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Iraq Ahi, Nassiriya!

Sprovvisti davanti alla emergenza più drammatica, che è quella sanitaria. Poco preparati sulla distribuzione di cibo e di materiali scolastici.

di Maurizio Pagliassotti

Fine dicembre 2003. In una scuola di una cittadina poco distante da Nassiriya è in corso una distribuzione di materiale didattico: una cartella, una confezione di pennarelli, due penne, un temperino e altro materiale. Il gentile pubblico dei giornalisti è pregato di riprendere le scene di giubilo delle bimbette, che in coda aspettano il dono dato da quel soldato straniero. Arrampicati sui muri di cinta, centinaia di ragazzini imprecano, qualcuno lancia pietre, altri riescono con una corsa e uno scatto a sgraffignare una cartella. Uno solo, però, perché gli italiani saranno anche brava gente ma sempre il fucile mitragliatore hanno a tracolla e allora è meglio non rischiare. è arrivato Babbo Natale, è di nuovo tipo, armato. Due ore dopo Molte cartelle sono difettose, le bimbe piangono e allora i giornalisti che dovevano preparare il servizio di bontà da mandare in onda nelle serate natalizie si ritrovano sommersi di bambine mezze piagnucolanti, qualcuna inviperita, che chiedono l?immediata sostituzione. “Perché a loro sì e a noi no? Gli italiani preferiscono andare a distribuire gli aiuti dove non c?è bisogno. Noi non abbiamo nemmeno i muri nella nostra scuola, perché non sono venuti tra di noi che siamo molto più poveri?”, protesta un ragazzo di un paese poco lontano da Nassiriya che, arrampicato sul muro di cinta della scuola insieme a decine di altri suoi amici, assiste alla distribuzione. Gli obiettivi dei soldati italiani che operano nella città sono sostanzialmente due: pattugliamento del territorio e interventi di tipo umanitario, il tutto sotto il grande cappello del peacekeeping. Nel primo caso si può dire che il risultato sia pienamente stato raggiunto. Nonostante il grave attentato del 12 novembre, i militari italiani non hanno ?abbassato la guardia? e il controllo del territorio è totale. La popolazione nella maggioranza sembra gradire, anche se il dissenso monta velocemente. La chiusura di uno dei due ponti della città, ovvero quello adiacente alla base Animal House, completamente distrutta nell?attacco di novembre, è fonte di proteste e frustrazione dato che il traffico in città risulta paralizzato. Buon pattugliamento E poi c?è il problema dei religiosi riconducibili al gruppo dell?imam sciita Sadr, che negli ultimi giorni dell?anno ha fatto circolare per la città una notevole quantità di volantini che chiedevano l?immediato ritiro delle truppe italiane dal territorio a causa del pericolo, a suo dire, che comporta la loro presenza sul territorio e lo scarso rispetto per le tradizioni e gli usi locali. Scintilla scatenante dell?attrito, da non sottovalutare visti i precedenti, è stato il sequestro da parte dei soldati italiani di fucili e altre armi trovate sulle auto di alcuni appartenenti al gruppo religioso. Se il pattugliamento del territorio appare buona cosa, dubbi si possono esprimere sul settore rivolto alla cooperazione internazionale. Solo una minima parte della popolazione di Nassiriya e del territorio circostante ha beneficiato degli aiuti umanitari distribuiti fino ad oggi. Il documento della Italian Joint Task Force, cellula 5, aggiornato al 10 gennaio 2004 evidenzia che, in circa sei mesi di missione umanitaria, sono state distribuite non più di 20 tonnellate di cibo che, rapportate alla popolazione, danno come risultato qualche chilogrammo di cibo a testa. Poco male, perché i guai della popolazione di Nassiriya non sono correlati alla deficienza di prodotti alimentari. Tali distribuzioni sono inoltre fonte di tensione all?interno della comunità perché portate avanti con il criterio della manna piovuta dal cielo per una ristrettissima parte della popolazione: la conseguenza è un forte scontento tra gli esclusi, soprattutto i giovani. Evitabile anche la pessima abitudine di lanciare cibo e acqua dai blindati in corsa, azioni che scatenano reazioni isteriche soprattutto tra i giovanissimi che si azzuffano magari per una bottiglietta d?acqua data in pasto ai leoni. Dello scarso bisogno reale di tali prodotti oppure della loro errata distribuzione ne è prova il fatto che nei mercati della città si possono facilmente comperare capi di abbigliamento e scatole di cibo distribuiti dai militari italiani. Dramma sanitario Drammatica invece è la situazione sanitaria, a Nassiriya come in tutto l?Iraq. Purtroppo il materiale sanitario distribuito è carente. Proviamo a sbirciare nell?elenco: cinque scatole di Tachipirina, una ginocchiera, un collare in gommapiuma, tre paia di stampelle, due scatole di guanti in lattice, una scatola di camici bianchi monouso, 12 scatole di camici da sala operatoria? Lo stesso personale militare medico è scarsissimo, poche unità, che corrono da un posto all?altro tutti i giorni, tutto il giorno. La copertura qualitativa è data mentre le quantità sono molto modeste. Ovviamente la missione italiana in Iraq non è solo ombre, anzi, molti lavori infrastrutturali sono stati completati e altri sono in programmazione. “Perché sei venuto in Iraq?”, domando ad un soldato della Brigata Sassari.”Per aiutare questa povera gente”, mi risponde. “Pensi che il lavoro che svolgete migliori la vita quotidiana di queste persone?”. “Ho capito cosa vuoi dire. Il nostro mestiere non è quello di aprire ospedali o almeno non principalmente. Noi qui siamo venuti per creare un clima stabile nel dopoguerra e per fare questo sono necessari i soldati. Dopo di noi verrà qualcuno che si occuperà dello sviluppo economico e sociale di queste persone”. Voce isolata in un mare di retorica buonista. Purtroppo la logica del regalo porta a un immediato, ma di breve termine, riscontro in termini di simpatia ma non incide sullo sviluppo locale del territorio. Questo tipo di aiuto è da sempre stato rifiutato dalle ong e dagli istituti missionari che operano da decenni nel Sud del mondo ed è il cardine della cooperazione internazionale che non accetta nessun tipo di assistenzialismo gratuito. Peccato che questi ultimi soggetti vengano lentamente abbandonati e vi sia la decisione politica di investire sulle forze armate che si trovano a inventarsi un mestiere che non è il loro.


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