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Sanità & Ricerca

Dialisi e trapianti, i due fronti di Franca

La presidente dell’Associazione emodializzati. Da trent’anni lotta perché i malati di reni possano curarsi e continuare a vivere.

di Benedetta Verrini

Il cuore arriva in un contenitore termico di quelli che si usano per i pic-nic. è piccolo e grigio. Viene inserito nel petto, collegato ai vasi sanguigni. Resta inerte fino a quando il chirurgo non lo prende e lo comprime con la mano. Allora, in un guizzo, inizia a battere da solo, di nuovo vitale. Da quando ho visto questo miracolo, sul trapianto ho un?opinione completamente diversa. Non è vero che gli organi danno la vita alla gente. è il malato che ridà la vita agli organi”. Che Franca Pellini sia una donna forte e diretta, si capisce al primo sguardo. Non è solo per la sua semplicità disarmante o per gli occhi fini e indagatori. Ti colpisce per il suo carisma e la sua schiettezza. Classe 1931, una laurea in legge, fondatrice e presidente dell?Aned – Associazione nazionale emodializzati, componente della Consulta nazionale trapianti, è da oltre trent?anni a fianco dei malati. Da combattente, visto che di battaglie civili e legali per la conquista dei diritti fondamentali di dializzati e trapiantati ne ha fatte tante. La settimana scorsa ha ricevuto al Quirinale la sua terza medaglia al merito della Sanità. Sull?argomento, nonostante tutto, lei si imbarazza e minimizza. Vita: La storia di Aned parte a Milano nel 1972 con 70 soci e 5mila lire in cassa. In trent?anni avete raccolto 55mila adesioni e conquistato un ruolo da protagonisti. Come è iniziata? Franca Pellini: Nel 1969 facevo volontariato all?ospedale San Carlo di Milano. Lì c?era uno dei primissimi centri dialisi della città. Quei primi trattamenti, benché consentissero la sopravvivenza dei malati, erano terribili: duravano 12 ore ogni giorno. Ho iniziato a occuparmi di una ragazzina, portata lì in fin di vita, cui erano stati tolti entrambi i reni. Era una delle prime persone ad aver subito un?operazione del genere. La sua famiglia era molto modesta: una coppia di immigrati sardi con otto figli, che di fronte a questo nuovo carico decise di non occuparsene più. Vita: Cosa accadde? Pellini: Eh, ho iniziato a seguirla io. Le ho fatto un po? da mamma, le ho trovato un posto dove vivere, poi ha studiato, si è diplomata, ha trovato un lavoro. L?ho portata anche all?altare, trovando il modo di farla riavvicinare ai suoi. E lei mi ha presa per mano e mi ha fatto conoscere l?universo degli altri dializzati. Nella sanità di allora era una realtà molto nuova, fatta di medici giovani e aperti al dialogo e di malati che desideravano combattere perché tutti potessero ottenere la dialisi. Solo un decimo di loro, infatti, in Italia arrivava a ottenere questo trattamento. Vita: Un grande obiettivo di solidarietà. Pellini: Sì, è l?aspetto più straordinario di Aned. Pazienti e familiari che hanno deciso di far sì che nessuno in Italia dovesse dire: “Muoio perché la dialisi non la posso avere”. Di lì, poi, siamo arrivati a costruire una delle più grandi banche dati del settore, con il censimento dei malati, indici di mortalità, malattie di base. Vita:Ritorniamo al trapianto. Perché la sua prospettiva è così diversa rispetto a quanto si sente di solito? Pellini: Tutti i discorsi sulla donazione, così sbilanciati sul tema della solidarietà e del gesto d?amore, rendono il malato psicologicamente dipendente dalla morte di un?altra persona. Ma per lui il trapianto è la sola terapia possibile, senza quella c?è la morte. Non capisco le paure legate alla donazione. In un anno in Italia ci saranno sì e no 3mila persone che, per le circostanze della morte, potrebbero essere donatrici. è più facile entrare nella schiera di quelli che hanno bisogno di un organo. Ben quattro volte più facile. Vita: Lei conosce bene la famiglia del piccolo Nicholas Green, che in Italia è diventata simbolo della donazione. Ma com?è oggi la situazione? Pellini: La vicenda dei Green fece aumentare le donazioni, anche grazie alla copertura mediatica che ebbe. Ma in Italia c?è sempre stata un?alta disponibilità a donare gli organi. Non sono le opposizioni dei parenti, il problema. è la bassa percentuale di segnalazioni degli ospedali. Vita: Di cosa si tratta? Pellini: è un problema organizzativo di mancanza di risorse e di ignavia da parte di alcuni medici. Di certo, la richiesta di disponibilità al prelievo degli organi è una delle domande più difficili da fare. Poi c?è il problema della scarsa disponibilità di letti nei reparti di rianimazione e l?urgenza di nuovi ricoveri, che rende molto difficile la scelta di tenere occupato un letto per sbrigare la procedura di osservazione del cadavere e di ossigenazione degli organi. In queste condizioni, capita che si rinunci alla segnalazione. Vita: Com?è l?attuale legge sui trapianti? Pellini: è macchinosa e di difficile applicazione. Per renderla operativa, bisognerebbe informatizzare tutte le anagrafi, gli ospedali, i centri trapianti; fare una campagna pubblicitaria sul silenzio assenso e poi una notifica ufficiale a ciascun cittadino tramite ufficiale giudiziario. Vita: La sua nuova battaglia? Pellini: Riguarda i ticket dei farmaci che ben 9 Regioni (dalla Lombardia alla Puglia) hanno imposto anche ai malati cronici. Una situazione ignobile, di fatto una tassa sulla malattia: più stai male, più sei costretto a prendere farmaci, più devi pagare. In Lombardia ci sono trapiantati che spendono 80 euro al mese solo per i ticket. Per questo abbiamo fatto ricorso al Tar, che si pronuncerà fra pochi giorni. Ci auguriamo che la sua decisione possa risolvere questa ingiusta situazione. Info: Per informazioni e contatti con Aned: tel. 02.875.666 V Giornate Nazionali Donazione e Trapianto


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