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Per lui quali diritti?

Unicef contro la discriminazione dei rom, sinti e camminanti

di Benedetta Verrini

“Per il 2008 l’Unicef ha deciso di lavorare con maggiore attenzione sul tema della non discriminazione. Una riflessione sulla situazione dei bambini rom, sinti e camminanti in Italia era dunque fondamentale, anche in relazione alle iniziative del governo che nel mese di luglio ha intrapreso un censimento dei minori nei vari campi”. Così il direttore generale di Unicef Italia, Roberto Salvan, spiega l’importanza del seminario che apre a Roma intitolato “Per i diritti dei bambini rom, sinti e camminanti in Italia”.
Un appuntamento in collaborazione con Unicef internazionale, destinato a diventare un impegno annuale, che prevede di mettere in luce problemi, linee guida internazionali e buone pratiche già realizzate sul nostro territorio.

 Assistiamo a una recrudescenza di episodi di intolleranza nei confronti dei rom. E’ un fenomeno tutto italiano?
 E’ una questione internazionale. Anche nei paesi dell’Est Europa ci sono fenomeni simili, legati a problemi di integrazione e acuiti da scarsi investimenti politici ed economici. Il nostro paese è sicuramente in una situazione di maggiore arretratezza rispetto ad altri, non solo per un problema di risorse da investire nell’integrazione, ma forse per una mancanza di volontà politica ad andare in questa direzione.

Quanta responsabilità hanno i media a creare una cultura della diffidenza?
 Hanno una responsabilità costruttiva, quella di sforzarsi di mettere in luce storie positive, esempi di buone pratiche, di diffondere una cultura dell’accoglienza. Ma non sono i media il primo tassello verso l’integrazione, piuttosto lo è la scuola, come luogo di crescita e confronto. E poi, si dovrebbero realizzare incisive iniziative legislative regionali.

Ad esempio?
Il riconoscimento delle varie etnie come minoranze linguistiche, esattamente come è stato fatto per i ladini in Trentino. Questo significherebbe risorse specifiche e una diffusa accettazione sociale. Ma nessuna regione, per ora, ha imboccato questa coraggiosa strada.

Sono state sperimentate altre buone pratiche?
In piccole realtà, a livello comunale, sono state fatte iniziative importanti, come l’accesso all’edilizia pubblica insieme a tutte le altre famiglie residenti. E’ una cosa che ha dato risultati positivi e sconfitto la cultura della segregazione: i rom sono favorevoli all’inclusione, non è giusto pensare che amino stare esclusivamente nei campi, che spesso sono in condizioni igienico-sanitarie difficilissime. Sono state fatte delle ottime esperienze, in questo senso, a Bologna, in Umbria, a Pisa e Livorno.


Parliamo dei bambini. Si è detto che i censimenti nei campi avevano la ratio di proteggerli da situazioni di spaventoso abuso. E’ veramente così o c’è un’insofferenza verso la tradizione familiare rom?
Se ci occupiamo strettamente di rom, sinti e camminanti direi decisamente la seconda opzione. Bisogna tenere presente che i minori in situazioni di estrema povertà sono ovunque, non possono essere ristretti a un solo gruppo etnico. Nei campi più degradati e vasti, poi, non ci sono solo famiglie rom ma nuclei di rumeni e di altre nazionalità. Non nascondiamoci che i bambini sfruttati per la prostituzione e l’accattonaggio, schiavi della criminalità che li sposta continuamente di città in città, sono un problema generale e certamente non lo si può imputare solo al fenomeno rom. Il senso e l’intento di questi lavori seminariali è anche quello di affrontare il problema nella sua globalità e affinare i nostri strumenti d’intervento per allargare la cultura della tolleranza e della difesa dei diritti dei bambini.
www.unicef.it

Quanti in Italia, con quale destino
Non esistono censimenti ufficiali che dicano con esattezza quanti sono. Stime ufficiali parlano di 160 mila persone di cui 70 mila con cittadinanza italiana e 90 provenienti dai Balcani, di cui la metà dalla ex Jugoslavia a partire dal 1966 con punte altissime nei primi anni Novanta, e l’altra metà da Bulgaria e soprattutto Romania.
In Europa la minoranza rom/sinta è stata definita “la minoranza più numerosa dell’Unione europea”. In Italia “pesa” con una percentuale pari allo 0,3 per cento della popolazione. In genere si può dire che è un popolo con una bassa speranza di vita, l’età media è tra i 40 e i 50 anni, e con un’alta percentuale di minori (il 60 per cento ha meno di 18 anni). Tra questi il 47 per cento ha dai 6 ai 14 anni; il 23 per cento tra i 15 e i 18; il trenta per cento tra 0 e 5 anni.


Ancora sul numero di minori, il ministro Gelmini ha accennato alla presenza di 35mila bambini fra i 6 e i 14 anni, mentre nelle audizioni del Gruppo di lavoro sui minori rom, sinti e camminanti recentemente sono stati stimati 70mila minorenni.


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