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I novant’anni dell’Unione ciechi

Domani, 29 settembre, alla Sala della Lupa si celebrano i 90 anni dell'Unione ciechi

di Redazione

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è stata fondata a Genova il 26 ottobre del 1920 da un gruppo di non vedenti guidati da Aurelio Nicolodi, un giovane ufficiale trentino che aveva perduto la vista durante la prima guerra mondiale. I fondatori dell’Unione erano animati dalla convinzione che l’autentica integrazione sociale dei ciechi si potesse conseguire soltanto se i ciechi stessi si fossero direttamente impegnati per la rivendicazione dei loro diritti di uomini e di cittadini, liberandosi dalla mendicità e dalle tutela del filantropismo caritativo, che da sempre erano state le sole condizioni di vita loro consentite.

«Aurelio Nicolodi comprese perfettamente che la drammatica condizione dei ciechi del tempo non era dovuta tanto alla minorazione fisica, quanto al pregiudizio sociale – dice Tommaso Daniele, presidente nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – . Nicolodi si propose, attraverso la cultura, di sconfiggere questo pregiudizio e pensò di raccogliere i ciechi sotto un’unica bandiera, spiegando loro che non dovevano essere reclusi negli ospizi, nei ricoveri, e che il riscatto non poteva che venire dai ciechi stessi. Ma quale era la condizione dei ciechi di allora? Era tragica: erano poveri economicamente, socialmente e moralmente. Senza il diritto allo studio, al lavoro, e senza essere parte attiva all’interno della società. Erano degli emarginati, degli esclusi, oggetto solo di pietà, di carità e di assistenza pubblica e privata; cittadini neanche di serie B.  Questa condizione dei ciechi era scritta e consolidata nel Codice Civile di allora il codice Zanardelli del 1865. Un articolo di questo Codice sanciva che i ciechi erano, per legge, inabili, cioè non avevano la capacità giuridica di agire. Soltanto dopo una sentenza del Tribunale potevano essere abilitati».

Un lungo cammino, quello fatto dai ciechi italiani in questi 90 anni grazie all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti: diritto allo studio, diritto al lavoro e diritto alla pensione sono stati i primi passi fondamentali verso l’autonomia e l’integrazione sociale dei ciechi italiani. «Ci siamo battuti per il riconoscimento di quelli che io chiamo i “diritti nuovi” rispetto alla tradizione – conclude Tommaso Daniele: il diritto alla mobilità, allo sport, alla fruizione dei beni culturali. Abbiamo ottenuto la legge sulle barriere architettoniche: per la prima volta viene sancito il concetto di “barriere sensoriali.” Anche questa una rivoluzione».

Dai gradini delle chiese, dagli angoli delle strade, alle cattedre universitarie questo il titolo dell’incontro in programma domani, 29 settembre, a Roma (ore 11 – 13,30) alla Camera dei Deputati – Sala della Lupa

Programma
Saluto del Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Tommaso Daniele
 
Lectio Magistralis
Luigi D’Alonzo – docente universitario
 
Interventi di 5 Premi Braille:
Gianni Letta – Sottosegretario Presidenza del Consiglio dei Ministri
Enzo Bianco – Senatore della Repubblica
Carmen Lasorella – Giornalista
Andrea Monorchio – Presidente Consap
Giuseppe Vegas – Vice Ministro al Ministero Economia
 
Interventi di non vedenti particolarmente meritevoli
Angelo Bella – docente universitario
Cecilia Camellini – medaglia d’oro mondiali di nuoto
Mauro Marcantoni – sociologo e scrittore
Mirco Mencacci – tecnico del suono
Felice Tagliaferri – scultore
 
Lettura di alcuni messaggi inviati dai soci riguardanti il novantesimo anniversario
 
Conclusioni
Coordina i lavori Carmen Lasorella


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