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Se fosse andata al governo la Lombardia giusta…

Il commento di Giuseppe Frangi

di Giuseppe Frangi

Se c?è un dato sin d?ora certo del nuovo governo Berlusconi, è che, per la prima volta, la Lombardia ha davvero occupato Roma. Le statistiche di provenienza dei ministri dicono che ben sette vengono dalla stessa regione del presidente del Consiglio. Ma non è solo una questione numerica. Il governo sembra consumare una rivincita dello spirito imprenditoriale su quello politico, dello stile aggressivo dell?impresa privata su quello pacioso e perditempo dell?impresa pubblica. Non c?è niente d?anomalo in questo. La Lombardia è la regione più ricca e dinamica del Paese, la più popolata, quella che ha intessuto maggiori rapporti con il resto d?Europa. È la regione dove vengono diffusi il 30% di libri e giornali. E dove si registrano anche le ricadute più drammatiche del processo di modernizzazione: nuove povertà, sbandamento giovanile, inquinamento. Ma queste sono tutte cose note. Meno noto è il fatto che in realtà esistono due Lombardie, e ci piacerebbe sapere quale delle due è approdata a Roma. La questione in verità è retorica, perché tutti sanno che con Berlusconi ha vinto la cultura Mediaset, cioè quella di una Lombardia che si concepisce come una specie di 52° Stato degli States. Ma se, per pura ipotesi, così non fosse? Proviamo a fare un po? di fantapolitica: ci troveremmo alla guida del governo una regione con una straordinaria cultura sociale, radicata in secoli di storia. Una cultura in cui da secoli è chiaro che il benessere e la giustizia sociale sono necessari allo sviluppo. La terra dove oltre cinque secoli fa era nato il primo ospedale moderno d?Europa, che ai tempi era l?edificio più moderno di Milano. Una sintesi di spirito di efficienza e di attenzione alla persona: era la Ca? Granda, oggi sede dell?università Statale, sorta con le sue grandi crociere proprio alle spalle del Duomo, per la quale erano stati studiati sistemi di areazione, di riscaldamento e di igiene che nessuno in Europa poteva vantare. Perché si fosse investito tanto per curare chi non aveva un gran futuro davanti a sé, può sembrare un mistero. In realtà è nel dna di quella Lombardia un?attenzione, anzi un privilegio per i deboli. Lo ha testimoniato anche la cultura, perché il Caravaggio che oggi incanta e mette in fila le folle, era figlio della Lombardia, e azzerò l?enfasi della cultura vincente con la forza della realtà, usando prostitute per modelle e contadini dai piedi lerci per rappresentare i santi. E che dire di Manzoni, che scrisse quella che è forse la pagina a più alta intensità umana della storia della nostra letteratura? La mamma di Cecilia che «scendeva da uno di quegli usci» è un monumento di tenerezza. E non si ferma nel passato quest?altra Lombardia, perché è arrivata nel nostro secolo facendo crescere un?idea di imprenditoria attenta al sociale unica in Europa (si vedano le case operaie di Crespi d?Adda, per capire); ed è arrivata ai nostri giorni con i numeri dell?associazionismo resi noti proprio poche settimane fa dalla Fondazione Ambrosianeum: 4215 onlus in regione, 310mila volontari assidui, ben 25.600 assunti a tempo pieno nell?economia sociale (e tra questi ci sono quanti lavorano nella galassia di Vita: permetteteci questo peccato d?orgoglio?). Per questo non ci fa un gran problema che la Lombardia sia egemone a Roma. Ma ci piacerebbe tanto che fosse la Lombardia vera?


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