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Attivismo civico & Terzo settore

Il terzo settore tra Scilla e Cariddi

Rubrica: Lettori&Lettere

di Riccardo Bonacina

Gentile direttore, forte dell?esperienza, degli insegnamenti e delle gratificazioni ricevute nel mio lungo percorso nel volontariato socio-sanitario, mi permetto di inserirmi con alcune considerazioni nell?interessante dibattito da voi suscitato sull?autonomia del terzo settore. Dal 1948 sono stato dirigente dell?Avis, prima a livello locale poi nazionale e tutt?ora svolgo attività di volontariato alla Lega tumori e in altre istituzioni socio-sanitarie della città. Debbo innanzitutto esprimere la mia gratitudine al volontariato e all?Avis per aver contribuito in modo determinante ad orientare la mia preparazione professionale di medico-ricercatore, lontano dal rapporto diretto con l?ammalato, e di avermi offerto quella carica di umanità e di compartecipazione che ha costituito il ?valore aggiunto? alle cognizioni scientifiche.

Negli ultimi trent?anni abbiamo assistito ad una notevole crescita delle iniziative di volontariato nella vita sociale. Ora il terzo settore e in modo particolare il volontariato socio-sanitario rischiano il ballottaggio fra un?impostazione neo-liberista che tende a mercificare ogni attività e quella neo-statalista che vorrebbe affidarne il controllo e la guida allo Stato con alto rischio di burocratizzare ogni attività spontanea e di assorbire il volontariato nel gioco non sempre trasparente dell?agone politico. La prima tendenza porterà il volontariato verso l?impresa sociale e il volontariato e la sua dirigenza tenderanno ad operare come liberi imprenditori, mentre nella seconda ipotesi saranno destinati a trasformarsi in enti parastatali e quindi soggetti a subire tutti i ritardi e le inefficienze della burocrazia.

Come affrontare queste sfide ed evitare queste tentazioni? Oggi pare che nello spazio e nelle articolazioni del welfare state abbiano diritto di parola e di rappresentanza soltanto il lavoratore e l?imprenditore perché è ancora imperante la concezione ideologica del lavoro. Occorre che il terzo settore si collochi in una posizione intermedia fra le due categorie e assuma una propria identità e una propria istituzionalizzazione fondata su solide basi culturali, e sia in grado di dialogare mantenendosi distinto sul piano ideologico e operativo. Ma soprattutto è necessario che trovi la capacità di ottenere una vera rappresentanza nella ?stanza dei bottoni?. Il terzo settore e il volontariato socio-sanitario devono riconfermare la loro identità ed autonomia elaborando un nuovo codice della solidarietà e, se vogliamo che nel campo non profit si istituisca una rete di servizi da affiancare agli organismi istituzionali per integrarne l?efficienza, è indispensabile dare un ordinamento sistematico alle strutture operanti con diritto di rappresentanza ai livelli decisionali. Diversamente, continueranno a pullulare riconoscimenti fasulli, accreditamenti temporanei o, peggio, iniziative contraddittorie al limite della legalità.
Mario Zorzi, Brescia

Caro professore, grazie per la lettera (che ho dovuto a malincuore tagliare) che giustamente sottolinea come per volontariato e terzo settore si debba aprire un?era di nuova istituzionalizzazione.


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