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L’assedio dei vinti

"L’Occidente propone uno sviluppo che serve solo ai vincitori". di Walter Mariotti

di Walter Mariotti

Viviamo nell?Occidente del Terzo millennio, che pare iniziato con una prova di scontro delle civiltà. Fra i molti contributi che spesso servono solo al caos, al rumore di fondo della mostruosità intellettuale, mi sembra si distingua Serge Latouche, uno dei più lucidi intellettuali contemporanei, certo non sospettabile di simpatie poundiane. Ha scritto Latouche: «All?indomani dell?11 settembre 2001, giorno dell?attentato alle Twin Towers, un amico mi ha telefonato per dirmi che, rileggendo la conclusione dell?Economia svelata, intitolata La fine del sogno dell?Occidente, aveva trovato la mia analisi profetica. Vi scrivevo infatti: ?Riducendo lo scopo della vita alla felicità terrena, riducendo la felicità al benessere materiale e il benessere al Pil, l?economia universale trasforma la ricchezza plurale della vita in una lotta per l?accaparramento di prodotti standard. La realtà della sfida economica che doveva assicurare a tutti la ricchezza non è altro che la guerra economica generalizzata. Come tutte le guerre, essa ha vincitori e vinti: i vincitori, chiassosi e superbi, appaiono risplendere di gloria e di luce; nell?ombra, la folla dei vinti, gli esclusi, i naufraghi dello sviluppo, costituiscono masse sempre più fitte. Le crisi politiche, i fallimenti economici e i limiti tecnici del progetto della modernità si rafforzano vicendevolmente e trasformano il sogno dell?Occidente in un incubo. Soltanto un reinnesto dell?economia e della tecnica nel sociale potrebbe consentire di sfuggire a queste cupe prospettive. Bisogna decolonizzare il nostro immaginario per cambiare veramente il mondo, prima che il cambiamento del mondo ci condanni a tutto questo, e nella sofferenza?» (Serge Latouche, La fine del sogno occidentale). Interessante. Ma non lo avevamo già letto in Pound? Non erano queste già le tesi di Pound sull?economia e l?occidentalizzazione del mondo? Non era già questo il paradosso che l?occidentale, novecentesco Pound cercava di evitare proponendo, per primo, l?innesto nella sua lingua usurata del cinese, della tradizione zen, del sufismo? Non era questa critica all?economia dei segni, all?economia del profitto, alle alchimie finanziarie delle banche centrali europee uno dei sensi espliciti, una delle condanne evidenti che Ezra Pound faceva al suo mondo e ai suoi tempi? Credo di sì. Latouche prosegue. «Tuttavia, mi guarderò bene dal dire, come fanno alcuni in modo un po? frettoloso, che abbiamo assistito in diretta al crollo dell?Occidente, così come dal ritenere Bin Laden, il miliardario saudita, un portavoce degli esclusi della società dei consumi. Tutt?al più si può considerare l?evento come una testimonianza della nostra megamacchina tecnoeconomica planetaria e dell?odio suscitato dall?arroganza del nostro modo di vivere. Se i terroristi di al-Qaeda progettano soltanto di islamizzare la modernizzazione e tentare un?altra mondializzazione sulla base tecnoeconomica ma aggiungendovi la sharìa, il terreno da cui trae alimento un simile progetto di aggressione e di vendetta è proprio l?ascesa delle ingiustizie economiche e politiche subite dalle vittime dell?occidentalizzazione del mondo. Non si disinnescherà la bomba che minaccia di farci saltare, e non si toglierà la sete di rivincita agli emarginati, mettendo la testa sotto la sabbia come fanno gli struzzi o accontentandosi delle belle parole sul preteso avvento di una società multiculturale e multietnica a livello planetario. Senza dubbio, è meglio accettare di affrontare lucidamente il fallimento dell?universalismo occidentale e prendere serenamente in considerazione la sua sostituzione con un autentico ?pluriuniversalismo?». Ma non ci troviamo davanti a una riscrittura (involontaria) delle pagine poundiane? Non è questa una suggestione che sembra riscritta sulle considerazioni del destino dell?Occidente legato all?usura? Questo dubbio dei vincitori e questa ambiguità dei vinti, congiunti e disgiunti insieme, non è forse uno dei destini dell?opera di Pound? Se la scoperta della storiografia contemporanea, come insegna Paul Ricoeur, è la scoperta delle vittime, se i vinti, che hanno una storia altra e indicibile, in quanto di questa storia la Storia ufficiale, quella con la esse maiuscola, non parla quasi mai. Se l?indicibile opera, parla, si apre nel suo ritrarsi, non è questo l?indicibile di cui ci ha parlato Pound? Credo di sì. Illuminare l?attualità senza esserne coinvolti. Parteciparci profondamente senza esserci direttamente. È il destino degli inattuali, è la storia di Ezra Pound. Come l?accaduto di Hölderlin, come l?inesorabile pianto dell?accaduto che esiste nella storia, che si pone come potere e fa uscire dal cerchio della storia: come insegna Cristo di Nazareth. Se i vinti sono chiusi nella storia, la storia è finita per i vinti ma forse non il loro indicibile. Perché solo i vinti sono coloro che hanno a disposizione l?indicibile, che possiedono una riserva indicibile, non ancora detta, da esprimere. Proprio come Ezra Pound. In conclusione. I giochi sono fatti. La grande fluttuazione è sotto ai nostri occhi. Il paradigma marxista è diventato liberale, lo stato assoluto federale, il comunismo virale, il capitalismo sacro e digitale. Dopo la contestazione totale, lo stato di grazia del mercato; dopo il gran rifiuto, l?estasi del profitto. D?altronde, gli imperativi sono categorici, sempre. Anni 70, nascondersi. Anni 80, mostrarsi. Anni 90, reinventarsi. E oggi? Oggi tutto sembra scorrere nell?abisso superficiale delle mode, degli stili, dei sogni. Così, nell?orgia dei segni che vanno e che vengono, nel carnaio intercambiabile della moda e delle mode non c?è più posto per l?oggetto, la realtà, l?impensato. Tutto è lecito perché tutto è prevedibile, tutto è possibile perché niente significa più niente. Desertificazione delle differenze all?ombra del consumo, ultima scena dell?economia libidica, fase frattale dell?egolatria dove anche l?anticonformismo è diventato un?etichetta. Speriamo che questo non sia il destino di Pound. Speriamo che dall?abbondanza alla scarsità, dal superfluo all?essenziale, dal necessario al rudimentale la sua parola persista, si apra nascondendosi, si sveli ritraendosi. La fine del sogno occidentale. L?illusione del multiculturalismo costruito sulla monodimensionalità culturale, nostra o altrui. L?americanizzazione come universalizzazione totale di un algoritmo. La balcanizzazione dell?identità. L?impero del bene come idea, ovvero l?idea di appartenere all?impero del bene. L?inattualità di Pound come possibilità della sua attualità. Anche perché dopo l?edonismo degli anni 80 e il filisteismo dei 90, Pound può essere un buon viatico per navigare nel surrealismo liberale di questo decennio, che come gli altri continua a non fare i conti con quello che siamo. Un mare assoluto che nessun Omero sa più cantare.


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