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Può una risata seppellire l’antisemitismo?

“Pecore in erba”, presentato al Festival di Venezia, in “Orizzonti", forse la sezione più interessante del festival, è un film del regista romano, Alberto Caviglia che in stile mokumentary affronta con i toni della satira l’antisemitismo

di Monica Straniero

“Pecore in erba”, presentato al Festival di Venezia, in “Orizzonti", forse la sezione più interessante del festival, è un film nato per rispondere a una domanda: esiste ai giorni nostri una nuova chiave per parlare di un “sentimento” dalle origine storiche, in modo da coinvolgere e sensibilizzare su un tema così controverso? Coniato nel 1879 dal pubblicista tedesco Wilhelm Marr, che criticava l'eccessiva presenza della borghesia ebraica nel mondo finanziario e giornalistico dell'Impero guglielmino, e quindi portatore di corruzione e di degenerazione.

Il regista romano, Alberto Caviglia, in stile mokumentary affronta con i toni della satira l’antisemitismo, termine sintetico ed anacronistico che nella confusione generale e con la complicità di mass media, intellettuali e storici, è ormai entrato nel linguaggio corrente per indicare tutte le forme di intolleranza verso gli ebrei che si sono manifestate nel corso della storia.

“Perché anch’io sono ebreo e ho provato ad immaginare un protagonista antisemita che per una paradossale situazione diventa un eroe in una società (una Roma distopica dei giorni nostri) in cui l’ostilità nei confronti degli ebrei è ampiamente accettato e sdoganato. Insomma una caratteristica innata che va manifestata liberamente”.

Il protagonista di Caviglia è un trentenne romano dei giorni nostri, Leonardo Zuliani, che non ha quindi bisogno di ricorrere ad alcuna ideologie per dar voce al proprio odio, sulle cui cause sono stati scritti montagne di libri, nei confronti degli ebrei. La sua propaganda antisemita che lo trasformerà in un attivista politico di fama internazionale, gioca con i classici stereotipi. Gli ebrei sono considerati l’origine di ogni male, i responsabili di tutte le disgrazie del mondo, della crisi del 2008 e delle politiche di rigore che stanno impoverendo decine di milioni di europei. E’ colpa di un complotto ebreo, la morte di Lennon, dei Kennedy e della madre di Bambi. Molto più semplicemente gli ebrei sono quelli che “non stanno particolarmente simpatici”, però non si capisce mai bene perché.

Ma il regista non vuole essere paragonato a Dieudonné, accusato di diffondere con la satira l’antisemitismo. Famoso per il suo sketch in cui travestito da colono ebreo con cappello da ortodosso ed in pugno un kalashnikov urla “Isra-Heil”, il comico di origine camerunense è considerato l’inventore della “quenelle”, una sorta di saluto nazista al contrario.

“Per tutto il tempo delle riprese mi sono chiesto se il pubblico avrebbe capito il senso del film. Allora ho ricordato come ne “Il Dittatore”, Sacha Baron Cohen abbia esposto i pregiudizi e le battute più antisemite o non-politically correct con l’onestà di un personaggio negativo, mostrando quindi l’altra faccia della medaglia. Qui ho cercato di fare lo stesso, traendo ispirazione anche da film come Zelig di Woody Allen o dai Monty Python”.

Al di là della valutazione dei meriti tecnici e artistici, Pecore in erba ha l’indiscutibile pregio di riuscire a parodiare e smontare i luoghi comuni più radicati sull’antisemitismo, sull’ignoranza e sul razzismo grazie alla messa in scena di un personaggio così estremo.

“Spero comunque che Leonardo riesca a mettere ancora più in luce le dinamiche della società e la falsità di alcuni atteggiamenti collettivi, (più o meno coscienti), invitando a riflettere sulle sfumature di questo fenomeno e sul nostro modo di porci riguardo ad esso”.


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