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Gli anti G8 ci ripensano: via dalla trappola

Dopo gli scontri di Goteborg, il fronte degli antiglobalizzatori si sta dividendo tra chi ci andrà, chi no e chi ci sta ripensando

di Gabriella Meroni

Meglio a casa che in piazza con le signore vip Fino a poco tempo fa sarebbe sembrato assurdo non esserci. Impensabile non andare a Genova, per il G8, a manifestare contro i potenti della terra e la loro globalizzazione. Il fronte dei contestatori era tanto composito quanto compatto, e da un capo all?altro dell?Italia (per non dire del mondo) si vedeva già all?imbocco dei carrugi a sfidare l?esercito per cercare di entrare nella Zona Rossa. Era diventato quasi di moda, con le signore del bel mondo politico e non, da Giovanna Melandri a Milly Moratti, pronte a sfilare a fianco degli anarchici. Poi c?è stata Goteborg, e le ferite del giovane svedese abbattuto da un poliziotto isterico. Un fermo immagine che ha fermato molti, spingendoli a riflettere se fosse il caso di offrire a Bush e soci il più comodo degli alibi: il doversi difendere dalla violenza della guerriglia, come vittime della piazza. Uno dei primi a capire il rischio è stato Fausto Bertinotti, che ha pubblicamente invocato la sospensione del vertice. L?ha seguito Legambiente, da sempre in prima linea tra gli anti-G8, che si è unita alla richiesta di rinviare tutto. Non manca chi ha deciso che a Genova non ci andrà per niente, come la Caritas e la Focsiv (le ong cristiane), che hanno organizzato un altro incontro sempre a Genova, ma il 7 luglio, per discutere di debito e povertà. Insomma, il fronte degli antiglobalizzatori si sta dividendo tra chi a Genova ci andrà comunque, chi diserterà e chi ci sta ripensando. E se anche un battitore libero – ma ascoltatissimo – come Beppe Grillo urla di «lasciare soli» gli otto «potenti extracomunitari» che invaderanno la sua città, significa che qualcosa sta succedendo. E che il 20 luglio molti ex irriducibili andranno al mare. Non a Genova, ovviamente. IO NON CI VADO Bobba, Marelli, Moro Mancano le condizioni per essere ascoltati Luigi Bobba apre la pattuglia di chi, a oggi, pensa che «non ci siano le condizioni» per esprimere una protesta pacifica. Se il G8 fosse domani, quindi, starebbe a casa. «Il rischio che le ragioni dell?opposizione al G8 vengano sommerse dalle notizie di cronaca sugli incidenti è drammaticamente attuale», sottolinea il presidente delle Acli. «Andare a Genova vorrebbe dire alimentare una spirale inutile di violenza e farsi omologare ai teppisti. Allora tanto vale non prestarsi al gioco e rinunciare». Anche Sergio Marelli, presidente dell?Associazione delle ong italiane, ha preso altri impegni per i giorni del vertice. «Non ci andrò», afferma, «e non certo per irresponsabilità. Pochi come noi, che lavoriamo ogni giorno contro le piaghe provocate nei Paesi poveri dal debito, capiscono quanto sia urgente intervenire. Ma non a Genova. Quella dei G8 è solo una riunione privata, non sono loro il governo del mondo. Non diamogli troppa importanza». Per Riccardo Moro, invece, economista e responsabile della campagna Cei per la cancellazione del debito, disertare Genova è anche una questione di stile. Da tempo infatti il professore, come lo chiamano i suoi amici missionari, è impegnato in un sottile lavoro diplomatico con gli sherpa del governo italiano incaricati di stendere i documenti per il G8 e con i vertici delle istituzioni finanziarie per cercare di inserire nei ?paper? sul debito alcuni spiragli che spianino la strada verso la cancellazione totale. «Non potrei sedermi al tavolo delle trattative e poi scendere in piazza a manifestare», dice. «E poi ho davvero paura delle violenze, che ci indeboliscono e ci delegittimano. Rischiamo di non farci ascoltare né a Genova né, soprattutto, dopo». Fuori dal mondo cattolico, l?idea di lasciare soli i Grandi è espressa meno apertamente. Alcuni esponenti di organizzazioni come Arci e Wwf, per esempio, sono disposti ad ammettere che rimarranno a casa, ma solo in cambio dell?anonimato. Perché le organizzazioni di riferimento, ufficialmente, saranno in piazza. Anche se forse a ranghi ridotti. IO NON LO SO Senni, Bertotto, Bologna Difficile resistere alla tentazione dell?assenza I dubbi ci sono, sono tanti e crescono di ora in ora. La linea Grillo vince a man bassa, per esempio, tra le fila di Greenpeace, che già si era dissociata dalle proteste insanguinate di Goteborg. «Una Genova deserta? Magari! Sarebbe un segnale fortissimo», dice il direttore generale per l?Italia Domitilla Senni. «Purtroppo non sarà così, perché c?è sempre chi ambisce solo alle luci dei riflettori. Temo che assisteremo a scene poco edificanti». Ma lei il 20 luglio che farà? «Io? Non lo so. Giuro. Ci sto pensando». Rimane fuori dal coro anche Amnesty International, che ha scelto di non aderire ad alcun coordinamento anti G8, e quindi a Genova non ci sarà, pur schierandosi contro la globalizzazione e a favore del diritto a manifestare. «Siamo più volte intervenuti, con lettere ai governi e con i nostri rapporti sui diritti umani, sulla necessità di garantire la sicurezza di chi partecipa a un vertice o a un controvertice», dichiara il neopresidente della sezione italiana Marco Bertotto. «Ma la nostra associazione lavora in maniera diversa. Per noi l?emergenza di chi sfrutta le persone nel nome della globalizzazione rimane, che il vertice si faccia oppure no». Quanto alla partecipazione a Genova, «non so cosa faranno i nostri soci», risponde diplomaticamente Bertotto. Addirittura entusiasta della proposta di Grillo si dichiara Gianfranco Bologna, portavoce del Wwf. «Beppe ha espresso un?idea che io vado dicendo da mesi», esclama. «E da quando l?ho scritta su alcune riviste ricevo decine di lettere di persone d?accordo con me. Anche nella rete di Lilliput il dibattito è aperto, e ogni giorno qualcuno annuncia che a Genova non ci andrà». Gianfranco Bologna cita alcuni ?nodi?, cioè gruppi locali, di Lilliput che hanno intenzione di organizzare iniziative anti globalizzazione nelle loro città in contemporanea con il vertice. Accadrà a Latina, Ravenna, Empoli… «I metodi di una parte del movimento anti G8 sono inaccettabili», sottolinea Bologna. «La loro idea di non violenza – se mi fai fare quello che voglio sono pacifico, se me lo impedisci hai cominciato tu, quindi sono violento anch?io – fa naufragare anni di impegno per renderci credibili. Piuttosto di finire in una manifestazione delle loro, preferisco stare dentro il palazzo dei G8. In cui entrerò come giornalista accreditato». IO CI VADO Agnoletto, Farina, De Fraia Se si farà, ci andremo. E speriamo bene A sinistra la posizione vincente è quella di Bertinotti. Meglio, molto meglio sarebbe annullare il G8, rimandarlo, sospenderlo. Ma se si fa, si va. Ovviamente con intenti pacifici. «Siamo sempre stati contrari al G8 perché non è un organo democratico e legittimato», afferma Vittorio Agnoletto, deputato di Rifondazione e leader italiano del World Social Forum. «E ora ne chiediamo con forza la cancellazione. Se si farà, però, saremo lì a sostenere le nostre ragioni, in maniera non violenta». Nessun timore di essere confusi con i facinorosi? «Da tempo lavoriamo sui contenuti, per cui non temiamo che la gente fraintenda il senso della protesta per sporadici episodi di violenza». D?accordo, anche se più arrabbiato, Daniele Farina del centro sociale Leoncavallo di Milano. «Ha ragione Bertinotti, il G8 va cancellato. Ma non scherziamo sul fatto di non andarci perché, dopo Goteborg, la gente crederebbe che essere anti globalizzazione vuol dire solo sfasciare le vetrine. Ci andremo invece proprio per far capire che non siamo come la polizia svedese ha voluto farci apparire, e per non fare il gioco di chi da mesi strumentalizza la violenza». Chi non ha dubbi sul da farsi è Luca De Fraia di Sdebitarsi, l?organizzazione impegnata contro il debito. «Al G8 ci vado lo stesso, anche se un po? di timore che tutti i messaggi positivi del controvertice possano perdersi in scontri ed episodi di piazza ce l?ho», confessa. «Cancellare il G8? Io non ci credo. Penso, piuttosto, che i grandi del mondo vadano sfidati a usare il loro potere per costruire un mondo diverso».


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