Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Solidarietà & Volontariato

Banca Mondiale l’ora del lupo

L’ex braccio destro di Bush proclama di essersi convertito alle politiche per la povertà. Ma l’Europa che garanzie ha chiesto in merito? Nessuna. Perché ha chiesto altro...

di Luca Jahier

Paul Wolfowitz è stato nominato presidente della Banca mondiale. Senza troppi entusiasmi, tutti i Paesi che contano dell?Unione europea e del G-11 hanno approvato la proposta Usa, facendo finta di credere che il progetto del falco del Pentagono, tra i principali teorici della politica estera americana di questi anni, sia davvero quello di realizzare una svolta multilaterale nella lotta alla povertà. Negli stessi giorni, James T. Morris, direttore esecutivo del World Food Programme, nota: «I grandi della terra spendono 900 miliardi di dollari l?anno in spese militari, 300 miliardi di dollari in sussidi agricoli e solo 50-60 in aiuti allo sviluppo. Intanto la fame, la mancanza d?acqua, le epidemie e i conflitti continuano ad uccidere. E i Paesi ricchi, invece di investire di più, soprattutto negli ultimi cinque anni, hanno tagliato di un terzo i finanziamenti per tutte le politiche di cooperazione, danneggiando ulteriormente i Paesi più poveri». Negli stessi giorni poi, la commissione d?inchiesta Volcker ha reso noto il proprio rapporto sullo scandalo Oil for food, in cui è rimasto pesantemente implicato il figlio del segretario generale delle Nazioni Unite, con il risultato che Kofi Annan diventa un segretario dimezzato di una Onu già largamente e da tempo in forte crisi. Del profilo controverso e discutibile di Wolfowitz molto si è detto e certo nessuno può sostenere che abbia alcuna esperienza di sviluppo. Ma, seppur rilevante, la questione della persona non è la più importante. Si può sempre confidare in una conversione… E l?Ue che ci stava a fare… Il primo è il fatto che nessuno ha davvero inteso discutere il progetto circa il nuovo ruolo e mandato della Banca mondiale nella lotta contro la povertà, che nei passati dieci anni il presidente Wolfenson ha cercato di costruire. Facendo un tragico passo indietro, ci si è arresi invece a una evidente prospettiva di un nuovo e più consistente uso politico degli aiuti (probabilmente convertiti in parte da prestiti in doni) a servizio dell??esportazione della democrazia? e della lotta contro il terrorismo. Una sfida certamente complessa e ineludibile, ma sulla quale – anche laddove non sono state usate le armi per imporla ma altre forme di condizionalità – si contano più i fallimenti che i successi, soprattuto nel passato decennio (basti pensare all?Africa). Il secondo è un colpo brutale a ogni tentativo serio e organico di mettere mano a una vera riforma del sistema decisionale degli organismi multilaterali che dovrebbero, a diverso titolo, occuparsi di garantire la pace, lo sviluppo e la stabilità economica mondiale. Se i cinque maggiori Paesi dell?Unione europea, che – ricordiamolo – resta il primo donatore a livello mondiale e il principale azionista di Fondo monetario e Banca mondiale, avessero avuto il coraggio di dire no, la candidatura non sarebbe passata. Ma la Gran Bretagna manco a parlarne; la Spagna aveva già incassato il sì degli Usa alla precedente candidatura di Rodrigo Rato all?Fmi; la Francia ha scambiato il suo sì con un appoggio alla probabile candidatura di Pascal Lamy all?Omc; la Germania ha garantito il suo appoggio in cambio del sostegno americano per entrare nel Consiglio di sicurezza; l?Italia ha negoziato sulla proposta di Emma Bonino all?Alto commissariato Onu per i rifugiati. Tutti interessi legittimi, per i quali non è peraltro garantito alcun successo, ma che affossano ogni genuina prospettiva di vero multilateralismo e soprattutto consegnano agli archivi anche un serio rilancio del dibattito su un nuovo e consistente impegno mondiale per affrontare radicalmente il crescente divario tra Nord e Sud, vero brodo di coltura per molte delle attuali tensioni internazionali. Questa nomina non è dunque una buona notizia per far fare un passo avanti alla promozione della pace, intesa come promozione del bene comune universale, che si fonda sul rispetto e sulla promozione della persona e dei suoi diritti fondamentali, primi fra tutti quello alla vita, alla libertà e al pane, che richiedono tanta giustizia e solidarietà. *responsabile internazionale delle Acli


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA