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Europa sei a un bivio, tra declino e futuro

Nel prossimo Parlamento europeo saranno rappresentati oltre 450 milioni di cittadini di 25 nazioni europee.

di Luca Jahier

Il 1° maggio 2004 si chiude, dopo quasi 60 anni, la seconda guerra mondiale; 15 anni dopo la caduta del muro di Berlino finisce per sempre la spartizione di Yalta ? Ma noi siamo distratti. Dieci nuovi Paesi entrano nell?Unione europea, che diventa così più importante nello scenario internazionale: 453 milioni di abitanti, una moneta che sta diventando riserva valutaria di Paesi importanti, prima potenza commerciale del pianeta. Eppure l?Unione resta un nano politico: di fronte alle due principali crisi – dalla Palestina all?Iraq – essa continua a non giocare il ruolo di contraltare equilibratore della solitudine elefantiaca degli Stati Uniti, di centro propulsore di un diverso e più equo ordine internazionale, ma conferma le sue divisioni nazionaliste, una capacità di risposta debole, confusa, contraddittoria, uno sguardo stanco sul futuro. L?allargamento dell?Unione confermerà questo declino verso una ordinata area di libero scambio, autarchica e perdente nelle logiche della mondializzazione, dunque in perenne difesa dall?assedio dei popoli impoveriti e al fine sulla via della inevitabile decadenza? Oppure questi innesti vitali, di popoli e territori in cerca di libertà e benessere ci faranno riscoprire le ragioni antiche di un futuro di presenza attiva, solidale e di pace nel mondo intero? Nuovi scenari: le tante sfide che attendono i popoli europei In questo scenario aperto sono diverse le sfide concrete che attendono noi europei. Primo. La capacità di scegliere finalmente una buona Costituzione per l?Europa, che nomini obiettivi e valori sui quali si fonda un ordinato sistema di regole capace di sostenere un nuovo progetto per l?avvenire comune, ricordando che l?assoluta originalità della costruzione europea si è sempre fondata sulla pace come fine, la libertà come principio fondativo, la solidarietà come metodo pratico, con l?ambizione di continuare a essere uno spazio privilegiato della speranza umana. Secondo. La capacità di formulare regole sostenibili e uguali per tutti, procedendo certo a una celere e sapiente riforma del Patto di stabilità e crescita, che però non può valere solo per i Paesi più piccoli ed essere regolarmente derogato per i cosiddetti grandi. Tra cui l?Italia. Terzo. La questione della pace e della sicurezza. Oltre l?80% dei cittadini europei chiede una politica estera e di sicurezza comune. è tempo che l?Europa si doti di una vera politica estera di pace e di un consistente nucleo di un futuro esercito comune, capace di mettersi al servizio della comunità internazionale come forza di polizia: al modello dei marines noi dobbiamo saper proporre l?alternativa dei carabinieri. Quarto. Rimettere al centro l?Europa di Lisbona e dell?agenda sociale di Nizza. Si respira aria di smobilitazione, ma non avremo alcun futuro se non ci faremo carico dei 16 milioni di disoccupati e dei 40 milioni di poveri, con nuove politiche di crescita sostenibile, più ricerca, più occupazione, più investimenti sociali, più coesione territoriale, anche attraverso una decisiva priorità alla famiglia. Quinto. La sfida di una cooperazione rinnovata con il Sud del mondo, perché l?Europa sin dalla origini aveva ben compreso quale era la sua rotta specifica e nella dichiarazione del 9 maggio 1950, istituendo il Trattato Ceca, si affermava: “L?Europa potrà, con dei mezzi accresciuti, perseguire la realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali, lo sviluppo del continente africano”. Ebbene, se lo dicevamo quanto eravamo molto più poveri e appena usciti da un devastante conflitto mondiale, potremo ben farlo oggi, destinando a rinnovate politiche di aiuti almeno l?1% del Pil europeo. Sesto. La capacità di uscire da miopi gestioni nazionali dell?immigrazione, per una politica finalmente europea, che peraltro cessi di nascondersi dietro le inutili e costose quote, ovvero alle moratorie alla libera circolazione dei lavoratori nel territorio dell?Unione rivolte ai nuovi Paesi membri, visto che finora tutte le politiche dei flussi hanno solo generato giganteschi traffici di uomini, intervenendo sempre dopo con sanatorie assai consistenti. Settimo. L?Europa non vincerà le grandi sfide che le sono affidate riducendo il suo già magro bilancio, come chiedono improvvidamente alcuni governi e alcuni partiti politici. Gli Usa spendono per il proprio bilancio federale il 30% del Pil. L?Europa deve passare dal magro 1,27% di tetto massimo attuale ad almeno il 2% del proprio Prodotto interno lordo. Il mondo ha oggi davvero bisogno di più Europa Sono sfide che toccano soprattutto la società civile. Gli articoli 46 e 51 della Costituzione europea, in ordine al principio della democrazia partecipativa, sono una straordinaria opportunità per aprire nuovi orizzonti al primato dei cittadini e delle libere formazioni sociali sullo Stato, per ripartire dal cuore della civiltà europea e della sua tradizione democratica, tessendo le nuove frontiere dello spazio pubblico europeo che speriamo si possa inaugurare. L?Europa può trarre dalla sua storia di civiltà una nuova spinta ?missionaria?, oppure accontentarsi di erigere nuovi muri, per difendersi dalla paura del mondo dei ?barbari?. Pace e benessere, costruiti attraverso la collaborazione, l?inclusione, la condivisione delle risorse e del potere, la solidarietà interna ed esterna: questo il volto concreto del modello sociale europeo. La sfida è oggi quella di rilanciare la proposta di una Europa volta all?incontro con il lontano Oriente, alla feconda convivenza con i popoli dell?Islam, così ben rappresentata dalle grandi figure di Benedetto da Norcia, Matteo Ricci e Francesco d?Assisi. Il mondo, ce ne accorgiamo ogni giorno di più, ha oggi davvero bisogno di più Europa, ma di un?Europa capace di guardare al futuro.


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