Giornata della Memoria e dell’Accoglienza
Strage di Lampedusa, l’Europa e quel silenzio lungo dieci anni
Cosa è cambiato negli ultimi dieci anni dopo la strage del 3 ottobre 2023 a poche miglia delle coste di Lampedusa? Dal 2014 ad oggi la stima delle persone morte per raggiungere l'Europa supera le 28mila vittime. Le dichiarazione delle realtà associative, tra cui quella di Acli: «Occorrono politiche all’altezza della sfida umanitaria e di diritto con la quale oggi giorno l’Europa e l’Italia si misurano»
di Anna Spena
Sono passati dieci anni dalla strage di Lampedusa in cui morirono, a poche miglia dal porto dell’isola, 368 persone. Dal 2014 ad oggi la stima delle persone morte per raggiungere l’Europa supera le 28mila vittime.
Solo nel 2023 sono morti 11 minori a settima. In questi ultimi anni il sistema d’accoglienza è stato smontato e la disumanità è diventata una pratica politica e burocratica. Lo abbiamo raccontato in questo pezzo: “Mai più morti nel Mediterraneo”: storia della bugia più drammatica dell’ultimo decennio“.
«Questa giornata della memoria di tutti gli incolpevoli morti in mare diventi l’occasione per l’Europa e per il nostro Paese per condividere nuove possibili strategie di salvataggio in mare e sulle altre rotte terrestri e per aprire canali di accesso legali a chi scappa da guerre e persecuzioni o migra per trovare migliori condizioni di vita». Così il vicepresidente delle Associazioni cristiane lavoratori – Acli, Antonio Russo, in occasione della Giornata della Memoria e dell’Accoglienza che si celebra oggi, 3 ottobre. «Purtroppo oggi ci troviamo di fronte a un continuo rimpallo di responsabilità tra Paesi europei, compreso il nostro, chiusi in un egoismo nazionalista che nei muri e nelle barriere di filo spinato trova la delimitazione fisica della nuova idea di sovranità nazionale. Di questa logica si nutrono i Paesi europei che rifiutano in ogni modo di accogliere i migranti e a questo pensiero è orientata la legislazione italiana che si oppone alla possibilità di rendere l’Italia un Paese legalmente accessibile. Di qui nascono norme evidentemente in contrasto con la Costituzione e il diritto europeo alle quali continueremo ad opporci, come nel caso del Decreto Cutro dichiarato proprio in questi giorni illegittimo da una sentenza del Tribunale di Catania. Il messaggio che passa da questo decreto legge come da altre norme che sono ancora in fase di studio, è chiaro: il migrante in arrivo o già presente in Italia è un pericolo da cacciare il prima possibile. Ci si dimentica, troppo spesso, che le leggi europee sono, a tutti gli effetti, leggi valide sul nostro territorio da cui derivano diritti e doveri. Sono passati 10 anni dal tragico naufragio di Lampedusa del 2013, in cui persero la vita 368 persone. Perché quel “mai più” proferito da più voci quel 3 ottobre del 2013 non si cristallizzi e la memoria non si trasformi in un mero esercizio commemorativo, occorrono politiche all’altezza della sfida umanitaria e di diritto con la quale oggi giorno l’Europa e l’Italia si misurano».
Mare Nostrum, durata poco più di un anno, era un’azione nella giusta direzione ma troppo breve che non è riuscita a scongiurare negli anni successivi un’incredibile sequenza di tragici incidenti. Tra gli altri, il naufragio nel Canale di Sicilia dell’aprile 2015 in cui morirono centinaia di persone, la strage di Cutro nel febbraio 2023, con oltre 90 vittime, e il naufragio di Pylos a giugno 2023 che uccise oltre 500 persone tra uomini, donne e bambini.
«Dopo la fine di Mare Nostrum, le autorità italiane ed europee non hanno più adottato un singolo provvedimento per rafforzare il soccorso in mare e limitare in modo concreto ed efficace il susseguirsi di tragedie nel Mediterraneo», dichiara Marco Bertotto, direttore dei programmi di Medici Senza Frontiere in Italia. «Le decine di migliaia di persone annegate nel nostro mare in meno di 10 anni, di cui almeno 2.356 solo quest’anno, sono la limpida dimostrazione che un’azione di ricerca e soccorso su iniziativa degli Stati membri europei è non solo necessaria ma indispensabile e urgente. Almeno fino a quando non saranno messe in atto politiche più coraggiose, mirate a garantire canali di accesso sicuri in Europa e realmente efficaci per smantellare le vie illegali e mortifere incentivate dai trafficanti».
Oltre alla grave mancanza di un sistema di coordinamento europeo per le attività di ricerca e soccorso, la nuova legge italiana in materia di gestione dei flussi migratori (15/2023) ha contributo ad ostacolare il lavoro delle organizzazioni umanitarie attive nel Mediterraneo, osteggiate e mandate strumentalmente in porti lontani. Tutto ciò, nonostante le autorità marittime italiane – sopraffatte dal gran numero di arrivi – continuino a chiedere loro supporto per salvare vite in mare.
«Le politiche e i provvedimenti sulla migrazione dovrebbero essere in linea e non in contrasto con il diritto dell’Unione europea e del diritto internazionale in materia di attività di ricerca e salvataggio in mare. Chiunque sia trovato in mare in pericolo di vita deve essere soccorso e considerato una persona prima che ‘un migrante’», afferma Juan Matias Gil, capomissione per la ricerca e il soccorso in mare di Msf. «Quanti morti annegati in mare vogliamo ancora contare? A quanti negoziati, braccio di ferro, promesse, slogan, proclami, memorandum e accordi immorali e disumani con paesi che non rispettano i minimi standard in diritti umani, dovremo ancora assistere prima che la gestione della mobilità umana venga affrontata con maturità, ragionevolezza e soprattutto umanità?».
«Sono passati dieci anni dal naufragio del 2013 e se c’è un pensiero che ci appartiene e che dobbiamo sottolineare oggi è quello della fratellanza», scrive Rosario Valastro, presidente della Croce Rossa Italiana. «Un pensiero non retorico che può avere un senso religioso come un significato laico che sta nell’unire, nel legare la propria vita a quella degli altri. Ed è sul significato di altri che dobbiamo capirci. Come Croce Rossa Italiana siamo espressione di unità che contribuisce a dare un significato diverso alla parola altro, annullando il sentire la diversità e dunque l’estraneità come un pericolo. Siamo, nel dare valore al principio di Umanità, i testimoni operativi e sul campo di ciò che può e deve essere la fratellanza. Il ‘tutti fratelli’ mai come oggi trova attualità. La trova nella costruzione dell’Europa, la trova nell’affermare il diritto a non migrare come in quello di farlo, la trova nella lotta ai trafficanti di esseri umani come necessità anche umanitaria, la trova nella costruzione di quei confini nazionali in cui la pluralità di identità siano principio di vita nella sicurezza di un’integrazione vera. Le migrazioni sono il tempo che viviamo ed è a questo tempo che, onorando i morti di quel mare troppo spesso funereo, che non deve esistere più, dobbiamo saper costruire la vita. È un compito da far tremare i polsi. Ma è un dovere farlo. E in questo la Croce Rossa non può che essere presente».
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