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Attivismo civico & Terzo settore

Associazioni e polizze… una relazione in progress

La risposta al fabbisogno assicurativo delle organizzazioni passa innanzitutto dalla chiarezza informativa e dalla vicinanza della distribuzione alle realtà del volontariato.

di Redazione

La legge 266/91 ha portato, pur lentamente e in modo ?forzoso?, alla crescita di consapevolezza e responsabilizzazione da parte delle organizzazioni nei confronti delle tematiche del rischio collegate all?attività dei volontari. Una prima ricerca, condotta nel 1996 in ambito universitario su un campione di 170 organizzazioni di volontariato della Lombardia, aveva fornito una complessa e interessante panoramica della sensibilità del non profit rispetto alle problematiche del rischio. A distanza di quasi 10 anni Norma – Associazione per il risk management per il non profit ha voluto aggiornare la situazione attraverso un?intervista, ridotta da 40 a sette domande, a circa 30 organizzazioni lombarde. Ne emergono alcuni dati per alcuni aspetti inattesi e sorprendenti e un grande assente: le compagnie di assicurazioni. Obbligo assicurativo Risulta buona la conoscenza dell?obbligo assicurativo previsto all?art. 4 della legge 266/91. Nel 1996 oltre il 60% delle associazioni intervistate erano già iscritte all?albo regionale e a conoscenza dell?art. 4; nel 2006 solo il 10% risultavano non interessate all?iscrizione all?albo regionale. Coperture assicurative La diffusione delle coperture assicurative è a un ottimo livello. Nel 1996 il 67% delle associazioni avevano in essere coperture assicurative sui volontari, nel 2006 questo dato sale fino a quasi il 95%. Chi non si assicura lo fa perché non richiesto dalla legge e perché preferisce mantenere una forma associativa priva di forme giuridiche definite. Qualità della spesa Purtroppo viene confermata una tendenza sulla qualità della spesa assicurativa. Meno del 20% delle organizzazioni ricorreva a coperture ulteriori rispetto alle richieste di legge, dopo dieci anni il dato è migliorato di pochissimo: solo il 30% ritiene di avere una copertura più ampia di quella richiesta per l?iscrizione al registro regionale. Questo dato fa riflettere su due aspetti: da una parte è chiaro come la legge 266 pare avere ottenuto, almeno in Lombardia, il suo fine primario; allo stesso tempo l?assicurazione viene ancora intesa come un onere obbligatorio e raramente si ipotizzano o sottoscrivono prodotti più ampi: complice il mercato assicurativo che raramente approfondisce gli ambiti di rischio, quindi le opportunità commerciali, di un?organizzazione di volontariato. Il livello di spesa Conseguenza dello scarso interesse del mercato assicurativo (sia a livello tecnico sia a livello commerciale) e della riluttanza delle organizzazioni a non approfondire la conoscenza e la copertura dei propri rischi è il livello di spesa assicurativa per singola organizzazione. Nel 1996 oltre il 50% degli intervistati dichiarava di spendere meno di 2 milioni di vecchie lire per le proprie coperture assicurative. Dopo dieci anni, nonostante un incremento pur controllato delle tariffe (esclusa il ramo auto) anche grazie alla comparsa di nuove convenzioni con organizzazioni intermedie, il livello di spesa è cresciuto a poco più di 1.200 euro per oltre il 45% degli intervistati. Dato preoccupante è che nel 1996 il 20% e a oggi oltre il 25% non hanno percezione di quale sia la loro spesa assicurativa – o meglio: conoscono solo la dolorosa tariffazione della r.c. auto! Come si sceglie Nel 1996 gli intervistati dichiaravano di aver seguito i seguenti canali e criteri: consulenza/formazione 13%; comodità/vicinanza 10%; vonoscenza diretta intermediario 25%; marketing/immagine della compagnia 32%; convenzioni 37%; proposta commerciale diretta da parte dell?intermediario 3%. Una considerazione: alla distribuzione il mercato del volontariato non faceva gola e alla fine nella scelta del prodotto dominavano fattori emotivi. Dopo 10 anni la nota positiva è rappresentata dalla presenza dei Centri di servizio che hanno apportato un?ampia formazione di base anche in ambito assicurativo nonché favorito il sorgere di nuove convenzioni e coperture collettive. Il dato consulenza/formazione sale a quasi il 30% mentre cala di quasi dieci punti l?importanza dell?immagine della compagnia. Sempre a livello pressoché inesistente la proposta commerciale da parte degli intermediari: vige ancora il pregiudizio che il non profit sia una clientela povera. Crescono i sinistri Purtroppo un dato che ha subito una vera e propria impennata in questi dieci anni è quello relativo alla sinistrosità dei contratti: nel 1996 dichiaravano di aver utilizzato le proprie coperture il 24% degli intervistati, oggi il dato sale al 35%. Ancor più indicativo è il dato relativo al tipo di sinistro che però non ha un corrispettivo di dieci anni fa: oltre il 60% dei sinistri riguarda indennizzi per danni cagionati a terzi. Si conferma la tendenza per cui nessuna organizzazione di volontariato è immune da richieste risarcitorie da parte di terzi! Dentro la polizza Dieci anni fa in ordine di importanza le organizzazioni dichiaravano di cercare: convenienza (salvo poi essere insoddisfatti al 50%); trasparenza (delusi al 64%); completezza di garanzie (insoddisfatti pesantemente al 58%); in coda all?elenco l?assistenza alla vendita (soddisfatti quasi il 60%). Le risposte di dieci anni dopo non permettono un paragone realistico, ma due punti vengono riportati da pressoché tutti gli intervistati: solo gli intermediari che hanno investito risorse e volontà a capire il volontariato sono in grado di fornire prodotti completi e relativamente economici; la trasparenza dei contratti assicurativi, fermo restando le condizioni necessarie per legge, è scarsa e la rete commerciale non è sempre in grado di fornire chiarimenti, talvolta crea addirittura false attese. A realtà come Norma e come i Centri di servizio al volontariato l?arduo compito di far crescere la cultura assicurativa (e di risk management) anche tra i responsabili delle organizzazioni. Di Matteo Cerri – Norma


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