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Iraq: Unicef, la guerra colpirebbe solo i bambini

''Se ci fosse una nuova guerra in Iraq, ancora una volta, come in tutti i conflitti, sarebbero i bambini a pagarne il prezzo piu' alto", lo dice il presidente dell'Unicef Italia, Giovanni Mical

di Redazione

”Se ci fosse una nuova guerra in Iraq, ancora una volta, come in tutti i conflitti, sarebbero i bambini a pagarne il prezzo piu’ alto. Bambini che gia’ oggi continuano a subire le conseguenze delle guerre del passato. Per questo ribadiamo il nostro impegno a fianco dei colleghi che operano in Iraq, perche’ noi dell’Unicef stiamo da una sola parte: dalla parte dei bambini – in pace e in guerra”. Questa la dichiarazione del presidente dell’Unicef Italia, Giovanni Micali, che sottolinea come l’Unicef abbia costantemente operato in Iraq e intenda continuare a farlo. I programmi dell’Unicef, avviati negli anni Ottanta, si ampliarono durante la guerra del Golfo (quando convogli di aiuti Unicef, guidati dall’allora rappresentante in Iraq Gianni Murzi, furono fatti arrivare dal confine iraniano anche durante i bombardamenti su Baghdad) e soprattutto – si legge in una nota – negli anni successivi, a fronte del costante peggioramento della condizione dei bambini iracheni. L’impatto di oltre un decennio di sanzioni e gli effetti di due guerre di grande entita’ sulla popolazione, e in particolare sui bambini e le donne, sono stati ben documentati dalle ricerche condotte dall’Unicef su mortalita’ infantile, malnutrizione, malattie. Negli anni Novanta il tasso di mortalita’ dei bambini sotto i cinque anni e’ stato due volte e mezzo superiore a quello del decennio precedente. In nessun paese del mondo la mortalita’ infantile e’ aumentata in modo cosi’ drammatico. Negli ultimi due anni la situazione sta leggermente migliorando, grazie al calo dei livelli di malnutrizione dovuto alle razioni e soprattutto ai programmi di controllo della crescita e integrazione alimentare: tuttavia oggi un bambino su 5 continua a essere malnutrito e 13 bambini su cento non arrivano a compiere cinque anni. – Se fosse continuata la tendenza alla riduzione della mortalita’ infantile che caratterizzava l’Iraq durante gli anni Ottanta – in altre parole, se non ci fossero state due guerre, se le sanzioni non fossero state imposte e le politiche sociali fossero state costanti – nel decennio Novanta nel paese sarebbero morti mezzo milione di bambini sotto i cinque anni in meno. Il 70% della mortalita’ infantile – prosegue la nota – e’ dovuta a diarrea e infezioni respiratorie. Fra il 1990 e il 2000 la disponibilita’ d’acqua potabile pro capite e’ passata da 330 litri a 150 a Baghdad, da 180 a 60 nelle zone rurali; ogni giorno 500 tonnellate di liquami non trattati sversano direttamente nei fiumi da cui proviene l’acqua per uso domestico. Il 17,5% dei bambini e il 31,2% delle bambine non va a scuola, (fino al 1990 la scolarizzazione universale era un obiettivo di fatto raggiunto per maschi e femmine), 8613 scuole sono distrutte o di fatto inagibili. Tra il 1991 e il 1997 il volume degli aiuti diretti Unicef (oltre ai fondi ”Oil for Food”) ha superato i 200 milioni di dollari, cui poi si sono aggiunti i fondi derivanti dal programma ”oil for food”.


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