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Elezioni Sardegna

Il Terzo settore chiama ma rispondono soltanto due candidati su quattro

All'incontro promosso dal mondo della cooperazione, del privato sociale e del volontariato si sono presentate le due donne, Lucia Chessa e Alessandra Todde. Assenze (strategiche?) di Renato Soru e Paolo Truzzu. Due ore di confronto sui temi proposti dal Forum del Terzo settore Sardegna

di Luigi Alfonso

Hanno risposto soltanto le donne. All’invito del Forum Terzo settore della Sardegna rivolto ai quattro candidati alla presidenza della Regione (elezioni il 25 febbraio) si sono presentate Lucia Chessa e Alessandra Todde. Al centro culturale Il Lazzaretto di Cagliari, oltre a Paolo Truzzu (rappresentante unico del centrodestra, che probabilmente non ha voluto farsi carico del disastro lasciato dalla Giunta uscente in materia di politiche sociosanitarie) è mancato pure Renato Soru, che avrebbe dovuto partecipare con un collegamento a distanza.

Da buon cerimoniere, il portavoce del Forum, Andrea Pianu, non ha posto l’accento sulle assenze ma è andato dritto al punto. Anzi, ai punti da dibattere. Nel suo intervento introduttivo li ha elencati uno per uno: il futuro delle nuove generazioni; la giustizia climatica e sociale; i servizi territoriali per l’assistenza e la salute; le politiche per la popolazione anziana; l’inclusione e i diritti delle persone con disabilità; il ruolo del Terzo settore in una reale pratica di amministrazione condivisa. Con alcuni problemi di assoluta emergenza: salute mentale, dipendenze, servizi per i minori e strutture per gli anziani.

Il settore sociosanitario. Due ore abbondanti di confronto, condotto dal giornalista Ivan Paone e stimolato dai rappresentanti delle tante realtà del mondo cooperativistico, del privato sociale e del volontariato, che muove decine di migliaia di persone in tutta l’Isola. Antonello Caria (Acli Sardegna, referente dell’associazione “Prima la comunità”) ha lanciato l’allarme sui progetti delle Case della comunità, «che al momento sono fermi e sono indispensabili per fornire adeguati servizi alla persona nei territori». Lucia Coi, presidente dell’Anpas Sardegna che rappresenta 40 associazioni isolane, ha posto il problema dell’emergenza-urgenza, chiedendo alle due candidate «quale sarà il destino di questo settore? La convenzione con l’Areus è ferma al 2011 e non tiene conto della recente riforma sanitaria». Silvio Obinu, del coordinamento regionale di Legacoopsociali, ha invece ricordato il vulnus dei Plus «in un tempo in cui non esistono più i Piani d’ambito come in passato. Vanno riprogrammati, possibilmente ascoltando il fabbisogno dei territori: in questo possono dare un grande contributo le cooperative sociali, sentinelle che vanno coinvolte nella co-programmazione».

Lucia Chessa

Lucia Chessa ha fatto una lunga premessa, spiegando che questa legge elettorale non dà scampo a una formazione come la sua, slegata da partiti e grandi coalizioni. Ma non si è sottratta al dibattito. «La salute va intesa come prevenzione del disagio, e in questo il Terzo settore può essere protagonista. Le ultime due riforme della sanità regionale, a mio avviso entrambe sbagliate, hanno disatteso le aspettative dei sardi: la prima ha pensato soltanto a far quadrare i conti senza guardare ai problemi della salute pubblica, la seconda ha provocato il deserto dei presìdi nei territori».

Alessandra Todde, sorretta da una coalizione ampia che racchiude anche M5S e Pd, è andata dritta al sodo: «In tanti parlano di co-programmazione, ma la Regione deve intanto pensare alla programmazione: un tema che non è stato considerato fondamentale dalla Giunta uscente, visto che per due anni il Centro regionale di programmazione è rimasto senza direttore generale. L’ultima legislatura di fatto ha portato alla privatizzazione della sanità. Vogliamo utilizzare il Pnrr pensando ai Distretti e alle Case della comunità, appoggiandoci ai servizi erogati dal Terzo settore in maniera condivisa con gli enti locali, che oggi sono soltanto centrali di spesa. Vogliamo uscire dalla logica secondo la quale tutto ciò che è salute è un costo».

Alessandra Todde

I giovani. Di politiche giovanili ha parlato Franco Uda (presidente Arci srvizio civile Sardegna): «Il servizio civile è uno dei pochi interventi davvero efficaci, mette insieme lo Stato e il privato sociale ed è una palestra di partecipazione e cittadinanza attiva. Alla Regione chiediamo di promuovere un tavolo interistituzionale, coinvolgendo da una parte l’Aspal (l’Agenzia sarda per le politiche attive del lavoro) e dall’altra l’Anci e tutto il sistema degli enti locali. E poi occorre promuovere la cultura del servizio civile per estendere la platea di giovani che possano usufruire di questa importante opportunità; e promuovere nelle scuole e nei centri di aggregazione giovanile progetti di educazione alla pace, alla nonviolenza, al disarmo».

«È importante parlare con i giovani e non dei giovani, come solitamente si fa», ha rimarcato Todde. «La politica spesso ha con loro un approccio paternalistico. Dobbiamo coinvolgerli in progetti che consentano loro di costruirsi il futuro, e non di pensare soltanto a fare curriculum. Bisogna poi rivedere una serie di meccanismi: è impensabile che le borse di studio universitarie vengano erogate con sette mesi e più di ritardo, perché così viene meno il diritto allo studio».

«Insegno da tanti anni in una scuola superiore e conosco bene i problemi dei ragazzi», ha detto Chessa. «Hanno un atteggiamento ragionevolmente accusatorio nei confronti della mia generazione perché, mi dicono sempre, lasciamo loro tante macerie: ambientali, sociali, occupazionali (con un futuro di precariato). Sanno che non potranno contare sulla pensione, così come è stato sinora. Hanno bisogno di certezze ma anche di occasioni di socialità. Personalmente immagino le scuole aperte tutto il giorno e arricchite delle professionalità del Terzo settore, non del lavoro prolungato degli insegnanti. Per 15 giorni ho visitato scuole di questo tipo a Marsiglia, dove ci sono spazi autogestiti dagli studenti e attività per tutti, non solo per chi può permetterselo. Proviamo a spendere meglio le risorse del Pnrr perché in futuro quei soldi li dovranno restituire gli adolescenti di oggi».

Sviluppo sostenibile e gestione del territorio. La guerra non riguarda soltanto luoghi lontani da noi: lo ha ricordato Carla Migoni di Legambiente. «Il 65% del demanio militare nazionale sta in Sardegna. Qui vengono sperimentati armamenti di Paesi stranieri, che contaminano i nostri territori con sostanze cancerogene e inquinanti: un’area di Teulada, nell’ultimo decennio, è stata colpita da 400mila bombe, compresi undicimila razzi Milan. È l’emblema di uno scempio ambientale che sta provocando terribili malattie e persino malformazioni a neonati e bambini. L’Isola aspira alla pace, chiediamo immediate bonifiche e il ripristino ambientale di quei luoghi martoriati».

Il responsabile scientifico di Legambiente Sardegna, Giorgio Querzoli, ha parlato invece di cambiamenti climatici e transizione ecologica. «Occorre una rivoluzione di sistema che, se gestita e non subita, possa produrre effetti positivi anche dal punto di vista economico. La siccità è preoccupante, non possiamo più permetterci le perdite di acqua potabile nelle reti cittadine. Infine, guardiamo con convinzione alle risorse del Parco Geominerario quale strumento di sviluppo sostenibile».

«Sulle servitù militari esiste una Commissione paritetica, ma mi risulta che il presidente Solinas in questi anni non si sia mai presentato», ha chiarito Todde. «Parlando degli effetti delle guerre simulate in Sardegna, mi viene da dire che ancora non disponiamo del Registro dei tumori, e questa è una vergogna. Come è vergognoso che molti parlamentari sardi abbiano votato il passaggio del Decreto Energia che prevede la destinazione delle scorie nelle nostre basi militari. Non siamo la pattumiera d’Italia, vigileremo per capire che cosa accade nei poligoni. Sul fronte acqua, serve una legge di governo del territorio che si occupi di diverse materie: paesaggio, rifiuti, risorse idriche, concessioni idroelettriche. L’acqua serve anche per produrre energia pulita. E se penso ad Abbanoa (il gestore unico del servizio idrico integrato in Sardegna, ndr), dico che ci sono tante cose da rivedere. Non possiamo correre il rischio di affidare un bene pubblico di vitale importanza a una società privata. Infine, le concessioni per le rinnovabili sono fuori controllo: sole, vento e mare sono nostri, e noi li dobbiamo gestire oculatamente».

«La questione dei poligoni ci sta molto a cuore», le ha fatto eco Chessa. «È vero che la Regione non si presentava ai tavoli tecnici ma è pur vero che lo Stato non ha rispettato gli accordi sulle dismissioni. L’altro giorno ho partecipato a una manifestazione dei familiari delle vittime dell’uranio impoverito, che riguarda 8.500 militari (molti ormai morti) sui quali è calato un silenzio tombale. Dei civili neppure si occupano. Chi si ammala viene licenziato perché ritenuto non idoneo al lavoro, e viene pure sfrattato dall’alloggio militare: lui e la sua famiglia. Sul tema energia dico che non c’è dubbio che la Sardegna debba contribuire alla transizione energetica, ma non per questo dobbiamo subire l’assalto dell’eolico».

Una Sardegna inclusiva. Da un caregiver è arrivato un accorato appello. Pierangelo Cappai, della Federazione italiana superamento dell’handicap – Fish, ha parlato della legge regionale n. 162/1998. «All’inizio ne beneficiavano alcune centinaia di persone, oggi siamo arrivati a 45mila utenti. Senza di essa, mio figlio non avrebbe potuto avere tante opportunità di assistenza e inclusione sociale. Vi chiedo: quale impegno assumete non solo per mantenerla ma per adeguare le risorse finanziarie, considerando che bisogna sostenere anche i progetti di vita indipendente e il “Dopo di noi”?».

Aldo Dessì (Arci) ha parlato delle proiezioni demografiche, «che parlano di un progressivo spopolamento della Sardegna con ulteriori polarizzazioni nelle aree urbane di Cagliari e Sassari. Senza contare il progressivo invecchiamento della popolazione. Scuole e università sono servizi fondamentali ma occorrono anche le attività culturali delle associazioni, perché riconnettono le nostre comunità. In Sardegna si spendono tanti quattrini per i grandi eventi, che durano poche ore o qualche giorno: è questa l’idea di cultura che si vuole sostenere? Se vogliamo consentire ai giovani di spendere qui le loro competenze, per esempio quelle maturate attraverso il servizio civile, dobbiamo dare loro concrete opportunità di lavoro. Puntiamo a un’economia di pace».

Chessa ha risposto alle questioni poste dal rappresentante Fish: «Problematiche che ben conosciamo e che riguardano anche gli anziani, non solo le persone con disabilità. Una donna di recente mi ha detto: hanno prolungato la vecchiaia, non la vita. Ha ragione. Spesso questo è sinonimo di solitudine. Gli anziani non possono essere sradicati dalle loro case, dalle loro famiglie, solo perché manca l’assistenza territoriale. Questo sta accadendo nell’Isola. Agli anziani ora si richiedono anche le competenze digitali, per gestire lo Spid o altri servizi. Se in Sardegna non si trovano più i medici di base, non è casuale: qualcuno lo ha voluto. Le formazioni politiche oggi sedute in Consiglio regionale non ci stanno proteggendo da questi problemi».

«Occorre un cambio di paradigma, perché la diversità è ricchezza», ha concluso Todde. «Non è uno slogan elettorale: le 14 forze politiche che rappresento hanno ognuna la sua storia, la propria specificità. Ma guardiamo all’interesse collettivo e ciascuno di noi ha fatto un passo indietro. Dobbiamo smettere di parlare di spopolamento senza aver parlato delle cause, come i disservizi nella sanità e nei trasporti, e un sistema del credito che ci respinge. Possiamo cambiare ciò che è stato fatto negli ultimi cinque anni, la Sardegna è stata la regione che ha utilizzato di meno i fondi europei, appena il 12%: siamo i peggiori spenditori. Il tema delle competenze sarà il nostro faro. E parlando di cultura, ricordo che la Giunta Solinas ha investito appena 30 milioni di euro dei 7 miliardi in bilancio: questo la dice lunga. Va ripensato tutto il sistema per attrarre nuovi investitori. E poi è fondamentale la formazione, soprattutto sul versante delle nuove tecnologie in cui l’Isola ha tanto da dire».