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Politica & Istituzioni

La guerra giusta? È sempre una menzogna

di Riccardo Bonacina

Allora, giunti al quarto giorno dell’operazione Odissey Dawn, facciamo un po’ di conti sulla follia di questa operazione militare.

L’Unione Africana, per l’ennesima vola in tre giorni, ha chiesto, anche oggi, un immediato cessate il fuoco sulla Libia. Già, i bombardamenti sono sul Nord Africa e l’Africa, mai consultata e non invitata al Summit di Parigi, chiede di smetterla. Ma allora chi ha invitato i Volenterosi, alias litigiosi?

Cina, Russia, India e Brasile chiedono l’immediato cessate il fuoco. E il presidente russo Dmitri Medvedev, che non è certo un’anima bella, si è detto preoccupato per l’utilizzo “senza discernimento” della forza in Libia.

La Germania, addirittura, si è ritirata dalle operazioni Nato nel Mediterraneo a seguito dell’inizio delle operazioni in Libia: a renderlo noto è stato il ministero della Difesa a Berlino precisando che due fregate ed altre due imbarcazioni a bordo delle quali si trovano in totale 550 unità sono state messe sotto comando tedesco.

La Norvegia dopo un giorno di Coalizione dei Volenterosi è uscita dalla Coalizione, Bye-bye.

L’Italia sta facendo marcia indietro, e non me ne dispiace. Con buona pace dei bombaroli del Pd D’Alema e Bersani.

L’Unione europea, una volta di più e su una questione cruciale, non solo non ‘è più ma si è rotto l’asse franco-tedesco che ne era uno dei pilastri. Aboliamola.

Dalla Libia arriva la voce di un vescovo. monsignor Giovanni Martinelli, vescovo di Tripoli, dice: ”È assolutamente necessaria una pausa di riflessione in Libia dopo tre giorni di bombardamenti. Un vortice di violenza si è impadronito dei Grandi della terra, serve una tregua che consenta di esplorare ogni possibile strada negoziale. Le bombe non risolvono i problemi. E l’Italia può ancora fare un passo indietro, un gesto di riconciliazione. È ancora in tempo”. Lo sottolinea monsignor Giovanni Martinelli, vescovo di Tripoli, manifestando ”timore e preoccupazione per il protrarsi di un intervento che non puo’ essere la risposta giusta”.

La Turchia che fa parte della Nato, si oppone all’idea dell’intervento militare e ha chiesto più volte una soluzione pacifica. “C’è una cornice legittima posta dall’Onu. Ogni operazione Onu al di fuori di questa cornice non sarebbe legittima”, fa sapere il ministro turco degli Esteri Ahmet Davutoglu.

La Lega Araba, tradizionalmente ondivaga, oggi fa un altro passo indietro. “Resto dell’idea che sia giusto impedire che vengano uccisi i civili e che a decidere la permanenza al potere di Muammar Gheddafi debba essere il popolo libico e non altri”. E’ con queste parole che il segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa, commenta al quotidiano arabo Al Hayat le ultime evoluzioni della crisi libica.

Alla fine, ci dicono le ultime notizie. la quadra tra i litigiosi, almeno tra qualcuno di loro, è stata trovata. Tra Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, ci dicono, è stato trovato l’accordo su un «ruolo chiave » per la Nato «nella struttura di comando dell’operazione in Libia». Il presidente americano Barack Obama ha chiamato il presidente francese Nicolas Sarkozy e il premier britannico David Cameron, i tre capi di Stato o di governo hanno concordato sul fatto che «la Nato dovrebbe svolgere un ruolo chiave nella struttura di comando». Insomma, comanderà ma non del tutto. Insomma sono loro a bombardare.

Intanto su tutti canali tv dobbiamo sopportare dosi massiccie di ipocrisia nostrana e internazionale (quella di chi solo 9 mesi fa votò la Libia nel Consiglio Onu per i diritti umani (155 voti!) ed oggi vuole denunciare il Rais al Tribunale internazionale.

Migliaia e migliaia di profughi scappano verso la Mauritania (rota di ritorno) e verso l’Egitto. Non sappiamo quanti e chi li aiuti tra i Governi guerrafondai. Sappiamo che sono state lanciate sino ad ora 156 nombe. Evviva, sono dei pazzi. E i conti non torneranno.

Come scrive oggi Tzetan Todorov: “Non esistono guerre pulite né guerre giuste, ma solo guerre inevitabili, come lo è stata la seconda guerra mondiale combattuta dalle forze alleate. Non è però il caso dell’attuale conflitto armato. Prima di intonare inni alla gloria di quest’impresa, veramente migliore di tutte le altre, forse sarebbe bene meditare sulle lezioni che Goya trasse duecento anni fa da un’altra guerra combattuta in nome del Bene: quella dei reggimenti napoleonici che portavano i diritti umani agli spagnoli. I massacri commessi in nome della democrazia non addolciscono la vita più di quelli perpetrati per fedeltà a Dio o ad Allah, alla Guida o al Partito. L’esito è sempre lo stesso: I disastri della guerra”.


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