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Il più bel canestro di Magic Johnson

L’uomo-simbolo

di Redazione

La leggenda vuole che quando il magico Johnson è tornato a giocare, un venerdì del febbraio 1996, nel Great Western Forum di Los Angeles, con la sua squadra di sempre, i Los Angeles Lakers, l?orologio si sia fermato. Mancavano nove minuti e trentanove secondi alla fine del primo tempo. Dopo quattro anni e mezzo di assenza il grande giocatore nero di basket faceva ritorno per dimostrare a suo figlio, di tre anni, e al mondo intero che il virisu dell?Aids non lo aveva stroncato. Anzi. Un gesto spettacolare, ancora più spettacolare di quello avvenuto quattro anni e mezzo prima, quando Earvin Johnson, in una conferenza stampa aveva dichiarato di aver contratto il virus Hiv e a 32 anni si era ritirato da una carriera di cestista che lo aveva riempito di gloria e di ricchezza. Sono immagini, queste, che rimangono fissate per sempre nella storia dello sport, e non solo dello sport. Sono storie che non si possono dimenticare. Anche perché Magic Johnson quel giorno è diventato un simbolo per diciannove milioni di persone sieropositive nel mondo. Un giorno in cui ha dimostrato che con l?Aids, non solo si convive, ma si può anche vivere. Il suo riscatto è finito con la vittoria dei Lakers sulla squadra avversaria dei Golden State Warriors: 128 a 118. Un evento seguito da tre milioni di telespettatori. Nel 1996 Johnson aveva ormai 36 anni e alla fine del primo tempo disse: «Mi hanno detto che giocare poteva uccidermi ma io ho capito che non giocare significava morire». Durante i quattro anni in cui Magic Johnson è rimasto fuori dal basket, si è dedicato al fund raising per sostenere le associazioni non profit che si dedicano alla lotta contro l?Aids, ha prestato il suo volto per campagne sociali di prevenzione e informazione sulla malattia e ha anche messo in piedi una squadra di basket tutta sua. Il suo gesto, pur suscitando molte polemiche, ha anche segnato una vittoria contro i pregiudizi. E alla fine della partita Johnson disse: «Ho capito che non si può aspettare la morte, ma contrario, bisogna vivere e godersi al vita. Lo dico per la gente che come me, vive lo stesso problema, ma che, a differenza di me, non hanno le stesse risorse. Non rinchiudetevi in voi stessi, uscite, condividete il vostro segreto con gli amici, i parenti, le persone che amate, liberatevi dal peso della colpa e della vergogna. La questione non è quanto tempo ci rimanga da vivere, ma come usiamo il nostro tempo».


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