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La postura civile dell’impatto sociale

In occasione della presentazione del Position paper di Aiccon "La prospettiva civile dell'impatto sociale" (in allegato e scaricabile) due dei ricercatori che con Paolo Venturi e Stefano Zamagni firmano lo studio intervengono su un tema di interesse trasversale che è esploso negli ultimi anni. La pubblicazione mette a disposizione una prospettiva in cui riconoscersi (la cosiddetta “postura Civile”) e una proposta operativa, sulla base delle quali attivare non solo riflessioni, ma anche e soprattutto conseguenti azioni condivise

di Luca De Benedictis e Serena Miccolis

Il tema dell’impatto, che oggi è trasversalmente di interesse per policy maker, organizzazioni non profit, imprese for profit, istituti finanziari, ecc., è letteralmente esploso negli ultimi anni. A fare da spartiacque, a livello nazionale è stata la Riforma del Terzo settore (legge delega n. 106 del 2016) che ha formalmente introdotto il tema della valutazione di impatto sociale – Vis nel contesto italiano, proponendo una definizione ed esplorando e promuovendo il tema della Vis attraverso le successive Linee Guida (D.lsg. 23 Luglio 2019). Non è un caso che questa “spinta gentile” sia nata in seno al Terzo settore, cappello che raccoglie una molteplicità di organizzazioni intrinsecamente e naturalmente orientate alla generazione di processi trasformativi per il perseguimento dell’interesse generale.

A oggi, complici da un lato la crescente scarsità di risorse (monetarie e non) a disposizione, e dall’altro le sempre più pressanti e complesse sfide che integrano le tre dimensioni sociale, economica e ambientale (disuguaglianze crescenti, crisi climatica, ecc.) si richiede un cambio di passo. La riflessione e l’azione necessitano di una visione di più ampio raggio che, a partire dall’identità del Terzo settore, interessi e coinvolga anche l’intero perimetro dell’Economia sociale, le imprese – in ottica di responsabilità territoriale – e tutti gli attori locali, nazionali e transnazionali nell’impegnarsi congiuntamente in processi istituenti capaci di trasformare gli assetti politici, istituzionali, sociali ed economici. Tale ampliamento del perimetro del “campo da gioco”, porta però con sé alcuni rischi che aprono le porte alla necessità di alcune riflessioni.

Aiccon, quale Centro Studi, ha da sempre fatto degli interrogativi il proprio motore e, dopo un primo posizionamento in materia, datato 2015, ha sentito la necessità di provare a condividere alcuni punti fermi emersi dalle tante riflessioni e dal lavoro sul campo in affiancamento tanto ad organizzazioni del Terzo settore, quanto ad istituti finanziari ed amministrazioni pubbliche. Il Position Paper “La postura civile dell’impatto sociale” (allegato a fondo pagina), presentato in occasione dell’omonimo evento oggi, 6 luglio, ha infatti il dichiarato obiettivo di mettere a disposizione della rete di soggetti che a vario titolo si occupano della tematica, una prospettiva in cui riconoscersi (la cosiddetta “postura Civile”) e una proposta operativa, sulla base delle quali attivare non solo riflessioni, ma anche e soprattutto conseguenti azioni condivise.

Contrariamente alla ratio originaria che ha caratterizzato l’introduzione del tema nel contesto italiano, il paper racconta, si scorge una tendenza distorsiva nell’utilizzo della pratica della Vis che sempre più rischia di essere assoggettata a logiche competitivo-efficientiste guidate da criteri di efficienza e standardizzazione. Si osserva infatti una tendenza, più o meno intenzionale, a far coincidere il cambiamento con la performance (finanche sociale), ovvero con la mera realizzazione e implementazione delle attività, in virtù della più facile comparabilità delle eventuali misurazioni. La Vis, al contrario, intende essere uno strumento per le organizzazioni e per i territori in grado di aumentare l’efficacia dell’azione promossa in maniera integrata e in ottica trasformativa, ovvero in grado di cambiare, letteralmente, i modelli pre-costituiti e i sistemi (politico-istituzionali, economici, di welfare ecc.).

A fronte di tale rischio, la proposta contenuta nel paper propone una presa di responsabilità da parte di tutta la rete dell’impatto, valutatori compresi, nel promuovere innanzitutto maggior precisione di linguaggio, distinguendo in maniera decisa ciò che è cambiamento da ciò che non lo è, ancor prima di definire l’impatto. In questo modo si ridurrebbe il rischio che pratiche di valutazione di performance – altrettanto valide, intendiamoci, ma con finalità diverse – quali ad esempio la rendicontazione (sociale, di sostenibilità, ecc.) vengano indistintamente assimilate alla Vis (sotto il cappello “impact”) che, invece, si caratterizza per la lettura del cambiamento ed eventualmente della tensione all’impatto.

In secondo luogo – proseguendo – , il paper propone, in contrapposizione a pratiche che pongono il focus sulla misurazione del cambiamento attribuibile – più o meno – ad interventi promossi da singole organizzazioni, un approccio ecosistemico, che considera agenti del cambiamento generato e osservato, non tanto le singole organizzazioni quanto gli ecosistemi territoriali. La postura riconosce infatti nell’interdipendenza tra diversi (persone e organizzazioni), orientati al raggiungimento di uno o più obiettivi comuni, l’unico modus per la generazione di impatto.

Facendo un passo in più, la "postura" proposta riflette non solo dell’aspetto ecosistemico, ma anche di quello contributivo, ovvero teso a valorizzare l’esistente, le risorse – anche e soprattutto non monetarie – che i diversi attori ecosistemici mettono a disposizione dell’azione comune orientata al raggiungimento delle finalità condivise, promuovendo così un passaggio concettuale da stakeholder (portatore di bisogni e interessi) ad assetholder (portatore di risorse).

Il paper chiude con una riflessione su come rendere concreto tale approccio posturale limitando il rischio di contribuire, tramite la diffusione della Vis, a supportare processi competitivi e dunque potenzialmente acceleratori di diseguaglianze tra organizzazioni e tra territori. L’alternativa risiede nella promozione di processi cooperativi tesi alla massimizzazione dell’impatto generato dagli ecosistemi territoriali più che dalle singole realtà. Due le leve identificate per un futuro sviluppo sostenibile delle pratiche di Vis: da un lato la diffusione dell’elemento digitale e tecnologico attraverso la promozione di un diverso mindset orientato alla cultura del dato; dall’altro la funzione politico-culturale svolta dai soggetti aggregatori, centrali nell’assicurare l’accessibilità e l’efficacia delle pratiche di Vis e il passaggio di queste a veri e propri processi di gestione e governance dell’impatto.

Luca De Benedictis e Serena Miccolis sono ricercatori di Aiccon

In apertura photo by Anika Huizinga on Unsplash


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