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Un patto con le associazioni

In un’ottica di solidarietà saranno le regioni a coordinare i Centri trasfusionali e a equilibrare gli scompensi tra chi ha troppo sangue e chi non l’ha.

di Redazione

?Licenziata? dalla Commissione Affari sociali della Camera proprio in questi giorni, la legge 107 del 1990, riveduta e corretta, dovrebbe essere approvata in Senato entro fine anno. Parola dell?onorevole Vasco Giannotti, che della nuova normativa sul sangue è relatore. E a lui e al dottor Pasquale Colamartino, presidente nazionale dell?Avis, abbiamo chiesto di spiegare la nuova legge. «Serve innanzitutto a rilanciare e raggiungere l?obiettivo di piena autosufficienza di sangue per tutte le regioni», esordisce l?onorevole. Ma l?impresa non è delle più facili, visto e considerato che il sistema trasfusionale italiano è in piena fase involutiva. A calare, tra il 5 e il 10%, sono infatti anche le donazioni di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Come risponde la nuova 107 a questa emergenza? «Per prima cosa responsabilizzando i diretti interessati, e cioè le regioni», spiega Colamartino. «Saranno loro a decidere come organizzarsi e gestire i fondi, oltre che le loro emergenze sangue. Il che significa coordinare la domanda e l?offerta di sangue delle varie province in un ottica sempre più solidale, anche dal punto di vista organizzativo». Ma questo principio, scusi, non fa un po? a pugni con il processo di aziendalizzazione introdotto poco tempo fa? «Il punto è proprio questo», risponde Colamartino, «la nuova legge consente alle Asl di essere solidali senza perdere di vista budget e problemi di bilancio». Come?, chiediamo a Giannotti. «Con un sistema di compensazione per favorire lo scambio tra chi ha troppo sangue e chi non ne ha. Sempre, chiaramente, tenendo fede al principio che sul sangue non si può fare profitto. Mettiamola così: le Asl che raccolgono sangue in eccedenza potranno, entro certi limiti e tariffe fissate dalla legge, cederlo a quelle che ne sono carenti. Lo stesso dicasi per gli emoderivati». E i problemi di coordinamento a livello regionale e nazionale? «Per quanto riguarda le regioni», spiega Giannotti, «spingeremo perché ciascuna si doti di un solo Centro di coordinamento che amministri diversi Dipartimenti trasfusionali pianificandone il numero, la raccolta e la distribuzione del sangue. A livello nazionale, invece, sarà il ministero della Sanità a coordinare le regioni tramite una apposita unità preposta a garantire l?autosufficienza del sangue». «Abbiamo cercato di rendere il ?sistema sangue? il più trasparente possibile», aggiunge Colamartino, «fissando compiti e ruoli ben precisi. Immaginatevi una piramide di responsabilità: i Dipartimenti trasfusionali coordinati dalle regioni e queste dall?unità ministeriale. Altra novità, comunque, è la ridefinizione dei rapporti con l?industria per la produzione e distribuzione degli emoderivati». «Ci siamo aperti all?Europa», spiega Giannotti, «senza dimenticare chi investe in Italia. Mi spiego: prima gli emoderivati poteva fornirli solo chi li produceva interamente nel nostro Paese. E così, purtroppo, si era creata anche una situazione di monopolio. Ora invece, in Italia deve essere fatta solo l?operazione di frazionamento, e il resto della lavorazione può essere eseguita fuori». E il volontariato? Buone notizie: le associazioni diventeranno un vero e proprio partner del sistema sanitario italiano. «Coinvolte e finanziate», spiega Colamartino, «dall?unità ministeriale per organizzare grandi progetti come campagne di sensibilizzazione. Ma, soprattutto, dalle singole regioni che con le associazioni pianificheranno bisogni e attività trasfusionali. La realizzazione su tutto il territorio nazionale di una disciplina che rafforzi il ruolo e le funzioni delle organizzazioni di volontariato è, insomma, un punto decisivo della nuova legge sul sangue. Chi meglio dell?associazionismo può aiutare il nostro Paese a coprire il suo fabbisogno di sangue costruendo un sistema economico, sì, ma soprattutto solidale?».


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