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La nuova vita della Agnelli. Il Faro di Susanna

Susanna Agnelli è presidente di una fondazione, nata per aiutare i ragazzi di strada insegnando loro un mestiere.

di Paolo Manzo

“In Italia quando uno ha smesso di fare il ministro cerca subito di infilarsi in qualche commissione. A me un?idea del genere metteva tristezza”: così Susanna Agnelli, 80 anni, già ministro degli Esteri del governo Dini, ha scelto un?altra strada. Ha creato Il Faro, una fondazione di cui fa la presidente «per risolvere il vero problema dell?Italia, e dare il mio contributo». Quale problema, signora Agnelli? «Gli immigrati che giravano per la Penisola lavando vetri. Per aiutarli, la cosa migliore che potessi fare era trovare un modo per insegnare loro un mestiere, per guadagnarsi la vita». Per rendere operativo il suo piano la signora Agnelli nel 1997 crea una fondazione, Il Faro. Nel cuore verde di Roma, Il Faro sorge in quella che, nel 1958, era nata come Scuola convitto per infermiere professionali. E, in quella che oggi è un?affermata scuola professionale con laboratori di falegnameria, tappezzeria, sartoria, serigrafia, pizzeria, cioccolateria, scuola per parrucchieri, scuola di cucina e di musica, vivevano all?epoca oltre 300 infermiere. «Che, ogni anno, entravano sul mercato del lavoro come caposala specializzate e infermiere diplomate. Ottime professioniste», spiega con dovizia di particolari l?ex ministro degli Esteri. Vita: Perché non c?è più quella scuola? Susanna Agnelli: In Italia quando si fanno delle leggi, di solito, si fanno sbagliate. S?iniziò col dire che le infermiere non potevano provenire da regioni diverse da quelle in cui vivevano. Per cui, ex lege, si stabilì che dovevano essere solo del Lazio. Non contenti, nel 1978 abolirono i convitti per le infermiere professionali e, per continuare, dovemmo far finta d?affittare a delle suore che gestivano un convitto. Ma era un nonsense mantenere una struttura così grande quasi vuota. Vita: Soddisfatta di questi 5 anni al Faro? Agnelli: Sì, perché credo sia un grande successo anche se, naturalmente, i nostri numeri sono abbastanza modesti. Se lei mi chiede quanti ragazzi abbiamo avviato al lavoro il primo anno al Faro, io le rispondo 170. Solo 170. Ma sono 170 ragazzi che, senza di noi, starebbero in mezzo alla strada a fare i delinquenti?ed è dalle piccole cose che nascono le grandi. Vita: La storia più bella da presidente? Agnelli: Le racconto un caso emblematico. L?Ibm ha fatto un corso di programmatori per i nostri ragazzi. Su 10 l?hanno finito in 7. Al momento della consegna degli attestati, ho detto di raccontare, ognuno singolarmente, le loro storie personali. Il primo disse: «Sono moldavo e, ora che sono programmatore di computer, la mia vita cambierà». L?altro si presentò così: «Sono di Capo Verde e potrò finalmente andare a lavorare in un?agenzia turistica». La terza era una ragazza nigeriana. Poi c?era un albanese e un giovane dell?Eritrea. Ma il più ?sensazionale? era l?ultimo che, timido, venne avanti e disse: «Io sono italiano. Sono un ex detenuto, ho fatto questo corso e adesso troverò lavoro». Mi commossi perché in quel momento capii che, insegnare un lavoro a questi ragazzi, vale davvero la pena. Vita: Spesso anche una goccia nel mare può significare molto… Agnelli: Guardi, ho vissuto molto negli Stati Uniti. Ma ricordo bene ciò che mi disse una suora, famosa negli Usa, che lavorava nelle carceri. La andai a trovare e le espressi la mia impotenza di fronte alla povertà nel mondo. Lei mi disse: «Ricordati una cosa. Nella vita se anche uno salva una sola persona valeva comunque la pena di vivere». È vero, no? Vita: Come vi muovete per il fund raising? Agnelli: A 360 gradi. Ma devo, con rammarico, riconoscere che l?aiuto che ci è stato dato dalle strutture pubbliche è praticamente nullo. Siamo finanziati da privati. È malinconico dirlo, perché qui sono venuti tutti i presidenti di Regione, di Provincia, i sindaci, ecc. Ci dicono che è grandioso pensare che a Roma esista una struttura come la nostra, e poi?nulla. Vita: Da poco avete sviluppato un progetto con l?Argentina. Lo può spiegare? Agnelli: Ho vissuto là per dieci anni. Ho figli e nipoti argentini. È un Paese che mi sta a cuore e so qual è la sua situazione. Drammatica. Perciò, avendo una struttura come Il Faro, ho pensato di aiutare un centinaio di ragazzi italo-argentini. Abbiamo stipulato un accordo con Autogrill che assumerà i ragazzi da noi formati. I primi 10 stanno già lavorando a Milano. Gli altri stanno arrivando a gruppetti. Vita: Ha mai fatto lobbying a fin di bene? Agnelli: Certo, l?ho fatto affinché, per i ragazzi di 18 anni che avevano un contratto di lavoro ed erano entrati in affidamento, non fosse obbligatorio il rientro nella loro patria d?origine. Per modificare questa legge ?cretina? ho fatto lobbying. I ragazzi vivevano in istituti e arrivavano da noi, su segnalazione di assistenti sociali. Imparavano un mestiere, gli offrivano un lavoro ma, poi, non potevano essere assunti perché a 18 anni erano espulsi dall?Italia. Un controsenso. Ma mi sembra che tutti abbiano recepito le mie istanze. Vita: Altro tema caldo è quello delle donazioni. A che punto siamo? Agnelli: Negli Usa e in Inghilterra chi vuol donare può detassare tutto. Da noi no. Avevo sentito Berlusconi dire in tv, prima d?essere eletto che, una volta in carica, avrebbe detassato tutte le donazioni. Ma una legge in tal senso non l?ho ancora vista e, per quanto posso, ogni volta che parlo in pubblico lo ripeto sempre: finché non si decidono a detassare le donazioni, sarà difficile che queste aumentino? Info: www.ilfaro.it


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