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Don Giovanni Nicolini, il prete dei diversi che si sporcava le mani nella realtà

Così Stefano Zamagni ricorda don Giovanni Nicolini, parroco della diocesi di Bologna che ha dedicato la vita al sostegno delle persone più in difficoltà

di Alessio Nisi

Nicolini

Vicino ai malati, ai detenuti e agli emarginati. Figura di riferimento non solo per la comunità religiosa, ma per tutta la cittadinanza. Si impegnò per i malati e per stare vicino ai sofferenti, portando un sostegno concreto alle famiglie in difficoltà. Ha fatto dell’impegno per i più poveri e i deboli la sua missione di vita: un’esistenza segnata dall’impegno ecclesiale, che è andato di pari passo con l’impegno politico. Due anime inscindibili. Un unico obiettivo: il bene comune. «Una persona estremamente generosa, molto volitiva, soprattutto capace di mettere assieme la dimensione contemplativa con la dimensione dell’impegno fattivo della civitas». Con queste parole, Stefano Zamagni, docente di Economia civile all’Università di Bologna, ricorda don Giovanni Nicolini, parroco della chiesa di Sant’Antonio da Padova alla Dozza, scomparso il 26 febbraio a 83 anni. A lungo direttore della Caritas, tra i primi collaboratori di don Dossetti, Nicolini è stato una figura importantissima della Chiesa di Bologna. 

Anche assistente delle Acli nazionali dal 2017 al 2022, «svolse un ruolo discreto e prezioso soprattutto sotto il profilo dell’animazione spirituale e del servizio alla Parola, mettendo al servizio dell’associazione il suo spiccato interesse all’inserimento del Vangelo nella concretezza della storia», ricordano le Associazioni cristiane lavoratori italiani. «Appassionato ai temi della pace, egli intendeva la sua presenza come prete nelle Acli come un cammino spirituale scandito sulla costante riflessione sulla vita di Gesù, così come presentata dai Vangeli e sulla responsabilità concreta dei credenti nell’edificazione di una nuova società».

Nicolini

Impegno per il bene comune

Aveva casa vicino al carcere di Bologna, racconta Zamagni, che aveva conosciuto don Giuseppe grazie agli scout. «La testimonianza di don Giovanni Nicolini è particolarmente ricca di messaggi che non sempre mentre era in vita sono stati propriamente compresi». Il suo è stato impegno civile, avverte il professore, «politico, non partitico». Per evitare ci continuare a «tirarlo per la giacchetta», Zamagni lo colloca nel solco di San’Agostino, di Dossetti e del cardinal Zuppi (che il 28 febbraio ne presiederà i funerali). «Ricordiamo che per Sant’Agostino sono le esigenze della carità a spingere il contemplativo a sporcarsi le mani nella realtà».

Nicolini

Restituire voce e dare sostegno materiale

«Si è sempre battuto a favore degli ultimi e anche dei diversi», precisa, il suo obiettivo è «sempre stato quello di andare in aiuto ed in soccorso di coloro i quali per ragioni diverse erano o umiliati oppure accantonati, emarginati dalla società e tra questi ci sono certamente i poveri, i disabili, ci sono i carcerati e ci sono quelli cioè che per una ragione o per l’altra non si sono attenuti alle regole della società». Il suo scopo «era da un lato restituire voce a questi e dall’altro di aiutarli anche sotto un profilo strettamente materiale».

Detenuti, il peso della formazione

L’impegno di don Nicolini da direttore della Caritas andava esattamente in questa direzione. Non solo donazioni. Aveva chiara l’idea che i detenuti dovessero prima di tutto formarsi, per riuscire a trovare un’occupazione. E i migranti? Zamagni racconta di un’incontro. «Mi sono trovato attorno a un tavolo, un grande tavolo, con persone di tutte le provenienze».

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L’avversione nei confronti dei diversi

Per Zamagni la testimonianza e il lascito di don Nicolini pesa tantissimo, oggi più che anni fa, «soprattutto perché siamo in una fase storica in cui in questo paese sta montando l’avversione nei confronti dei diversi, degli ultimi e degli emarginati. Molto più che non nel passato».

In apertura e nel testo foto di Acli – Ufficio stampa


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