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Rendicontazione del 5 per mille, guardiamo alla sostanza

Fisco proposta alla Agenzia delle entrate

di Redazione

Il tema della rendicontazione del 5 per mille sembra essere uno di quei temi assolutamente emblematici del rapporto in essere tra il comparto del terzo settore e le autorità preposte al controllo. La logica temporale prevista dalla rendicontazione («hai percepito quest’anno il 5 per mille, spendilo e poi, ad un anno dall’incasso, fammi vedere come hai speso quei soldi») non rispecchia, infatti, le logiche finanziarie, economiche e patrimoniali che si sono avute in questi anni nel comparto: ad esempio, tralascia il fatto che tanti beneficiari, indebitandosi con le banche, hanno speso quei soldi ancor prima di incassarli; oppure che un’associazione oculata non sia riuscita a spendere efficientemente il suo 5 per mille «entro un anno dall’incasso». Il documento elaborato dal ministero del Lavoro si presenta semplicistico e non va oltre una semplice “lista della spesa”. La stessa alternativa, eccezionalmente concessa dalle Linee guida, di procedere alla rendicontazione attraverso la presentazione del bilancio d’esercizio aumenta poi la confusione in quanto ogni singolo ente ha sostanzialmente proceduto ad una contabilizzazione di quelle somme, in tempi e modi differenti, in maniera del tutto lecita sulla base delle esistenti raccomandazioni contabili di settore.
La conseguenza è che gli enti beneficiari del 5 per mille si trovino nell’incertezza per la contabilizzazione seguita. E tutti vivono nella paura di non adempiere in maniera corretta all’obbligo e di correre il rischio di dover “restituire” le somme incassate e pur doverosamente spese per progetti sociali.
Ad avviso di chi scrive, invece, la contabilizzazione del 5 per mille non dovrebbe interferire su una rendicontazione che esige solo e soltanto di sapere come sono stati impiegati i fondi, disinteressandosi, nella maniera più assoluta, degli aspetti economici e patrimoniali generati dalle possibili contabilizzazioni di quel contributo. In tal senso, sarebbe a nostro avviso opportuno concentrarsi sulla sostanza degli impieghi e limitarsi ad indicare al competente ministero la composizione degli stessi.
In questo caso il tema irrisolto è quello di un ente che, ad un anno dall’incasso, non abbia ancora speso tutte le somme a sua disposizione non perché non voglia farlo ma soltanto perché sta cercando di impiegare quei soldi nella maniera più efficace possibile; in questo caso si dovrebbe “rendere conto” degli impieghi stanziati sul progetto attraverso la relazione descrittiva da allegare al vero e proprio rendiconto. Chissà che qualche circolare dell’amministrazione finanziaria chiarisca il concetto e renda più tranquilli, se non tutti, almeno il primo della fila che si appresta a rendicontare il 5 per mille.


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