Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Intervista a Barbara Contini. Niente paura, se porti la pace la gente capisce

Per Barbara Contini, le ong non corrono rischi in Iraq. "Serve realismo: restate e collaborate con la coalizione".

di Carlotta Jesi

“Sarò testarda, ma sono convinta di una cosa: in Iraq, se devono fare del male a qualcuno, lo fanno a me, non ai cooperanti. Locali o espatriati che siano. Le ong non devono evacuare, né aver paura di collaborare con i militari”. Che Barbara Contini fosse una che non teme di nuotare controcorrente, lo si era capito già un mese fa. Quando, appena nominata governatrice di Nassiriya, ha avvolto il viso solare in un velo nero ed è andata a negoziare una tregua con lo sceicco sciita Khaefaji convincendolo a ritirare le sue truppe dalla città del Sud Iraq. Ma affermando che le ong sono al sicuro in Iraq, e che invece di snobbare la collaborazione con i militari dovrebbero cercarla, stavolta contraddice l?intera società civile internazionale. Dalle sigle che hanno spostato in Giordania il loro personale internazionale ai dirigenti di Echo e delle Nazioni Unite che invocano a gran voce una netta distinzione tra operazioni umanitarie e militari. Vita: Non crede anche lei che i soldati in armi impegnati a distribuire il pane creino confusione tra l?esercito e il personale della società civile? Barbara Contini: La popolazione qui sa benissimo chi sono i cooperanti e chi sono i soldati. Il problema, a mio avviso, è un altro: dimostrare agli iracheni che i militari in uniforme possono benissimo cooperare. Nella provincia che governo ci abbiamo provato e oggi nessuno ha più paura dei carabinieri. Vita: Come c?è riuscita? Contini: Inventando un progetto d?occupazione basato su una lotteria: ho installato 40 computer nello stadio centrale di Nassiriya, ci ho messo un servizio di sicurezza fatto con 300 carabinieri e quindi ho fatto registrare 49mila persone della provincia in cerca di un lavoro. Tramite un?estrazione, 15mila di loro avranno un lavoro. In generale, poi, quando vado a visitare un ospedale o a monitorare la ricostruzione di una strada, mi porto sempre dietro i bersaglieri e i carabinieri. Vita: D?accordo. Ma lei è un membro dell?Autorità provvisoria, consiglia la stessa vicinanza con i militari alle ong? Contini: Sì, perché una volta che la gente capisce che si è qui per portare la pace, non c?è pericolo. Vita: Anche nel Nord del Paese? Contini: Qui la situazione è diversa, ma dipende anche dal fatto che in questa zona coordinata dalla divisione inglese teniamo un profilo più basso degli americani. Vita: Mediate con i leader religiosi invece che sparare sulle loro moschee. Perché non esportare la gestione Contini al Nord? Contini: (Ride). Non posso mica ordinare agli americani di non bombardare, anche perché al Nord il problema sunnita è più grave. Però posso spiegare che nella mia provincia preferisco la mediazione perché voglio avere il consenso della popolazione e che, siccome siamo arrivati qui come forza di pace, non dobbiamo farci vedere a sparare in giro. Vita: Questo approccio ha dato altri risultati oltre alla tregua con gli sciiti? Contini: Su 18 province, la mia è stata l?unica in cui si sono tenute elezioni. In cinque città, su venti, la società civile locale ha eletto i propri leader. Vita: Che ne sarà di questa società civile dopo il 30 giugno? Contini: Avrà un ruolo determinante. Quel giorno, il 90% dei civili della coalizione tornerà a casa. Il 10% dei civili che resteranno in Iraq gestiranno, come consiglieri degli iracheni, il Project Manager Office. Un ufficio dotato di 18 miliardi di dollari – raccolti con una tassa che George Bush ha imposto ai cittadini americani – per ricostruire gran parte delle infrastrutture irachene. Verranno gestiti dalle 18 province in cui, diversamente da oggi, non ci sarà un ufficio del governo ma una sorta di ufficio della cooperazione. Da giugno a dicembre, inoltre, la società civile irachena sarà chiamata a decidere la sua Costituzione. Ogni consiglio cittadino e provinciale sarà chiamato a dare delle idee e avrà la possibilità di presentare degli emendamenti alla Costituzione che sarà rimessa in gioco e rivista a fine gennaio, quando l?Onu pensa che ci potranno essere delle elezioni. Vita: Oggi sono in molti a non credere più in un intervento delle Nazioni Unite. Prime fra tutte la Spagna che, proprio per la mancata entrata in gioco dell?organizzazione di Kofi Annan, ha deciso di ritirare le sue truppe. Lei ha lavorato per l?Onu, ha fiducia in un suo intervento? Contini: Ho fiducia in Lakhdar Brahimi, il consigliere speciale delle Nazioni Unite per l?Iraq che nelle ultime settimane è stato in missione nel Paese e che ha proposto di creare un consiglio per la riconciliazione entro luglio. È una figura di riferimento per chi vuole portare la pace, una persona che capisce quando usare la forza e quando viene il momento di mediare. Vita: Oltre che per le Nazioni Unite, lei ha lavorato anche per le ong. In Iraq era arrivata mesi fa con il Cesvi. Cosa pensa della polemica che si è scatenata in Italia per il fatto che Paolo Simeone, il reclutatore delle quattro body guard italiane diventate ostaggi, aveva lavorato per una ong pur avendo un passato da soldato della Legione straniera? Contini: Bisogna essere realisti. Lo sminamento è un?operazione molto complicata che non si può affidare a un volontario qualsiasi. Ci vuole qualcuno che abbia maturato un?esperienza specifica sul campo. Nell?averlo scelto come sminatore, non ci vedo niente di strano.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA