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Anche l’Istat misurerà il valore economico del volontariato

L'annuncio a un convegno organizzato al Cnel cui ha partecipato Lester Salamon

di Maurizio Regosa

Il valore economico del lavoro volontario. Un tema di grande attualità ripreso oggi da un convegno svoltosi presso il Cnel, al quale ha partecipato fra gli altri Lester Salamon, autore del Manuale sulla misurazione del lavoro volontario adottato dall’Oil, Giuseppe Guzzetti, presidente di Acri, e Linda Laura Sabbadini che ha annunciato: «L’Istat misurerà il valore economico del volontariato, sia fatto dalle organizzazioni che dai singoli individui in maniera informale. Nel 2013 introdurrà un modulo di indagine secondo le linee guida Oil, che si affiancherà anche al Censimento non profit».

Un euro ne rende dodici

Presentando il manuale (promosso grazie a un partenariato con il Centro Europeo del Volontariato e con Spes, Centro di Servizio per il Volontariato del Lazio), Antonio Marzano, presidente del Cnel, lo ha ricordato con chiarezza: un euro investito nel volontariato ha una resa enorme. Va moltiplicato per dodici. Questo naturalmente non significa che ci si debba appiattire sulla dimensione economica. Ma qualcosa, in temi di scarsità delle risorse, vorrà pur dire. Varrebbe la pena di spiegarlo all’attuale esecutivo. Magari spedendo al professor Monti una copia del Manuale Oil che misura l’impatto sociale e economico del volontariato. Perché «se è vero», ha sottolineato Andrea Olivero, portavoce del Forum del terzo settore, che «il volontariato ha un elemento che trascende il dato economico», è altrettanto vero che «abbiamo l’ambizione di di dare valori a una società smarrita, che cerca di ritrovare le sue finalità collettive ma anche vogliamo dare forme per costruire una economia civile. Una nuova forma di economia». Un non profit in grado di portare esperienza, competenza e innovazione, ovviamente deve essere valutato anche attraverso nuovi indicatori. Quelli appunto che Salamon ha indagato e quelli che anche i ricercatori italiani stanno individuando, indagando nel paludoso terreno della felicità. Paludoso, ma essenziale. «Stiamo portando avanti degli studi sulla felicità, spia di quel che ci siamo persi», ha spiegato l’economista Leonardo Becchetti, richiamando anche alcuni risvolti economici del capitale sociale («il 46% dei cittadini è disposto a pagare di più un prodotto realizzato da un’azienda impegnata nella sostenibilità»).

Le questioni aperte

Il lavoro volontario è insomma un patrimonio a disposizione della comunità e proprio per questo misurarlo è una missione determinante e strategica, tanto più in tempi di scarsità come gli attuali. Non è un caso, ha ricordato il direttore del Johns Hopkins University Center for Civil Society Studies, che «tutte le più alte istituzioni dell’Unione Europea abbiano supportato il Manuale Oil ed esortato i Paesi membri ad adottarlo per la misurazione del volontariato». «A oggi», ha continuato, «rimangono aperte tre importanti questioni. Innanzitutto, in questo periodo di austerità, è necessario trovare soluzioni innovative per il finanziamento delle rilevazioni. L’esperienza dell’Italia, dove la società civile ha unito le forze con l’istituto statistico, rappresenta il modello da seguire. In secondo luogo è importante assicurare la comparabilità e quindi la regolarità della produzione dei dati nel maggior numero di paesi possibili. L’Eurostat in questo può giocare un ruolo vitale e noi lo esortiamo a farlo. Infine, ci dobbiamo assicurare che i dati abbiano la massima diffusione affinché possano portare a più solide politiche e infrastrutture per il volontariato».

La medesima esigenza ha espresso Linda Laura Sabbadini dell’Istat, annunciando di voler proporre in ambito Eurostat «che il modulo sia introdotto per regolamento nell’indagine forze lavoro e quindi sia vincolante per i Paesi, in modo da garantirne continuità di rilevazione e comparabilità». «Finora l’Istat ha rilevato il volontariato come elemento cruciale della qualità della vita e ha anche valorizzato, dal 1983, il grande contributo dei care giver e soprattutto delle donne nell’aiuto a anziani, disabili e donne che lavorano con figli, anche se non nell’ambito del volontariato», specifica Sabbadini. «Ma oggi accettiamo una nuova sfida, misurandolo dal punto di vista economico. il volontariato è una grande risorsa del Paese ed è in crescita. Voglio sottolineare che lo faremo nonostante la difficile situazione economica. I tagli non ce lo permetterebbero. Riusciremo a implementare il Manuale Oil anche grazie all’importante accordo con Spes, CSVnet e Fondazione Volontariato e Partecipazione, che sosterranno il progetto con risorse umane».

D’altronde secondo gli ultimi dati forniti dall’Istat, i residenti in Italia coinvolti in attività gratuite di volontariato sono aumentati, passando dal 6,9% nel ’93 al 10% nel 2011. A fare volontariato nelle associazioni sono soprattutto uomini (nel 2011 il 25,1% contro il 19,4% di donne), mentre per quanto riguarda gli aiuti informali – ovvero quelle azioni di tutti i giorni fatte a titolo gratuito senza essere inquadrati in associazioni – la situazione si ribalta: 24,6% uomini e 28,8% donne (dati 2009). In generale l’aiuto informale cresce: dal 21% del ‘98 al 26,8% del 2009. La popolazione italiana spende oltre 3,2 miliardi di ore all’anno in aiuti informali. Le donne ne producono il 66,7%, con oltre 2 miliardi di ore (dati 2009) e sono fortemente sovraccariche.


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