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Addio a Rita Levi Montalcini

È morta a 103 anni il Premio Nobel, che negli ultimi anni si era dedicata a garantire un'istruzione a tante donne africane. Franco Bomprezzi la ricorda così: «Ci ha insegnato l'educazione civile»

di Redazione

È morta oggi pomeriggio, a 103 anni, Rita Levi Montalcini. Nel 1986 vinse il Premio Nobel per la Medicina (qui il suo discorso). È stata la prima donna a essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze; dal 2001 è senatrice a vita. Nel 1992 aveva fondato con la sorella Paola, pittrice, la Fondazione Levi-Montalcini. La presenta così: «personalmente ho dedicato la mia vita alla ricerca e al sociale. La vita ha valore se non concentriamo l’attenzione soltanto su noi stessi ma anche sul mondo che ci circonda. Sono pervenuta a tale decisione in base all’esigenza di far fronte a una delle maggiori problematiche che gravano sulle popolazioni dell’Africa, che consiste nel mancato accesso all’istruzione per la quasi totalità delle appartenenti al sesso femminile. Certo si tratta di una goccia nel mare, al confronto delle altre grandi sofferenze del Continente africano, ma sono convinta che aiutando le donne nel raggiungimento di questo diritto, si possa guardare alla libertà di crescita e di sviluppo degli individui della propria società di appartenenza e di quella globale».

Vita l’aveva intervistata proprio in occasione di un grande evento che aveva riunito in Italia tante leader africane: «Quando ero giovane il mio sogno era andare in Africa, la vita invece mi ha portato altrove, negli Stati Uniti» ha detto a Vita il premio Nobel per la medicina. «Ho voluto recuperare ora, alla mia età, questo impulso che sentivo da giovane, e in particolare ho scelto di aiutare le donne africane a proseguire gli studi».

«Le donne africane hanno dimostrato alte capacità nel saper fronteggiare problemi di carattere sociale, ma solo un numero ridotto è arrivato a ricoprire posizioni preminenti nei settori sociale e politico», scriveva nel 2006 in una lettera in cui chiedeva supporto con il 5 per mille per la sua Fondazione. La sua convinzione è che «dopo secoli di rassegnata accettazione e ingiustizie, le nuove leve femminili potranno apportare un cambiamento radicale».

Oggi, ricordandola, Franco Bomprezzi scrive nel suo blog: «Forse l’ho amata attraverso l’amore per mia madre, forse l’ho capita attraverso il suo sguardo, la sua umanità. Ecco perché oggi provo sentimenti complessi, di affetto, di vicinanza forse incomprensibile, ma non di dolore. Quel dolore umanissimo che ho provato quando mia madre ha varcato la soglia della morte. Non si può provare dolore per una donna che muore a 103 anni, lucida fino all’ultimo, testimone del tempo e di quei valori che sembrano rappresentare il meglio della nostra civiltà, della cultura, della scienza, ma anche della gentilezza e della tolleranza, e dell’attenzione per la ricerca e per i giovani.

Adesso leggeremo parole di circostanza, retorici omaggi della politica e delle istituzioni, ma anche, in mezzo a tante inutili affermazioni, potremo cercare di cogliere il senso della vita, il mistero della morte e dell’intelligenza che cambia forma e spessore, e si trasforma in memoria e in messaggio universale. Non so se ci mancherà. Penso di no, perché non può mancare una persona come lei, che ha saputo lentamente togliersi dalla scena senza urlare patetici messaggi di un giovanilismo ridicolo. Ha scelto i colori dell’inverno per abbandonare la scena in silenzio, dopo tante parole affidate a ogni mezzo. Moderna e antica al tempo stesso, ci ha insegnato l’educazione civile. E ha dimostrato agli uomini e alle donne che l’eccellenza può vincere, a patto di un sacrificio costante e tenace, e di un ottimismo della volontà al di sopra di ogni vittimismo, perfino razziale». Continua a leggere su FrancaMente, “In festa per Rita Levi Montalcini”.

 


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