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Le piattaforme ci hanno introdotti nel “merdocene”

Alla Biennale Tecnologia di Torino Cory Doctorow, giornalista e blogger canadese ha presentato una lucida e impietosa analisi dello stato attuale di internet. Per lui viviamo nell’epoca dell’enshittification cioè della “merdificazione” dal momento che realtà come Amazon, Facebook e Uber hanno venduto gli utenti ai loro inserzionisti

di Fabrizio Floris

La Biennale Tecnologia di Torino si è conclusa con un vibrante intervento di Cory Doctorow giornalista e blogger tra i più influenti sul tema della difesa dei diritti digitali. La sua analisi sulla situazione attuale di internet è lucida e impietosa. A suo avviso siamo nell’epoca dell’enshittification (merdificazione) perché internet è stato colonizzato dalle piattaforme.

Disintermediazione addio

«Ricordate quando agli inizi del web dicevamo che un giorno avremmo raggiunto la disintermediazione tra pubblico e performer, tra le comunità e i loro membri, tra venditori e acquirenti? L’abbiamo fatto, ma poi abbiamo reintrodotto l’intermediazione nelle relazioni con le piattaforme, che hanno dato origine a mercati a due facce: hanno clienti da un lato e utenti dall’altro: Uber ha autisti e passeggeri, Amazon acquirenti e venditori, Facebook inserzionisti ed editori […]».

È come una malattia la cui storia naturale, secondo Doctorow, inizia con un bel comportamento, la piattaforma rispetta la privacy, i diritti degli utenti, le leggi. Poi però la sua parte commerciale prende il sopravvento ed estrae tutto il valore solo a favore degli azionisti lasciando nelle m…. gli utenti e i clienti. 

Buoni propositi addio

Ad esempio Facebook parte per gli studenti, potevano accedervi solo coloro che avevano un indirizzo .edu poi si allarga anche agli altri indirizzi email, poi mette solo scacco myspace «spia le persone, iscrivetevi a Facebook e noi non vi spieremo mai» e alla fine lo incorpora.  Secondo livello, Facebook sfrutta l’effetto rete: se dentro ci sono tutti i tuoi amici l’uscita rappresenta un costo relazionale, quindi o paghi questo prezzo (perdi i contatti con gli amici) oppure convinci tutti ad uscire (ma è molto difficile). Quindi alla fine gli utenti di Facebook si tenevano in ostaggio a vicenda, incatenandosi l’un l’altro alla piattaforma.
«Facebook ha sfruttato questa situazione, riprendendosi quello che aveva dato agli utenti e ridistribuendolo a due gruppi di clienti aziendali: gli inserzionisti pubblicitari e gli editori. Agli inserzionisti ha detto: vi ricordate quando abbiamo raccontato a quei fessi che non li avremmo spiati? Ecco, invece li spiamo. E vi venderemo l’accesso ai loro dati, permettendovi di individuare il giusto target dei vostri annunci pubblicitari in modo granulare. Pubblicare i vostri annunci ci costa quattro soldi, e non baderemo a spese per fare in modo che quando pagate, qualcuno li veda. Agli editori, invece, Facebook ha detto: vi ricordate quando abbiamo raccontato a quei fessi che gli avremmo mostrato solo le cose che volevano vedere? Come no. Caricate un breve estratto dal vostro sito, aggiungete un link e noi lo spareremo nelle pupille di gente che non l’ha mai chiesto. Vi offriamo gratis un imbuto di traffico che vi porterà milioni di utenti che potrete monetizzare a vostro piacimento. E così, anche gli inserzionisti e gli editori si sono incatenati alla piattaforma».

Tuttavia, l’equilibrio di Facebook è molto fragile perché l’effetto di rete può portare a delle uscite di massa. 

Regole del mercato

Uber invece riesce a pagare un importo diverso ad ogni conducente i driver che accettano subito la corsa guadagnano di meno mentre gli autisti più selettivi prendono di più sia per km che per minuto. Facebook cambia il valore dei post in base alla selettività dei publisher, fa vedere a più o meno persone l’annuncio e varia il prezzo se vede che non pubblica.

Anche le aziende disciplinate sono spinte verso questo processo di degradazione che riesce ad estendersi attraverso le app. infatti, nei siti web gli utenti possono cercare programmi per bloccare pubblicità, ad esempio, oppure bloccare il tracciamento, mentre l’app estrae tutte le informazioni senza che neanche l’utente se ne accorga.

Questo è iniziato con il processo di deregolamentazione avviato dai governi Reagan e Thatcher per i quali i monopoli sono una prova di qualità. Da quel momento i governi hanno smesso di favorire la concorrenza e sono nati dei conglomerati che hanno assorbito aziende e quelle che si sono opposte sono state fatte fallire. (es. dypers.com vs amazon). Poca concorrenza favorisce la creazione di cartelli che affrontano le istituzioni pubbliche con una voce sola (più difficile quando le aziende sono migliaia). I regolatori finiscono per essere dominati dalle aziende e le aziende diventano troppo grandi per fallire e anche troppo grandi per la galera. È così i pirati diventano ammiragli. 

Dal dominio della natura a quello della natura umana

Siamo, secondo Shoshana Zuboff,  all’inizio di un nuovo processo storico il cui fine non è più il dominio della natura, bensì della natura umana. «Siamo passati da macchine che superano i limiti del corpo a macchine che modificano i comportamenti di individui, gruppi e popolazioni al servizio di obiettivi di mercato. L’ascesa del potere strumentalizzante spazza via quell’interiorità che è alla base della volontà di volere e della nostra voce in prima persona, privando così la democrazia delle sue radici. Si tratta di un colpo di stato senza spargimenti di sangue: la terza modernità strumentalizzante preferisce addestrarci». 

L’inevitabilità della tecnologia ci viene ripetuta come una sorta di mantra ed è sempre intesa come sinonimo di progresso, ma si tratta per Zuboff «di un sonnifero esistenziale che serve a farci rassegnare: un sogno che ci narcotizza lo spirito». 

Il potere strumentalizzante, marchio di fabbrica del capitalismo delle piattaforme, sembra presagire la settima estinzione che non riguarderà la natura, “bensì la parte più importante della natura umana: la volontà di volere, i legami di intimità, la socialità che ci lega l’un l’altro attraverso le promesse e la fiducia”.

La cura all’enshittification

Ma se l’enshittification è una malattia esiste anche una cura. Le autorità dell’Unione europea (ma anche Cina e Australia) attraverso il digital market stanno favorendo la concorrenza, i lavoratori non si credono più imprenditori in attesa e stanno reagendo, c’è un grande potenziale contro la degradazione digitale.
Internet non è più importante dell’emergenza climatica, ma senza un internet libero perdiamo la lotta prima che inizi. Martin Luther King ha detto che la legge non può costringere un uomo ad amarmi, ma può impedirgli di linciarmi.  «La legge può far sì che le aziende ci trattino con dignità anche se pensano che non lo meritiamo».
Possiamo sopravvivere al merdocene.

In apertura photo by Prateek Katyal on Unsplash


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