«La scuola finisce ma la scuola non chiude, anzi apre. Il primo lunedì della prima settimana senza lezioni, Vita e Miur lanciano una convocazione al mondo della scuola, per raccontare le tante esperienze di Scuola Aperta e promuoverne una rete»: era il giugno 2014 e così noi di Vita insieme al Ministero e al Comune di Milano presentavamo il Forum Scuole Aperte. Due anni dopo, per la prima volta nella storia, in Italia ci saranno 700 scuole che resteranno aperte e accoglieranno i ragazzi anche durante il periodo estivo non grazie a iniziative individuali e autofinanziate ma attraverso un piano da 10 milioni di euro. Gli istituti saranno a Napoli, Milano, Roma e Palermo (le scuole selezionate riceveranno 15mila euro a testa, per un budget complessivo che va dai 4,1 milioni a 1,2 milioni di euro) e sono “l’anticipo” di un progetto ancora più ambizioso e sistematico, che da settembre coinvolgerà ben 5mila scuole, con oltre 100 milioni di euro in campo.
Il ministro Stefania Giannini ha accettato di rileggere il cammino fatto in questi due anni, che ha portato l’idea di Scuola Aperta a entrare nella normalità del pensiero delle scuole e del Ministero stesso. Non più una catalogo di belle esperienze che rischiavano di rimanere eccezioni, ma un nuovo paradigma per la scuola, sic et simpliciter.
Ministro, qual è il valore di aprire le scuole in estate, oltre ovviamente ad essere una risposta concreta al bisogno di conciliazione famiglia/lavoro di tanti genitori?
Scuola al Centro è un progetto che risponde a esigenze emerse da territori in cui la scuola rappresenta l’unica alternativa alla strada e al disagio. Nasce da una richiesta che ci è arrivata dal basso. Non si tratta di un dopo scuola ma di una iniziativa educativa che guarda ai bisogni di ragazzi che vivono in contesti difficili o comunque più complessi, offrendo loro non altre ore di lezione ma spazi in cui fare sport, musica, teatro, partecipare a laboratori di cittadinanza attiva. Le scuole aperte saranno almeno 700. Da parte delle famiglie stiamo ricevendo moltissimo sostegno. C’è entusiasmo. Era un’iniziativa attesa da tempo. Le scuole aperte di questa estate a Roma, Milano, Palermo e Napoli saranno un primo passo. Abbiamo pronti oltre 100 milioni di fondi Pon per allargare il progetto, a partire da settembre, a tutto il Paese. Ci sono stati esperimenti simili in passato, attivati autonomamente dalle scuole, ma senza risorse e interventi da parte dello Stato. Ora si cambia passo.
Le scuole ora hanno tempo fino al 20 giugno per presentare i progetti: ci può anticipare qualcosa in relazione a come stanno rispondendo? Quanti progetti sono stati presentati ad oggi, che tipo di attività vengono proposte…
Non posso anticipare numeri, gli uffici stanno lavorando. Posso dire che lo sport è fra le attività che vanno per la maggiore, ma tutti i progetti saranno la prova che si può credere in una scuola forte, centrale nella vita dei cittadini. Una scuola iscritta all’interno di una comunità, un’infrastruttura sociale che appartiene a famiglie e studenti come una seconda casa, non solo quando ci sono le lezioni e quando il tempo è scandito da una campanella.
Le periferie sono la “città del futuro”, non in senso estetico ma in quanto “ricche di umanità e quindi di energie”. Spetta proprio alla scuola raccogliere queste energie e farle emergere.
Stefania Giannini
I giornali nel presentare l’iniziativa hanno messo l’accento sull’apertura delle scuole in tempi non usuali: l’estate, il pomeriggio, qualcuno ha chiesto della domenica… Nessuno lo ha sottolineato, ma in realtà questa è la prima azione di un neonato “Piano Nazionale per la prevenzione della dispersione scolastica nelle periferie”, con una cabina di regia che coordinerà le azioni e gli interventi.
Significa che in questi progetti la scuola sarà aperta solo agli studenti “problematici”? È vero che la Scuola Aperta rappresenta un modello di intervento efficace per le azioni contro la dispersione, però la novità del pensare la scuola come civic center non si esaurisce al contrasto alla dispersione scolastica…
Il concetto di scuola aperta non ha a che fare solo con aree problematiche. Con la riforma abbiamo immaginato una scuola connessa con il territorio che la circonda, capace di intercettare le energie di enti locali, imprese, Terzo settore. Ha molto senso e un significato preciso il fatto che si parta dalle periferie. Il mondo non ha più centri e confini definiti, economie e società emergenti stanno riformulando il cleavage centro-periferia e dobbiamo preparare questo cambiamento anche all’interno delle nostre città, con un impegno educativo senza precedenti. È nelle periferie che risiedono i nuovi centri cittadini. Le periferie sono cuori pulsanti di una vitalità che va incentivata e che deve trovare la possibilità di esprimersi. Per i più giovani questo incentivo deve venire dalla scuola.
Tuttavia il fatto che sia nato per la prima volta un Piano Nazionale per la prevenzione della dispersione scolastica è una novità importante, dal momento che uno dei problemi delle azioni di contrasto alla dispersione scolastica infatti è la dispersione delle esperienze e dei fondi stessi (cfr il recente “Rapporto di monitoraggio e analisi dei prototipi di intervento territoriale”, presentato da Indire). Cosa cambia quindi nell’azione del Ministero per il contrasto della dispersione? Quando arriverà il primo piano biennale? Come verranno monitorati gli interventi? Verrà fatta finalmente un’analisi di impatto?
La dispersione è un tema che il Paese ha cominciato ad affrontare, i dati sono in miglioramento. Abbiamo raggiunto l’obiettivo nazionale e siamo sotto il 16%, ma rimaniamo distanti dall’obiettivo europeo (10% entro il 2020). Uscirà a breve un nostro report che confermerà questo trend. Oltre ai numeri e alle percentuali ci sono però persone, storie singole di abbandoni precoci frutto di situazioni familiari, condizioni personali, contesti sociali. Dobbiamo essere consapevoli che ogni azione che mettiamo in campo deve saper interagire con questi fattori. È un lavoro di cura che La Buona Scuola considera come prioritario perché la scuola “aperta a tutti” sancita dall’art. 34 della Costituzione non sia solo una precondizione, ma una realtà di fatto attraverso anche una scuola vicina. In questa fase abbiamo una straordinaria occasione per rendere più efficace la lotta alla dispersione in modo trasversale, inserendola fra le finalità di molti progetti in modo da avere più tipologie di intervento e più linee di finanziamento. In questo senso, guardando ai fondi, strategico è l’avvio del nuovo Pon che prevede oltre 500 milioni di fondi utilizzabili per questo tema.
Secondo alcune anticipazioni a settembre, attraverso finanziamenti del Pon Scuola, saranno aperte altre 5.000 scuole di tutto il Paese. Sempre solo nelle periferie?
Sì, stiamo già predisponendo il bando, usciremo durante l’estate. Le periferie saranno la priorità, ma parliamo di periferie largamente intese. Le periferie sono là dove ci sono quartieri che pur non essendo particolarmente decentrati fanno comunque registrare situazioni di disagio o bisogni didattici ed educativi speciali legati, ad esempio, alla presenza di un alto tasso di migranti. L’investimento nelle infrastrutture scolastiche, dalla manutenzione all’abbellimento fino alla costruzione di nuovi edifici, è la pietra angolare della sicurezza e dell’innovazione sociale che la scuola deve alimentare e garantire.
Possiamo dire che l’idea di Scuola Aperta è entrata nel pensiero quotidiano del Ministero e delle scuole? Come questo rientra nella progettazione di nuove scuole, ad esempio rispetto al concorso di idee scuole innovative?
La Scuola Aperta è un concetto culturale che sta alla base della nostra Buona Scuola e che portiamo avanti in ogni aspetto dell’attuazione. Nel bando per le Scuole Innovative ad esempio chiediamo a architetti e ingegneri di progettare strutture pensate per essere vissute da tutta la cittadinanza. Si tratta di una piccola rivoluzione culturale che stiamo avviando e che darà i suoi frutti fra qualche anno probabilmente. Ma di cui siamo molto orgogliosi.
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