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Le città dei giovani sindaci

Giacomo Possamai, il sindaco under 35 che mette gli anziani al primo posto

Sul suo tavolo quattro priorità oltre a quella degli over 65: ambiente, rigenerazione urbana, alta velocità, politiche abitative. Dialogo con il giovane sindaco di Vicenza che è stato volontario nella campagna elettorale di Barack Obama

di Gabriella Debora Giorgione

impegno, servizio, ma soprattutto una passione: la politica. Nei gruppi giovanili del Partito democratico fin da ragazzino e poi, da segretario provinciale dei giovani democratici, le corse per partecipare a riunioni, dibattiti ed iniziative con la vecchia Panda della nonna. Un percorso a tappe, quello del sindaco vicentino che, a 33 anni, sostenuto da un campo largo a trazione civica e senza 5Stelle, ha tenuto lontani i leader nazionali del Pd dalla sua campagna elettorale. Allievo di Enrico Letta e figlio di Paolo, giornalista, Giacomo Possamai ha rifiutato una candidatura sicura alla Camera per prendersi cura della sua città. «Abbiamo fatto una cosa incredibile», dice mentre cominciamo l’intervista che apre il nuovo format di VITA (“Le città dei giovani sindaci”). È un “noi” in cui ci sono la sua famiglia, l’amico di sempre Giovanni Diamanti e il 50,54% di vicentini che hanno creduto in quel “Ora si può” della sua campagna elettorale.

Sindaco di una grande città a 33 anni: perché?

Ho sempre avuto una grande passione per la politica, già a 14-15 anni ero nei gruppi giovanili dei democratici, ma in particolare mi appassionano da sempre il governo e la cura della città in cui vivo. L’idea di svegliarsi la mattina e prendersi cura della propria città, dei luoghi in si è cresciuti e di cui conosci ogni angolo, penso che sia la cosa più bella che possa succedere nella vita. Adesso dopo oltre sei mesi posso confermarlo.

Ci credo, oltre che alla Regione lei ha rinunciato anche ad un posto sicuro alla Camera. Letta è ancora arrabbiato, con lei?

No, non credo, anzi oggi penso che sia molto contento. Di sicuro, quando gli ho detto che avevo in animo di candidarmi a sindaco è rimasto molto sorpreso.

Qualcuno la chiama “il giovane-vecchio”…

Ero, e sono, un ragazzo che ha avuto la passione della politica fin dai tempi del liceo. Sempre appassionato della lettura, ho fatto anche tanto sport: calcio, atletica, nuoto. Sono un giovane del tutto “normale”, insomma…

Giacomo Possamai, giovanissimo, durante una riunione dei gruppi Dem giovanili

Non è da tutti, però, decidere di partire e andare in America a fare la campagna elettorale per Barack Obama…

No, è vero. Ma la passione per la politica era forte. E così io e un mio amico, Giovanni Diamanti (figlio di Ilvo, saggista e politologo, e consulente per le strategie della comunicazione della campagna elettorale di Possamai, ndr), ci iscrivemmo online ad un comitato di Philadelphia pro Barack Obama e andammo a fare i volontari lì per due mesi. Un’esperienza molto significativa, le campagne americane sono travolgenti, anche perché lì sono molto forti i comitati elettorali, più che i partiti.

La differenza nella sua campagna elettorale l’ha anche fatta la sua famiglia, a partire dai suoi cinque fratelli che hanno costituito un vero e proprio comitato elettorale…

Molto. I miei fratelli, ciascuno a modo proprio, han dato una grande mano. Fin da piccoli abbiamo condiviso il concetto di “squadra”, di stare insieme e condividere.

La sua più grande fan però resta sua nonna Pia…

Sì. È stata mia nonna a mettermi la fascia tricolore nel momento del giuramento da sindaco. Lei, che mi prestava la sua Panda quando ho cominciato a far politica, sa bene cosa Vicenza e il Veneto rappresentino per me e mi ha sostenuto sempre e in tutto. (guarda il video)

Nonna  Pia Piovesan sistema la fascia tricolore al nipote Giacomo nel giorno del giuramento da sindaco

Lei ha già avuto ruoli anche in ambiti politici nazionali, giusto?

Sì, ho avuto la fortuna di fare esperienza a Roma come vicesegretario nazionale dei giovani democratici nella segreteria di Enrico Letta, l’uomo politico che considero il mio maestro. Sono stati anni di crescita straordinaria, culminati nell’impegno all’interno dello staff che seguiva la comunicazione della presidenza italiana del semestre europeo a palazzo Chigi. Di recente ho fatto il consigliere regionale. Ma, alla fine, ho sempre pensato che il modo più bello di impegnarsi fosse nell’amministrazione comunale, tanto che da consigliere regionale mi sono dimesso per candidarmi a sindaco di Vicenza. Come si dice, ho scelto di “tornare indietro”.

Che vuol dire “tornare indietro”?

Tornare in città. Nella lettura pubblica c’è una progressione della politica da comunale a regionale, a nazionale. Se da regionale lasci per fare il sindaco è opinione comune che “torni indietro”. Invece l’incisività che hai come sindaco è straordinaria.

Lei come sta incidendo sulla sua città?

Vicenza ha un tema forte: l’emergenza casa. Negli ultimi anni il problema casa era concentrato in mega-città come Milano, oppure in città come Padova che ha un altissimo numero di studenti universitari e quindi un mercato affitti “drogato”. Oggi anche in una città media come Vicenza si vive una difficoltà: mi riferisco a chi attende un alloggio di edilizia residenziale pubblica-erp, ai quali peraltro il Veneto non riesce a dare risposta se non a circa il 10%.  Si figuri che quest’anno invece che 800 richieste di alloggio, che era la media, ne abbiamo avute circa 1.200, ma raramente si riesce ad andare oltre le 80-90 risposte annue. Anche il ceto medio, che ha un discreto reddito, oggi fa fatica a trovare un appartamento di cui avrebbe bisogno perché non ce ne sono.

Le case non ci sono oppure, anche se sfitte, non vengono messe sul mercato?

In buona parte non ce ne sono. E quelle che ci sono, e che sono sfitte, non sono messe sul mercato dai proprietari, quindi è come se non ci fossero.

Una moral suasion del Comune? È anche un depauperamento del patrimonio…

Ci proveremo: è vero, è un depauperamento serio, sta peggiorando tutto il patrimonio, pubblico e privato.


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Dopo la questione casa, quale altra priorità?

Gli anziani, ma qui la questione è nazionale. Nel tempo avremo sempre più anziani con sempre meno figli che li possano accudire. Serve un grande piano investimenti, oltre che un serio piano sulla domiciliarità, ma non si vede niente all’orizzonte. Dobbiamo consentire a chi è in condizione di poter essere accudito a casa di poter restare a casa. Certo, non possiamo pensare di poterci riuscire con tutti e quindi abbiamo bisogno anche di strutture. Il Comune può fare alcune azioni, ma qui siamo di fronte ad una sfida enorme che ci mette tutti alla prova, ci vuole un piano dello Stato.

Spopolamento e accoglienza: come siete messi?

Il Veneto è una regione da cui c’è una emigrazione forte di giovani molto specializzati che non trovano qui la carriera professionale che vorrebbero e per questo vanno a Berlino, Londra o Parigi. Ma fin qui può ancora essere normale. Il problema è che, rispetto a Lombardia o Emilia Romagna, qui in Veneto ne attraiamo pochi da Germania, Francia o Gran Bretagna. Per l’accoglienza, invece, abbiamo attivi i posti del Sistema accoglienza integrazione-Sai. Ci piacerebbe che ci fosse un sistema simile al Sai che governasse tutta o quasi l’immigrazione che arriva nel nostro Paese, sia perché è un modello di accoglienza che ha dimostrato di avere efficacia sia perché le imprese chiedono di avere personale, anche straniero, formato. L’accoglienza disordinata e per grandi numeri è evidente che non porta a niente, anzi mette in difficoltà sia chi arriva sia chi accoglie.

Politiche di welfare e lotta all’azzardo?

Il regolamento sulle distanze dei luoghi del gioco dai luoghi sensibili lo abbiamo. Sul fronte politiche sociali, posso dire che il relativo capitolo di bilancio a Vicenza non è mai stato tagliato, in questi anni. È chiaro che scontiamo in maniera pesante le difficoltà della Regione, una su tutte: un albergo cittadino adibito ad accoglienza notturna per 130-140 persone, oggi ne accoglie 200 e per la maggior parte si tratta di persone con problemi psichiatrici o di tossicodipendenza che oggi dovrebbero essere in carico alla Regione e non ai servizi sociali del Comune.

Quali sono i quattro punti più cogenti sul suo tavolo?

Innanzitutto l’attraversamento dell’alta velocità-Tav in città: sarà una complicata opera pubblica. Vicenza è attraversata completamente dai binari che verranno raddoppiati. Quindi ci saranno 200 abbattimenti, che significa 200 nuclei abitativi familiari che devono cercare casa. E mi collego al secondo punto: il tema casa di cui parlavo prima e per il quale serve un aiuto da parte della Regione e dello Stato per un grande recupero del patrimonio immobiliare per destinare la casa a chi ne ha bisogno. Terzo punto: l’ambiente. Vicenza è una delle città più inquinate d’Europa per l’aria e per l’acqua: puntiamo sulla forestazione urbana e sulle politiche sulla mobilità, dobbiamo far partire il filobus, legato ai cantieri dell’alta velocità, puntiamo ad inaugurare il parco della Pace, 63 ettari di verde, uno tra i più grandi parchi urbani d’Europa. Il quarto punto: rigenerazione urbana. Vicenza è una città con molti “vuoti” sia in centro che in periferia. Essendo finito il tempo dello sviluppo orizzontale delle città e del consumo di suolo, il tema è come rigeneriamo il patrimonio esistente.

Non ha citato i giovani…

Sono trasversalmente in tutte le quattro priorità.

Il momento della festa in piazza dei Signori per la vittoria elettorale del sindaco Possamai

Lei ha parlato di un “grandissimo cambiamento in atto, in Veneto”. Vicenza, Verona e Padova sono a guida del centrosinistra, come vede il dopo Zaia?

Zaia avrà governato per 15 anni, dopo questo mandato: è stato eletto quando Berlusconi era presidente del consiglio, era un’altra epoca. Credo che dopo Zaia si possa aprire una stagione nuova e che noi dobbiamo farci trovare pronti, mettendoci in ascolto dei cittadini e avendo la capacità di instaurare un dialogo con i veneti, cosa che non sempre il centrosinistra è riuscito a fare. Penso che adesso invece sia il tempo di farlo.

Ha poi richiamato la Schlein? Non le aveva risposto al telefono, il giorno dell’elezione a sindaco…

Ma sì, certo. Quella volta ero in mezzo ad un mare di persone e proprio non potevo…

Si dice che lei sia più un “civico” che un Pd…

No, io sono nel Pd fin da ragazzino. La fortuna è che il Pd è un partito con tante sensibilità diverse. Ho detto, questo sì, che in campagna elettorale è importante avere uno “spirito civico”, cioè mettere la città davanti all’appartenenza di partito. Anzi, le dico che c’è bisogno di luoghi politici e di politica, c’è bisogno di formazione politica per le classi dirigenti. Il ruolo dei partiti è prima di tutto di questo: mettere insieme le persone e farle crescere insieme. «Non mi occupo di politica è come dire non mi occupo della vita», per dirla con lo scrittore francese Jules Renard. Per me è esattamente così: per quanto la politica possa essere caduta in disgrazia a tante persone, per colpa degli scandali o dell’impreparazione di molti, per colpa delle risposte non date o delle riforme non fatte, è e rimane l’unico strumento che abbiamo per cambiare davvero la nostra comunità. E questo che si tratti del nostro piccolo comune, della Regione, dell’Italia o dell’Europa. Senza la buona politica il sogno di un cambiamento reale è destinato a rimanere tale.

Possamai con Enrico Letta

Vi aspettiamo il 9 febbraio 2023: ospite della rubrica Le città dei giovani sindaci, Marco Panieri, sindaco di Imola.

le foto di questo articolo sono concesse a VITA dalla direzione comunicazione del sindaco Possamai


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