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Se la vita ricomicia da Gela

C’è chi resiste. Le hanno ucciso il marito, ferito il figlio. Ma lei non s’è arresa

di Mirella Pennisi

Mamma, ora è finito tutto. Tiziana l?aveva colpita al cuore. Ma lei, che non aveva ancora pianto, non lo fece neppure allora. Capì invece solo in quel momento che, perché si realizzassero i sogni dei suoi figli, lei, Franca Giordano, avrebbe dovuto continuare a lottare. Il resto venne da solo, un po? per cocciutaggine, un po? per un coraggio che non sapeva di avere, un po? per il calore e l?affetto di tutti e soprattutto della sua Gela. Era la stessa città che le aveva ucciso il marito, così, senza senso apparente; la città che fino a quel giorno si era piegata in silenzio e che dopo non volle continuare a lottare. Ma quella stessa Gela, intorno alla tomba di suo marito, si rivoltò come un animale ferito, le si fece incontro, l?accompagnò. Fino a permettere che i sogni dei suoi figli si realizzassero. Ore 8 del 10 novembre 1992. Cinque colpi alla schiena inchiodano Gaetano Giordano sull?asfalto davanti alla sua casa, tra un?impalcatura e un cumulo di terra smossa. Un altro proiettile colpisce Massimo, suo figlio, all?inguine, ma non lo uccide, quasi per miracolo. Quel colpo passa infatti a pochi millimetri dall?arteria femorale e quindi dalla morte per emorragia. Franca Giordano, moglie dell?uno e madre dell?altro, in quel momento si trova a Milano, per un corso di moda di Chanel per ?addetti ai lavori?. C?è anche Tiziana con lei. È stata ammessa da pochi giorni alla università Luiss di Roma: a Milano invece una sua compagna di scuola frequenterà la Bocconi. Bisogna festeggiare. Quella sera madre e figlia sono a cena fuori: il destino così , quanto meno, risparmia loro di apprendere la notizia dalla televisione. Gela è un paese tranquillo. Come è tranquillo chi ha imparato a convivere con il proprio, di destino. Tutti i boss della zona sono conosciuti e latitanti. La mafia e la corruzione si annidano negli appalti pubblici. Il racket gioca a scacchi nelle aziende della periferia. I negozianti del centro sono realativamente al sicuro. C?è stata qualche richiesta, qualche omertà. Qualcuno sta pagando. Altri, come le famiglie Pardo e Miceli, si rivoltano e denunciano. Anche a Franca e Gaetano era successo, tre anni prima. Un ragazzotto, minorenne e schedato, era entrato nel loro negozio principale appena ristrutturato. «Mi manda tizio» aveva detto. E loro non si erano neppure spaventati troppo. Avevano risposto di no, e basta. La sera Franca era stata scippata. Per la prima volta in trent?anni. E, quel giorno, era anche martedì grasso. Certo non una serata da passare dai carabinieri. Ma l?uno e l?altro episodio, l?avevano reso necessario. Così, quasi per caso, era partita la denuncia e la richiesta di una protezione. Non che avessero paura, certo. Quello era solo un ragazzino che aveva voluto fare il gradasso. Ma nella borsa di Franca c?erano tutte le chiavi e rifare le serrature sarebbe stato il lavoro del giorno dopo. Era stato l?unico episodio. Tutti sapevano che con Gaetano, un uomo che si era fatto da solo, non ci sarebbe stato nulla da fare. Lui lo diceva sempre a chi gli chiedeva consiglio (sì, perché c?era tanta gente che gli chiedeva consiglio): «Quando si piega la testa una volta lo si fa per sempre…». Ha pagato per questo? Forse. E forse per quell?altra storia che lo aveva visto sul banco dei testimoni a dire, tre anni dopo quel giorno, che sì, lui aveva fatto quella denuncia. Non che ricordasse, ma quello che c?era scritto lì nel verbale era certamente vero. E poi non si era mica presentato spontaneamente. No. Erano venuti a prenderlo con la jeep, lo avevano visto tutti. Era l?agosto del 1992, due mesi dopo Gaetano moriva davanti a casa sua, tra le braccia di un appuntato. Franca aveva sempre vissuto al sicuro, nell?ombra di quel marito che non aveva paura di niente. Che aveva tanto fiuto per gli affari da sentire già allora la crisi arrivare e da preoccuparsene. Lei aveva paura che a Gaetano venisse un infarto. Un infarto. Proprio allora che erano rimasti di nuovo soli. I figli, Massimo e Tiziana, erano a Roma a studiare, e loro potevano far rifiorire quel rapporto ormai ingrigito dagli anni. E funzionava… Avevano festeggiato 25 anni di matrimonio. Franca si era sposata a 19 anni, aveva imparato tutto da lui. Anche il lavoro. Tutti dicevano che era brava. Ma lei era sicura che se non ci fosse stato lui… Ecco. Ora, improvvisamente, lui non c?era più. Non scorderà mai il funerale. C?era tutta la città e i potenti. Quel figlio che per un soffio non aveva perso, adesso era là in carrozzella ma sull?altare a chiedere a tutti di prendersi per mano e di pregare, perché insieme ce l?avrebbero fatta. Non avrebbe mai creduto di poter vivere un?esperienza così. E di poterla raccontare lucidamente. E Tiziana a dirle: «Mamma, è tutto finito per me. Ma facciamo laureare Massimo. Io ti aiuterò. Mettiamo tutto a posto e ce ne andiamo». E il suo cuore a urlare: «No». Quelle bestie avevano potuto uccidere un uomo, ma non i suoi progetti. Non la sua fatica, le sue illusioni, i sogni che aveva accarezzato. Forse la sua vita era finita, ma quella dei suoi figli no. Andare via significava perdere tutto, doveva restare. E se non ce l?avesse fatta, sarebbe fuggita. Ma ce la fece. E quello strano paese si schierò al suo fianco. Non pianse per sei mesi. Si muoveva come un automa. Ma l?aiutavano tutti. Non era mai sola. Ci fu chi mandò le figlie a lavorare con lei. La gente che veniva da fuori a comprare e le diceva: «Siamo qui per suo marito». E quelle donne alla finestra che la scrutavano per cogliere solo i segni del bisogno. Poi l?amicizia di Zi? Fofo (lo zio di tutto il paese), i premi alla memoria, i convegni, l?amicizia delle donne che avevano subìto la sua stessa sorte, e quella, paterna, dell?allora presidente dell?antimafia, l?attuale presidente della Camera Luciano Violante. Cinque anni dopo, Franca Giordano dice di sé: sono una donna fortunata. Il 17 aprile 1996 sua figlia Tiziana si è laureata con 110 alla Luiss (il fratello cinque anni prima) e neppure un anno dopo ha trovato, con le sole sue forze, un posto come associata in uno studio. Lei, una donna di 49 anni, energica e solare, non è fuggita da Gela allora e non lo fa oggi. Nei momenti peggiori ha dovuto chiudere due negozi, ma adesso, dopo aver riaperto uno dei due, si prepara a riaprire anche il terzo. Piange ancora quando racconta del suo uomo. Si emoziona quando nomina i figli e ne parla di continuo, con orgoglio. Non ha perdonato l?uomo che le ha ucciso il marito. Non ha voluto neanche guardarlo in faccia. E si arrabbia con chi non vuol capire che contro certa gente e certi reati – dice lei – ci vorrebbe proprio la pena di morte. Ha ottenuto il risarcimento (cinquanta milioni per ogni membro della famiglia), e con quei soldi ha comprato un appartamento a Roma dove fugge quando proprio non ce la fa più. Ma di fiducia nello Stato ne ha poca, dice: «Lo Stato siamo noi». Da soli non siamo niente. Insieme possiamo fare tutto. Lo dice, anche se l?associazione antiracket nata sull?onda emotiva della sua tragedia, ha contato solo sei iscritti e poi si è estinta di morte naturale. Uomini? Perché no. Di marito ne ha avuto uno solo ma oggi sente di poter ricominciare… Nuova legge antiracket E il rimborso sarà possibile Non più ?vittime? ma solo ?danneggiati?. Basterà essere tali e aver sporto una semplice denuncia per chiedere il rimborso al Fondo antiracket. Il disegno di legge presentato dal governo il 27 maggio pare risolvere l?ingiustizia della vecchia legge. Finora il ?fondo di sostegno per le vittime di richieste estorsive? è stato un fallimento (fino al gennaio ?97 nessuna domanda era stata accettata). I motivi? La legge non era retroattiva, ma la maggior parte delle domande si riferivano a fatti precedenti il 1° gennaio ?96 (data di inizio per l?erogazione del fondo). Finora per chiedere un rimborso dal Fondo antiracket bisognava dimostrare di non aver mai accettato di pagare. Cosa che restringeva gli aventi diritto a un numero vicino allo zero. Il disegno di legge in discussione alla Camera recita invece: a tutti i «danneggiati dalle attività estorsive è elargita una somma di denaro…». Le categorie beneficiarie saranno tutte quelle ?economiche?, dai liberi professionisti, agli esercenti.


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