Sorella Anna Monia Alfieri classe 1975, è legale rappresentante delle scuole Marcelline italiane e paladina della lotta per la libertà di scelta educativa e membro della Consulta di Pastorale scolastica e del Consiglio Nazionale Scuola della CEI. Nata a Nardò in provincia di Lecce in una famiglia normale, ha due fratelli, un sacerdote francescano e un militare. «Sono la maggiore, ho studiato in buone scuole pubbliche statali del mio Paese. Mi sono, negli anni '90, appassionata alle letture di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, di Don Sturzo e Aldo Moro approcciandomi ai temi della libertà educativa e del pluralismo», racconta. Animata da un forte senso di giustizia si è laureata in Giurisprudenza a Milano in Università Cattolica. È qui che ha incontrato per la prima volta il tema della scelta educativa e delle scuole paritarie. La vocazione religiosa si compie con i voti dopo gli studi accademici. «Ho sempre pensato che potesse essere una strada per me avendo tre zie suore missionarie dell'ordine di Sant'Anna. Ma sono diventata suora perché sin da ragazza avvertivo il bisogno di coniugare l'impegno morale con l'impegno civico». Un percorso che l'ha portata a vedersi assegnare quest'anno l'Ambrogino d'Oro di Milano.
Cosa c'entrano Falcone e Borsellino con la scuola?
Il mio sogno era fare il magistrato, andare in Sicilia e combattere la mafia per un senso forte di giustizia che avevo. Poi ad un certo punto ho capito che l'unico riscatto sociale è la scuola. È un ascensore sociale che permette all'operaio di diventare imprenditore. Quello che mi colpì tantissimo della storia dei due grandi magistrati antimafia era il fatto che il principale loro nemico era il sistema, i finti amici che li calunniavano. Il punto quindi era scardinare quel sistema. Anche qui la strada passava necessariamente dall'educazione.
Lei appartiene alla congregazione delle suore di Santa Marcellina. Come mai?
Ho preso i voti perpetui nel 2001. Il loro carisma mi affascinava sin da piccola perché sono suore molto libere, autonome, con una bella cultura e dedite al sapere. Ho poi scoperto che il fondatore, Mons. Luigi Biraghi, sacerdote ed educatore milanese, le aveva fondate perché nell'800 le donne con la cultura avrebbero formato buoni uomini e amministratori. Quindi con l'idea di cambiare con l'educazione il mondo.
Tutto insomma ha concorso nel farle mettere l'educazione al centro della sua vita…
Sì. Negli anni, siccome sono una suora ma sono una persona molto pragmatica e razionale e l'economia e la giurisprudenza, materie in cui sono laureata, sono due fari, ho capito una cosa importante: sapere aude. Questa frase di Kant significa che la cultura rende liberi come diceva Rita Levi Montalcini.
Liberi da cosa?
Sia dal più forte che dalla propria idiozia culturale(ride). Bisogna avere il coraggio di sapere e quindi di conoscere il proprio limite, la propria miopia. La mia vita religiosa così sempre più è diventata una sfida: vedevo il mio abito come la scelta d'amore della mia esistenza ma contemporaneamente un segno di fronte al tema della pari opportunità delle donne. Voglio presentarmi nel mondo con il mio abito da suora, fiera, superando i pregiudizi
Qualcuno direbbe che è femminista…
Certamente. Con un nota bene. Le pari opportunità non derivano dall'abbattere le differenze che devono invece essere custodite, ma dal gestirle. L'Italia non ha bisogno di uguaglianza che massifica tutti e appiattisce le differenze ma di equità. Equità che permette a tutti di raggiungere i medesimi obiettivi rispettando i punti di partenza differenti
Come si arriva alle scuole paritarie?
Perché faccio veramente fatica a sentire idiozie. Cose come che la scuola paritaria è la scuola dei ricchi, che ruba i soldi allo Stato, è la scuola dove paghi e ti promuovono. Tutti slogan che facevo fatica a capire guardando alla realtà di fatto visto che ero la legale rappresentante di un ente del mio ordine che si occupa di dieci scuole paritarie in tutto il Paese con oltre 500 dipendenti. È nel confutare questi luoghi comuni che è nato il mio impegno.
Un impegno anche politico…
Sì, politico e culturale. Un impegno mirato sia a scardinare i luoghi comuni di cui è vittima la scuola paritaria in questo Paese che a riconoscere una vera libertà educativa in Italia. Per farlo abbiamo cercato di chiarire cos'è la scuola paritaria, scientificamente, collaborando con tanti centri studi e pubblicando diversi volumi sull'argomento. Nel contempo ho sempre dialogato con la classe politica, sin dai tempi del ministro Gelmini, e che è continuato negli anni con tutti i governi e con tutti i ministri.
Che risultati ha portato questo dialogo?
Cercando di tenere sempre insieme, in modo trasversale, politici di tanti partiti diversi un passo avanti enorme verso la vera libertà educativa lo abbiamo avuto con la ministra Fedeli che si appassionò molto al tema economico legato al mondo della scuola. Arrivando a istituire nel dicembre 2017 al ministero il tavolo “Costi standard di sostenibilità per allievo”. Uno strumento per rivedere le linee di finanziamento del sistema scolastico. La chiave del problema perché non c'è libertà educativa senza libertà economica. Uno sforzo che vide mettere insieme tutte le associazioni di categoria, i sindacati e mise a presiedere i lavori Berlinguer.
Eppure le cose ad oggi non sono cambiate…
Nel 2018 cade il Governo e arrivano i 5 Stelle. Da lì si è arenato un po' tutto il processo. A cui poi si è aggiunto il Covid19. Che naturalmente ha peggiorato fortemente la situazione del sistema scolastico, aggravando le tre cause della crisi della scuola italiana: carenza di aule, mezzi di trasporto e organico. Nonostante un profondo lavoro che ci ha visto proporre emendamenti e indicazioni al Governo i vari decreti leggi, come quello Rilancio, sono stati portati avanti con la fiducia, rendendo vano il tentativo. Speriamo che sulla Legge di Bilancio non avvenga lo stesso.
Un piccolo successo sia ha avuto in questi giorni con i soldi per gli insegnati di sostegno delle paritarie…
Sì, sabato sono stati approvato 70 milioni di euro su questo capitolo. Un risultato della massiccia campagna e del web pressing parlamentare dove abbiamo portato il grido di dolore delle famiglie, dimenticate, soprattutto quelle con fragilità.
Per tutto questo percorso lei è stata insignita dell'Ambrogino d'Oro. Come ha accolto questo premio?
Mi ha fatto piacere. Spero che aiuti a realizzare il sogno di una scuola che dia ai ragazzi il coraggio della conoscenza
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Cara lettrice, caro lettore: il 25 e 26 ottobre alla Fabbrica del Vapore di Milano, VITA festeggerà i suoi primi 30 anni con il titolo “E noi come vivremo?”. Un evento aperto a tutti, non per celebrare l’anniversario, ma per tracciare insieme a voi e ai tanti amici che parteciperanno nuovi futuri possibili.