Famiglia & Minori
Signora Borsellino, permette una foto?
Le scrivo dalla casa circondariale di Rebibbia perché voglio dedicare un pensiero alla vedova Borsellino
Nazzareno Zambotti carcere di Rebibbia (Roma)
Caro Zambotti, la sua lettera mi ha dato molta allegria. Il racconto della sua esperienza di fronte al gesto di coraggio della vedova Borsellino, è una lezione per tutti noi. Si, perché lei mi ricorda che, a forza di scrivere e parlare delle malattie croniche delle carceri italiane, siamo diventati un po? superficiali e frettolosi. Le sue parole dimostrano che nella sofferenza della carcerazione si può riflettere e iniziare a vedere le cose in modo differente. Spesso, quando scrivo di carcere e di carcerati, penso ai detenuti solo come uomini cattivi o uomini buoni diventati cattivi a causa dei propri sbagli, ma anche delle avversità della vita o del disagio sociale. Mi è sempre stato detto che in carcere sia il poliziotto che il detenuto nutrono un profondo rispetto nei confronti dei condannati per mafia. Ho sempre saputo che lì dentro l?universo dei valori è diverso perché per sopravvivere bisogna essere feroci. Beh, dopo aver letto la sua lettera, forse mi devo ravvedere perché lei dà un tributo a chi ha versato il proprio sangue nella lotta contro la mafia e non solo: si stupisce che la signora Borsellino sia scesa senza nessun problema nella tribuna dei condannnati. Noi, uomini e donne libere siamo spesso pronti a difendervi come vittime dei magistrati o a parlare di voi in termini di innocenza o colpevolezza, ma raramente accettiamo di indagare sui vostri sentimenti. Negli articoli apparsi su ?Vita? sono state riportate spesso le opinioni di esperti e operatori penitenziari i quali hanno attribuito un valore totalmente negativo al carcere, descrivendolo come un luogo in cui il carcerato trascina il suo tempo fra l?attesa di una redenzione che le strutture penitenziarie scoraggiano con ogni mezzo e un? idea illusoria di un rinserimento che la pratica quotidiana continua a smentire nei fatti. Un giorno però un direttore di carcere ci disse che gli istituti penitenziari potevano anche essere un?occasione di riflessione e che molti detenuti, reclusi in carceri piccole dove c?è lavoro, gli educatori non sono dei fantasmi e i magistrati di sorveglianza riescono ad applicare meglio i benefici della legge Gozzini, hanno dimostrato di essere cambiati in meglio. Con questo non voglio certo dire che il carcere le ha fatto bene, voglio solo sottolineare che le sue parole, rappresentano un?accusa sferzante contro l?indifferenza di chi preferisce vedere la galera come una scatola chiusa da maneggiare con attenzione: dal carcere e dai detenuti possono arrivare delle lezioni di grande umanità e quindi di riscoperta della legalità. Quindi grazie.