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Uno psichiatra in tutto il Burundi. Salute mentale e Pvs

A Rimini un convegno sui sistemi di salute mentale nei paesi poveri, dove l'86% dei malati non è curato. Fantasia, modelli innovativi e tre sfide: deistituzionalizzare, arrivare a tutti, trovare fond

di Sara De Carli

Solo il 9% delle persone con problemi di salute mentale riceve cure adeguate. Il resto si deve accontentare di cure inadeguate o addirittura del nulla. Lo dice l’Oms e lo conferma Anita Marini, neuropsicologa, direttore scientifico di Cittadinanza, una onlus riminese che si occupa di salute mentale nei paesi poveri e nelle fasce di popolazione a basso reddito.

«Nei paesi ad alto reddito c’è una quota di pazienti che non ha accesso ai servizi, che si aggira tra il 35 e il 50%, vuoi per ignoranza o per paura dello stigma. Questa quota di persone che non sono assolutamente prese in carico sale però all’86 nei paesi poveri». Le ragioni? «Certamente una diversa concezione della malattia mentale, vista poco come malattia e molto come effetto di spiriti maligni, ma anche una mancanza di risorse economiche e professionali, e una poco diffusa presenza dei servizi di salute mentale. Basti pensare che nei Paesi a basso e medio reddito la percentuale del budget sanitario destinato alla salute mentale non raggiunge nemmeno l’1%, contro il 6.89% dei paesi più ricchi».

A Rimini si sono radunati oltre 100 esperti e operatori, provenienti da 15 paesi del mondo. Obiettivo? Fare il punto sui sistemi di salute mentale applicati nei vari paesi e ragionare (anche di fantasia) per trovare il modo per rafforzarli. Il primo problema emerso è quello dei grandi manicomi, che per alcune nazioni restano ancora il modello più diffuso. «Le poche risorse disponibili vengono drenate da queste grandi istituzioni, contenitori indifferenziati delle malattie e dei bisogni. Le cure sul territorio sarebbero invece molto più economiche ed efficaci», spiega la Marini. Questo vale per i paesi dell’Europa dell’Est, Albania, Moldova, Albania in testa, dove esistono ancora grandi manicomi da 1000 persone l’uno. Nei manicomi inoltre le violazioni dei diritti umani sono molto più frequenti che non nei servizi territoriali. Tutti i paesi presenti al seminario internaizonale hanno ammesso violazioni di diritti umani sui malati mentali: d’altronde anche in Italia la contenzione sta tornando a preoccupare. La Mongolia ha presentato un progetto ad hoc per fermare gli abusi.

Dall’Asia arriva invece la sfida dei servizi comunitari: «Qui, come in Africa, c’è una fortissima predisposizione alla dimensione sociale. L’idea vincente, già sperimentata da alcuni paesi, è quella di lavorare in sinergia con le ong locali, formare dei volontari che lavorano in tutt’altro campo, ma che fungono da antenne anche sulla salute mentale, segnalano ai servizi le persone in difficoltà e poi è la medicina di base che le contatta». Il segreto è portare la salute mentale dentro la medicina di base, poiché se è impossibile immaginare un centro salute mentale in ogni villaggio dell’Asia o dell’Africa, è invece del tutto fattibile l’idea di sfruttare anche in questo senso i molti punti salute di medicina di base. «È un passo prima rispetto ai servizi territoriali, ma diversi Paesi hanno dimostrato che la medicina di base si occupa in maniera molto efficace di salute mentale». La difficoltà maggiore, per realizzare questa sfida, è la mancanza di professionisti che formino i volontari: in tutto il Burundi per esempio c’è solo uno psichiatra, mentre l’Italia da sola ha più psichiatri e psicologi di tutta l’India, che pure conta una popolazione 18 volte superiore.

Tre quindi i filoni operativi emersi dai quattro giorni di Rimini: deistituzionalizzare; sviluppare la cura della malattia mentale dentro la medicina di base e sviluppare le capacità di managment dei paesi a basso reddito, in modo da presentare progetti di salute mentale che possano attivare anche eventuali finanziatori sia privati sia pubblici. L’Oms ha dato la sua disponibilità ad assistere i Paesi nella ricerca di fondi, creando una sorta di “bollino di qualità” per i progetti da lei visionati.

Info: www.cittadinanza.org


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