Bambini a Milano, a che punto siamo? Sabato 14 maggio Fondazione Arché, in collaborazione con l'Università Cattolica e Save the Children, organizza #bambiniamilano (ore 9,30 – Pavilion UniCredit, qui il programma): una giornata di riflessioni e proposte per una Milano a misura di bambini, ma anche l’occasione per fare il punto sulla condizione dei bambini a Milano. Padre Giuseppe Bettoni, fondatore e presidente di Fondazione Arché ha incontrato Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, per un ampio dialogo.
Cinque anni con Milano sono anche cinque anni con i bambini di Milano: quali considera i vostri maggiori successi?
Da quando mi sono candidato, più volte mi sono chiesto perché lo facevo. Mi sono sempre risposto che lo facevo per le nuove generazioni. Ho voluto che nascesse un luogo dedicato ai bambini e sono felice che all’interno della Rotonda della Besana oggi ci sia il MUBA, il Museo dei Bambini. La Rotonda della Besana, me la ricordo, quando ero ragazzo era un posto abbandonato: oggi è bellissima, con tanto verde, con il Museo, un luogo dove le bambine e i bambini giocano, fanno sport, studiano e imparano divertendosi. Vado poi, quando posso, a mangiare nelle scuole. Siccome sentivo spesso giudizi diversi sulla bontà o meno del cibo che Milano Ristorazione preparava per i bambini, ho capito che l’unico modo per sapere la verità era quello di provarlo direttamente. Così tutte le volte che mi è possibile vado nelle scuole, senza preavvisare nessuno. Vado nelle classi, saluto i piccoli studenti e poi pranziamo tutti insieme, rispondo alle loro domande e sento i loro giudizi. Mi è servito moltissimo per capire le linee di condotta necessarie e per conoscere i loro giudizi e le aspettative, oltre che le loro prospettive per quando saranno più grandi.
Siccome sentivo spesso giudizi diversi sulla bontà o meno del cibo che Milano Ristorazione preparava per i bambini, ho capito che l’unico modo per sapere la verità era quello di provarlo direttamente. Così tutte le volte che mi è possibile vado nelle scuole, senza preavvisare nessuno. Vado nelle classi, saluto i piccoli studenti e poi pranziamo tutti insieme, rispondo alle loro domande e sento i loro giudizi.
Giuliano Pisapia
Recentemente abbiamo anche istituito una Garante per l’infanzia (Anna Maria Caruso, ndr), una persona di grande sensibilità e molto attenta a questi temi, che si è sempre impegnata per i minori e, adesso, ci si dedica totalmente. In questi anni sono nate tante iniziative sulla scuola. Mi limito a citarne una: “Io non spreco”. I bambini portano a casa quello che avanza dei loro pasti o lo condividono con i “nonni”. All’inizio l’iniziativa ha suscitato molte perplessità ma poi ha avuto un grande successo tanto che gli sprechi alimentari nelle nostre scuole sono diminuiti in maniera significativa.
E ancora, con altri 148 sindaci delle grandi città di tutto il mondo, che rappresentano oltre 400 milioni di cittadini (da Rio a Mosca, da New York a Shangai, da Maputo a Londra), abbiamo sottoscritto un patto, concreto e realizzabile, per diminuire gli sprechi alimentari nelle nostre grandi città. Mi viene in mente anche l’iniziativa “Pedibus” finalizzata a sensibilizzare i bambini, e gli adulti, sui temi ambientali e della mobilità “dolce” e sostenibile: i bambini vanno a scuola a piedi o in bicicletta, accompagnati da genitori o volontari, si divertono, fanno sport e conoscono meglio la città. Recentemente è nato, dopo una prima sperimentazione, il Junior Bikemi, con biciclette adatte alla loro età, per incentivare, fin da piccoli, l’uso della bicicletta, che fa bene all’ambiente e alla salute.
Non voglio dimenticare i Consigli di Zona dei ragazzi e delle ragazze: far scegliere loro cosa vogliono rispetto al territorio è stato importante perché vi sono molte proposte e, anche, controproposte. Quella che ha maggiore consenso viene fatta propria dai Consigli di Zona che si impegnano a realizzarla. Questo crea partecipazione e protagonismo e credo anche che aiuti ad affrontare temi importanti per la città e il loro futuro.
Ho visto a Milano tanti esempi positivi che spesso nascono da una piccola esperienza o da un’idea dei bambini: bisogna diffonderle.
Giuliano Pisapia
La città, definita da Unicef come “amica delle bambine e dei bambini”, deve continuare ad esserlo: un’amicizia è una relazione che esige attenzione e presenza. Quali potrebbero essere, secondo lei, i prossimi passi che Milano dovrebbe compiere in questa direzione?
Mi viene subito in mente il tema degli orti urbani all’interno delle scuole. Hanno costi bassi, ma a livello educativo però hanno un ruolo fondamentale: si può mangiare sano anche con poco. È necessario proseguire e rafforzare ciò che abbiamo fatto anche creando una rete tra educatori, insegnanti, genitori che attraverso i Consigli di Zona – che proprio recentemente sono diventati vere e proprie Municipalità – possono scambiarsi le buone pratiche. Ho visto a Milano tanti esempi positivi che spesso nascono da una piccola esperienza o da un’idea dei bambini: bisogna diffonderle. Con il percorso “DIRE, FARE, EDUCARE” poi è nata la “Carta per Milano città educativa” (qui la Carta), che è la sintesi di discussioni, confronti, dibattiti tra educatori, insegnanti, assistenti sociali, genitori. Un contributo fondamentale a livello educativo e finalizzato a far percepire i valori della comunità.
Abbiamo osservato, in base ai dati del 2014, che il 25% delle famiglie con bambini a Milano sono monogenitoriali, in prevalenza mamme con bambini, che è il focus sul quale interviene Arché. Più della metà di queste donne è disoccupata. Sono situazioni che andrebbero monitorate per essere poi accompagnate da politiche sociali adeguate. Avere un osservatorio che monitori permanentemente questa condizione sarebbe un bell’auspicio.
Giuseppe Bettoni
Un obiettivo della nostra Giornata di studio #bambiniamilano del 14 maggio consiste proprio nel permettere agli educatori di fare rete. Nel Terzo settore siamo un po’ frammentati, avvertiamo invece la necessità di un osservatorio permanente sui bambini nella città. Arché da sola non può riuscirci: avremmo bisogno, e questo è un altro obiettivo della nostra Giornata di studio, del consenso degli attori del Terzo settore per costituire un osservatorio permanente. Abbiamo osservato, in base ai dati del 2014, che il 25% delle famiglie con bambini a Milano sono monogenitoriali, in prevalenza mamme con bambini, che è il focus sul quale interviene Arché. Più della metà di queste donne è disoccupata. Sono situazioni che andrebbero monitorate per essere poi accompagnate da politiche sociali adeguate. Avere un osservatorio che monitori permanentemente questa condizione sarebbe un bell’auspicio.
L’unità fa la forza. Ci sono tante realtà attive e propositive nella nostra città. È comprensibile che ognuno tenga alla propria identità, ma identità non significa isolamento. L’importanza di un dialogo continuo, di un confronto permanente creando una rete di rapporti e di condivisione su quanto è utile, e necessario, fare aiuta ad analizzare i successi e a superare gli insuccessi oltre che a rafforzarsi a vicenda nell’interesse collettivo.
Una classe scolastica oggi è composta da bambini originari da culture più diversificate rispetto a cinque anni fa: dal suo osservatorio di sindaco quali riconosce come opportunità e quali come rischi di questa realtà?
Sono convinto che sia una grande opportunità e una grande ricchezza, soprattutto per i più piccoli. Conoscere esperienze di vita tra loro diverse, conoscere diverse culture e religioni, crea potenzialità positive e opportunità fondamentali in una società multiculturale, anche per rafforzare il dialogo e quindi la crescita. Purtroppo c’è anche chi cerca di dividere e creare paure, se non discriminazioni: ecco perché dobbiamo valorizzare le diversità, nel rispetto reciproco. Bisogna fare di tutto per evitare situazioni, per fortuna a Milano limitate, in cui non ci sia questa possibilità di dialogo, fin da piccoli, con esperienze e provenienze diverse. Quello che abbiamo fatto in questi anni ha accresciuto molto la sensibilità delle persone: affrontare le divisioni per trovare condivisioni più che diversità.
Trovare coesione sociale è più facile, o meno difficile, se si parte dalle nuove generazioni. Partecipare a competizioni sportive e giocare insieme, indipendentemente dal colore della pelle, è stato vincente per superare le discriminazioni, il razzismo ma anche la paura e la diffidenza.
Giuliano Pisapia
Mi rendo conto che c’è tanta paura nei confronti dell’immigrazione nelle scuole. Quando il sindaco parlava mi è venuto in mente che quando 25 anni fa abbiamo cominciato a curare il primo bambino malato di Aids la paura era la stessa, cioè nel quartiere si era diffuso il panico ma il solo fatto di mettere questi bambini al fianco di ragazzi più grandi che facevano loro da fratelli maggiori ha fatto superare la difficoltà: nel giro di poco tempo le stesse famiglie che avevano timori e facevano resistenza sono diventate le prime famiglie affidatarie di bambini. Il percorso vincente non è lo stigma e la frammentazione ma fare in modo che attraverso i bambini, accolti e accompagnati, si vincano le paure degli adulti. È una prova storica e se lo spostiamo sul piano dell’integrazione culturale e religiosa non può esserci che questa strada, non di certo costruire muri. Invece nell’incontro con realtà internazionali quali prassi particolarmente virtuose ha rilevato?
Forse l’esperienza più bella l’ho avuta in Sudafrica dove si sono riuniti, nel 2013, i Sindaci e i rappresentanti di C40, che unisce le grandi metropoli più attente ai temi ambientali. Milano nel 2013 è stata invitata a far parte di questa importante associazione internazionale. A Johannesburg, partendo dalla discussione sul tema della pacificazione e della riconciliazione di cui Mandela è stato il padre e l’anima, abbiamo verificato quanto sia stato importante, in quel paese dove per troppi anni il razzismo è stata una terribile realtà, trovare coesione sociale. Il che è più facile, o meno difficile, se si parte dalle nuove generazioni. Partecipare a competizioni sportive e giocare insieme, indipendentemente dal colore della pelle, è stato vincente per superare le discriminazioni, il razzismo ma anche la paura e la diffidenza. Mandela ha avuto la forza e il coraggio di iniziare quel percorso, all’interno del quale è stato fondamentale creare spazi di socializzazione partendo proprio dai più piccoli. Quell’esperienza mi ha molto emozionato e non la dimenticherò mai.
I bambini hanno una naturalezza nell’apprendimento dell’utilizzo di mezzi tecnologici che agli adulti farebbe comodo: quali frontiere può raggiungere il Comune di Milano nella comunicazione digitale con la cittadinanza?
Quando il mio computer fa le bizze chiamo mio nipote ad aiutarmi, adesso è più grande ma già quando aveva 10 anni mi risolveva il problema. È vero, l’informatizzazione delle scuole è fondamentale. Il Comune ha attivato con questa Amministrazione il progetto “SCUOLA.MI.IT” e cioè il cablaggio di tante sedi scolastiche delle scuole primarie e secondarie. Ci siamo impegnati molto e oggi abbiamo 250 sedi le cui segreterie e laboratori di informatica sono già stati cablati e stanno per essere connessi alla rete Campus 2 del Comune di Milano, con grandi risparmi per le autonomie scolastiche e collegamenti informatici più efficienti. Il contributo del Ministero ci permetterà di cablare anche le singole aule. Con alcune grandi aziende abbiamo fatto convenzioni per avere nelle classi gli strumenti digitali e un insegnamento in grado di coniugare l’uso, ormai fondamentale, delle nuove tecnologie con la capacità di dialogo e di confronto interpersonale. Ho visitato molte scuole ed era bello entrare nelle classi e vedere bambini che usavano il computer ma dialogavano tra di loro, quindi non si estraniavano come invece spesso accade agli adulti.
L’amministrazione ha fatto un grande passo avanti quando, nel regolamento della Polizia Municipale del 2012 e poi nel regolamento edilizio del 2014 si è tornati a ribadire che per i bambini giocare nei cortili è un diritto. È stato un segnale forte e bello. Bettoni
Giuseppe Bettoni
Aggiungo che accanto a questo sviluppo tecnologico, l’amministrazione ha fatto un grande passo avanti quando, nel regolamento della Polizia Municipale del 2012 e poi nel regolamento edilizio del 2014 si è tornati a ribadire che per i bambini giocare nei cortili è un diritto (qui l'articolo di Vita sulle recenti proteste per i giochi dei bambini nei cortili, ndr). È stato un segnale forte e bello. Le voglio chiedere anche se c’è un libro che consiglierebbe a dei bambini che vogliono conoscere la nostra (e loro) città?
Un libro a cui sono particolarmente affezionato è Com’è bella la città. Milano raccontata dai suoi protagonisti di Massimiliano Chiavarone, piccole interviste a cantanti, attori e persone che attirano l’attenzione dei più piccoli che raccontano come loro vivono la città. È un libro molto vivace e interessante: sarebbe bello che nelle classi si leggessero queste interviste e se ne discutesse con gli insegnanti e i genitori.
I dati sulla natalità sono in affanno (qui gli ultimi dati Istat, ndr): crede che in futuro ci sia la speranza di un’inversione di tendenza?
Purtroppo i dati sulla natalità non sono positivi, anche a causa di una situazione economica difficile: le madri che non possono occuparsi dei figli perché debbono lavorare, la paura del futuro, la difficoltà ad avere un mutuo e il timore di non avere la possibilità di avere una casa o di essere sfrattati. Le prospettive ci sono e ci devono essere. Bisogna superare questo periodo difficile; bisogna aiutare le famiglie bisognose o in difficoltà. Non è e non sarà facile, ma voglio continuare ad essere ottimista, ecco perché è necessario unire le forze ed essere capaci di essere solidali e inclusivi, oltre che evidentemente innovativi. Ma pur nella consapevolezza delle difficoltà che tanti debbono affrontare, non dobbiamo arrenderci di fronte alle difficoltà.
Non può essere soltanto una città a favorire un’inversione di tendenza: occorrerebbero politiche nazionali, come un alleggerimento della pressione fiscale sulle famiglie.
Condivido pienamente. I Comuni fanno quanto possibile. A Milano teniamo conto della situazione reale delle persone, del loro reddito, delle loro difficoltà, per questo abbiamo fatto la scelta di esentare dall’addizionale IRPEF oltre il 55% dei milanesi e quando dobbiamo prendere decisioni in ogni campo, compreso quello fiscale, teniamo conto della situazione familiare e del numero dei figli. Purtroppo, però, sulla pressione fiscale i Comuni possono, e potranno, fare ben poco fino a che la gran parte degli introiti che arrivano dai cittadini debbono, per legge, essere trasferiti allo Stato (il premier Matteo Renzi ne ha parlato di recente, qui).
Foto di copertina Pier Marco Tacca/Getty Images
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