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Cooperazione & Relazioni internazionali

Iran, paese spaesante

Film. "Il silenzio tra due pensieri" è ambientato in un villaggio senza nome, tra protagonisti senza nome. Una girandola di enigmi affascinante. Anche se con qualche difetto

di Maurizio Regosa

Il silenzio tra due pensieri di Babak Payami Il titolo di questo film è estremamente evocativo. Non dice, e fa bene, che i due pensieri appartengono a persone diverse. E nemmeno precisa che il silenzio è collettivo, nasce ed è figlio di una sorte di prepotente follia dalle origini ignote. Del resto Il silenzio tra due pensieri è girato in un villaggio anonimo, ha per protagonisti personaggi senza nome e riduce tutto alla sostanza dei miti fondativi. Una donna è condannata a morte ma la sentenza è sospesa. Un soldato obbediente rinvia l?esecuzione e così facendo apre la strada per la sua pena. La cifra dell?opera di Babak Payami è enigmatica ed ellittica, come il suo montaggio brusco e improvviso che taglia immagini ieraticamente distese sul poco che sappiamo. Giacché niente è chiaro allo spettatore o deve esserlo. E appunto da questa potenziale confusività, che nasce dalla carenza di dettagli narrativi, deriva paradossalmente il disegno dell?insieme. Emerge cioè l?essenza che traduce i nudi gesti in atti di tragedia, rivelando i meccanismi perversi di talune situazioni. I contrasti del villaggio, ad esempio, fondati sull?opposizione fra politica e religione, servono per farci capire una verità spesso sottovalutata: che quei conflitti esistono e hanno senso soltanto per gli iniziati, non per i loro sottoposti (come il militare) e tanto meno per la gente comune. Dietro l?enigma insomma possono esserci punti di vista diversi (e non a caso tutto il film è impostato, dal punto di vista formale, sul graduale rovesciamento di prospettiva e su sfondi fuori fuoco). Sicché alla fine la vicenda si mostra per la parabola che è: un cammino in cui inconsapevolezze si sommano a inconsapevolezze, una girandola nella quale l?individuo è un cieco che brancola nel buio della vita. Molti quindi i motivi di interesse (come hanno ben visto i selezionatori di Venezia 2004, dove il film è stato presentato). Non mancano però i difetti. Non si può definirla un?opera del tutto riuscita. I tempi narrativi sono lenti, il ritmo è faticoso. La stessa struttura, impostata sull?enigma, costringe lo spettatore ad appassionarsi più con il cervello che con il cuore. Né bastano a incantarlo le inquadrature per quanto sorvegliate e ben costruite. Non un capolavoro ma nemmeno una pellicola da sottovalutare. Certo sfortunata lo è stata, non foss?altro perché, a causa della severa censura iraniana che ha sequestrato l?originale, il regista ha dovuto rimontarla utilizzando le seconde scene.


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