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Finanziamento ai partiti: «Cittadini fate voi»

di Maurizio Regosa

La proposta è questa: dare ai cittadini un ruolo decisivo nel finanziamento alla politica: donano sapendo di contare su un sostanzioso credito d’imposta da parte dello Stato. Un credito pari al 95% della somma donata, fino ad un massimo di 2mila euro. Nella sostanza, il finanziamento della politica è ancora effettuato in larga parte dallo Stato ma con la partecipazione determinante del cittadino. È la sostanza assolutamente innovativa del disegno di legge d’iniziativa popolare presentata da Pellegrino Capaldo in veste di presidente dell’Associazione Amici dell’Istituto Luigi Sturzo e per la quale sta partendo una raccolta di firme (ne servono almeno 50mila).

La legge della fiducia
«Il finanziamento non può essere appannaggio esclusivo dei partiti medesimi che beneficiano del finanziamento. È opportuno dare più spazio ai cittadini, mettendoli al centro del processo decisionale». Insomma, a decidere sono i contribuenti. Chiamati ad appoggiare la politica in prima persona, mettendoci un poco del loro e di fatto svolgendo un importate ruolo di intermediari del finanziamento statale. Nella sostanza, ai cittadini si chiede un piccolo sforzo economico e “il fastidio” per andare alla posta o alla banca; e poi una maggiore partecipazione alla vita interna dei partiti e dei movimenti politici. Spiega il professor Capaldo: «La politica ha un indubbio interesse generale, è giusto finanziarla con risorse pubbliche, ma con un metodo diverso da quello attuale».
Niente automatismi, però: al loro posto, credibilità e fiducia. Dato che spetterà ai cittadini decidere se dare un sostegno ai partiti e ai movimenti. «Dunque il cittadino contribuirà al massimo con cento euro, una somma alla portata di tutte le tasche (nel caso di una donazione di 2mila euro, con il 95% restituto dal credito d’imposta, ndr). Non sarà necessario aspettare la dichiarazione dei redditi. Ed è uno strumento riservato alle persone fisiche. Le imprese non potranno accedervi. Secondo noi non è opportuno che le aziende finanzino i partiti».
Il progetto prevede alcuni controlli amministrativi sui soggetti beneficiari. Spiega Capaldo: «Per noi, la prima e più efficace forma di controllo è quella esercitata dai cittadini con il potere di dare o negare il loro contributo. Noi siamo convinti che sarà questo tipo di controllo, più che quello meramente amministrativo, a spingere i partiti su una strada virtuosa.

Allo Stato il primo passo…
I partiti saranno i principali beneficiari del meccanismo, ma non gli unici: il disegno di legge presentato alla Cassazione include infatti non solo i movimenti che hanno eletto nelle precedenti elezioni almeno un deputato o un senatore, ma anche quei nuovi partiti costituiti in forma di associazione cui partecipano almeno 300 persone. Potranno ricevere il sostegno dei cittadini anche le fondazioni con un patrimonio di almeno 5 milioni di euro o che esistono da almeno dieci anni. «Vogliamo favorire la crescita di nuovi soggetti politici e la partecipazione dei cittadini ma allo stesso modo sostenere gli istituti di cultura politica e agevolare la creazione di nuovi soggetti. Perché la cultura politica è importante per la democrazia e per il processo di destatalizzazione che è sotteso alla nostra iniziativa». Un modo, quest’ultimo, non per auspicare un “arretramento” dello Stato quanto una diversa qualità del suo operare.
«Lo Stato non deve ritirarsi», prosegue Capaldo, «semplicemente deve cambiare il suo modo di agire. L’idea è che il rapporto fra Stato e cittadini, oggi conflittuale e basato sul reciproco sospetto, debba essere recuperato. Di fatto proponiamo che lo Stato faccia un primo passo verso i cittadini, consapevoli che un credito d’imposta così alto potrebbe dar luogo a qualche manovrina. Ma è un rischio che val la pena di correre perché la partita in gioco è enorme. In questo senso questa proposta è solo l’inizio di un percorso».


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