la cui umanità spingerà la donna a un inatteso atto di solidarietà: partire alla ricerca della figlia dello slavo, mutilata e ancora bloccata nella zona bellica. Vita: Perché, nel suo secondo lungometraggio, ha scelto di parlare della guerra? Rolando Colla: Fin da bambino ho ascoltato i racconti sull?infanzia di mia madre, cresciuta durante il secondo conflitto mondiale. Poi vent?anni fa ho girato un documentario all?interno della casa di riposo per veterani di guerra di Turate, dove sono tornato per alcune scene del film. Un posto grottesco, che è appena stato chiuso, dove i ricoverati indossavano ancora l?uniforme ed erano isolati e abbandonati dalle famiglie e dalla società. L?incontro con il libro di Luca Rastello sulla Bosnia, La guerra in casa, mi ha fornito infine lo spunto definitivo: in quelle pagine ho trovato parallelismi col materiale da me già accumulato, così l?ho contattato e, a quattro mani, abbiamo scritto la sceneggiatura, unendo le esperienze tratte dalle due guerre, i traumi e l?incapacità di esprimerli a parole. Vita: Pensa che la rimozione rivesta un ruolo importante nella reiterazione dei conflitti? Colla: È un minimo comune denominatore dei sopravvissuti a ogni guerra: rimuovere il dolore e passare oltre, un meccanismo indiscutibilmente umano. Durante le mie ricerche notavo un atteggiamento di distacco dal vissuto: gli orrori vengono raccontati in forma di aneddoto, prendendo distanze anestetiche. Solo se si riuscisse a esprimere tutta la crudeltà della guerra e il dolore che ne consegue, si scuoterebbe la gente, la si indurrebbe a riflettere. C?è stata una reazione forte al pericolo di una nuova guerra tra Usa e Iraq, ma potrebbe essere ancora più radicale: con più adesione e più solidarietà. Vita: Nel film, Agnese si evolve dall?indifferenza alla responsabilizzazione nei confronti della guerra. Ha preso spunto da un fatto realmente accaduto? Colla: Tutti i personaggi e le storie sono desunti dalla realtà raccolta da Luca Rastello e da me: come il bambino nell?ospedale bosniaco che si finge Dracula per spaventare gli ospiti o Reuf, il profugo protagonista, o, ancora, la madre serba che sparisce nel nulla. Vita: Che cosa si può fare per aiutare chi una guerra l?ha vissuta? Colla: Quello che spesso non si dà: l?accoglienza, un vero e proprio diritto umano. Se solo si avesse un atteggiamento più aperto agli altri si vedrebbe nel profugo l?essere umano, che merita prima di tutto rispetto. Fortunatamente si verificano grandi segni di solidarietà: Rastello, tramite iniziative umanitarie private, ha ospitato molti profughi della ex Jugoslavia, semplicemente chiedendo porta a porta ai famigliari, ai vicini, ai conoscenti di Torino e riscuotendo un rincuorante consenso. Vita: Com?è oggi la situazione in questi territori dilaniati? Colla: L?accordo di Dayton del 95 ha formalmente detto stop alla belligeranza. Da allora sono trascorsi otto anni e nulla è cambiato: ovunque c?è corruzione e mafia, i partiti nazionalisti dominano, non c?è capacità e volontà di convivere. In più, è un Paese completamente minato: occorrerebbero 40 anni per togliere tutte le mine che sono state piazzate. Tutto diventa pericoloso: fermare la macchina per fare una foto o raccogliere qualcosa da terra. È impossibile dimenticare quel che ho visto. Vita: Quindi continuerà a documentarlo? Colla: Sto preparando un progetto sul sogno comune di bosniaci e cubani: voler lasciare il proprio Paese e non poterlo fare. Sarà una testimonianza autentica, nuda e cruda, senza concessioni all?estetica. Raffaella Beltrami


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