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Lo scommettitore va in comunit

La patologia da gioco d’azzardo sconosciuta al Servizio Sanitario

di Carlotta Jesi

Quanto guadagna lo Stato italiano dal malessere sociale dei suoi cittadini? Tra schedine del totocalcio, viedopoker e gratta e vinci, una media di 25 mila miliardi l?anno. L?1,5% del Pil nazionale. E, sul piano economico, una business idea che più perfetta di così non si può: con casinò, scommesse autorizzate e lotterie, lo Stato stimola la domanda di gioco, la soddisfa e intasca i risparmi degli italiani. Un successo, insomma. Già, se ne fosse che, a furia di scommettere e credere solo nella dea bendata, di gioco d?azzardo s?ammala quasi il 3% dei cittadini adulti. Di cui lo Stato si lava le mani: per curarli, neanche una lira. «E come potrebbe essere altrimenti? Questa dipendenza, su cui l?Organizzazione Mondiale della Sanità invita i governi a prendere provvedimenti da oltre vent?anni, per il nostro Sistema Sanitario Nazionale non è neppure una patologia», spiega lo psichiatra Cesare Guerreschi. Fondatore della ?Società italiana interventi patologie d?azzardo compulsivo?, direttore di un centro terapeutico per i giocatori in crisi di astinenza a Bolzano e fermamente convinto che «il gioco sarà la dipendenza del 2000». Per ora i più colpiti sono giovani tra i 15 e i 34 anni, dipendenti dal videopoker, ma con Bingo, Formula 101 e Lotto telematico, i tre nuovi giochi lanciati dal ministero delle Finanze, di occasioni per ammalarsi ce n?è per tutti. Pochissime ed esclusivamente gestite dal Terzo settore, invece, le opportunità di curarsi. «Nel nostro centro, una vera e propria comunità terapeutica con dieci posti letto e 15 semiresidenziali, i giocatori compulsivi passano da un minimo di 3 a un massimo di 12 mesi; curare un paziente che al gioco spende da 500 mila a 100 milioni al giorno, costa da 180 a 600 mila lire ogni otto ore». Tutte a carico dell?utente e del non profit. Che, se in Gran Bretagna è direttamente finanziato dalla National Lottery e negli ultimi cinque anni grazie alle scommesse dei cittadini ha ricevuto 21 miliardi di lire, in Italia deve inventarsi modalità e finanziamenti per riparare i danni sociali del gioco d?azzardo. «Di questo problema nessun ministero vuole assumersi competenza e responsabilità», spiega lo psichiatra Riccardo Zerbetto, presidente della Federazione Italiana Associazioni di Psicoterapia. «Gli Affari Sociali non vogliono utilizzare il fondo per la lotta alla droga perché sostengono che in questa patologia non c?è droga da combattere». Mentre il massimo che il ministero della Sanità può offrire al professor Zerbetto è il patrocinio al convegno ?Il Gioco e l?azzardo? (vedi box) da scrivere in calce ai biglietti di invito. Tutto qui? Ma davvero uno Stato che istiga i cittadini all?azzardo non può aiutare chi si ammala al punto di imbrogliare e derubare la famiglia pur di scommettere sulla dea bendata? «No, certo», risponde Zerbetto, «in America da anni le strutture pubbliche sono attrezzate a gestire questo fenomeno. E se non si è disposti ad investire sul benessere sociale, che almeno lo Stato ?benedica? la proposta delle associazioni: formare operatori specializzati ci pensiamo noi, ma il denaro per farlo deve arrivare dai grandi concessionari che gestiscono scommesse e concorsi pronostici per conto del ministero delle Finanze». Lottomatica e Sisal in testa che, da sole, hanno intascato rispettivamente 21 mila e 6500 miliardi nel ?99. Fatturati da cui basterebbe stornare pochi milioni perché la Federazione Italiana delle Associazioni di Psicoterapia possa creare un network di operatori Sert e liberi professionisti esperti nella cura della patologia d?azzardo cui indirizzare, tramite un numero verde, le famiglie che hanno bisogno di aiuto.


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