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Cooperazione & Relazioni internazionali

Meno sostegno pubblico più donazioni private È l’obiettivo verso il 2015

Coopi - Cooperazione internazionale

di Daniela Verlicchi

Coopi cambia rotta e punta sul fund raising. «Rivolgersi a un’unica fonte di introiti in questi anni è stato rischioso. La vera garanzia per il futuro è costruire una comunità di piccoli donatori». Se a dichiararlo è Francesco Quistelli, responsabile dell’ufficio Attività italiane di una ong che trae dagli investimenti pubblici il 92% delle sue risorse, come Coopi, significa che è in atto una vera e propria rivoluzione copernicana. Una rivoluzione di cui si intravedono i primi segni. L’ong ricava il 48% dei suoi introiti da fondi europei, il 23% da organizzazioni internazionali e il 22 da aiuti alla cooperazione italiani e di altri Paesi. Un ufficio Programmi internazionali si occupa di studiare e partecipare ai bandi internazionali.
Dei quasi 36 milioni di euro con i quali l’ong ha sostenuto nel 2007 i 150 progetti di sviluppo ed emergenza in 25 Paesi del Sud del mondo, solo 2 milioni e 700mila arrivavano da donazioni private. Un dato che nel 2008, svela Quistelli, ha avuto un incremento del 15%. «Abbiamo potenziato l’ufficio Comunicazione e fund raising, raddoppiando il personale (da 6 a 12) e puntando sulla specializzazione». Dall’anno scorso, all’interno dell’ufficio di Coopi c’è chi si occupa solo di direct mail, chi dell’invio del notiziario e di ringraziare i donatori.
Sempre nel 2008 Coopi ha raddoppiato gli introiti derivanti dal fund raising rivolto alle aziende (dai 40mila euro raccolti nel 2007 ai quasi 100mila nel 2008). Merito, spiega il responsabile delle attività in Italia, «di un monitoraggio costante del mercato e di una targettizzazione della proposta di donazione». Le offerte per le aziende sono tre: il pacchetto «Sostieni Coopi dove c’è più bisogno», un assegno in bianco per l’ong che in genere si propone a sostenitori fidelizzati; la sponsorizzazione di una campagna e di un progetto (scelti tra sei ambiti di intervento); il finanziamento di un progetto specifico. Molte energie sono spese per la promozione e la gestione del sostegno a distanza (circa 2mila). Infine, c’è l’area di marketing e organizzazione eventi che ha dato spazio alla fantasia. A Roma Coopi ha organizzato un corso di cucina etnica, a Brescia una volontaria ha offerto lezioni di shatzu e a Padova è partito un corso per potenziali cooperanti. Con queste iniziative, Coopi ha raccolto mille atti di donazione e 5mila nominativi.
La strategia anti crisi di Coopi? «Puntare su tutte le possibili leve di marketing contemporaneamente». D’altra parte, spiega Quistelli, l’obiettivo da raggiungere è alto: «Più 30% di donazioni nel 2009 e un sostanziale riequilibrio in bilancio tra sostegno pubblico e donazioni private entro il 2015».


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