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il sostegno a distanza bha mezzo milione di amici

Tanti gli italiani che contribuiscono alla crescita di un bambino in un Paese bpovero. E le associazioni? Più specializzate e trasparenti

di Redazione

S i compone di almeno mezzo milione di donatori il mondo del sostegno a distanza in Italia. È questo il dato più aggiornato che La Gabbianella, coordinamento di associazioni impegnate nel settore, ha rilevato nel suo secondo censimento nazionale. Il lavoro, curato da Stefania Ricci, sociologa della cooperazione internazionale, sarà presentato il prossimo 22 novembre a Lecce nell’ambito del convegno Analisi statistica per la conoscenza della solidarietà organizzata , cui ha collaborato, insieme all’associazione, anche l’università del Salento.
Il primo censimento nazionale del Sad risale al 1999, in occasione del primo Forum del settore. «A monte di questa necessità c’era l’evidente incremento nel numero dei progetti di Sad avviati, sviluppo che ha continuato ad alimentarsi sino agli anni più recenti», commenta la Ricci.
Pur essendo una fotografia parziale del complesso mondo di realtà che promuovono sostegni a distanza (una ricerca complessiva è ora in corso, lo ricordiamo, nell’ambito del Forum nazionale Sad, in collaborazione con l’Agenzia per le onlus), il contributo offerto da La Gabbianella è interessante per l’approfondimento e le sfaccettature. Gli enti partecipanti al censimento sono stati 278, circa il 53% della popolazione statistica delle organizzazioni che in Italia praticano il Sad. Dal censimento totale si contano, in cifra assoluta, 492.036 sostenitori effettivi, di cui la maggior parte fanno capo a enti localizzati in Italia Nord occidentale.
La ricerca mostra una certa diversificazione nell’organizzazione degli interventi e nella “identità sociale dell’ente” (configurazione giuridica, orientamento ideale, settori di intervento, contributo economico richiesto ecc.). A livello terminologico, punto sul quale sia La Gabbianella sia il Forum nazionale hanno cercato di promuovere un rinnovamento culturale, ancora il 54% degli enti denomina i progetti sotto l’etichetta “adozione a distanza”, mentre i restanti adoperano il termine “sostegno a distanza” (32%) o altre tipologie (15%).
Una metà di enti (il 46%) ha avviato le attività nel decennio che va dagli anni 80 alla fine dei 90. Un’altra metà, il 54%, è partito nel decennio successivo. «Questa sottoporzione è divisa tra due generazioni di organizzazioni», commenta la Ricci, «e dunque condensa un ampio ventaglio di esperienze».
Ma vediamo l’impegno nei Paesi in via di sviluppo. La maggioranza degli enti, il 46%, invia i sostegni a un solo Paese, dunque vanta un’alta specializzazione e conoscenza del contesto. Il 39% collabora con un numero di Paesi da 2 a 5 e il restante 15% si relaziona con più di 6 Paesi. «Tale diversificazione non può che essere una ricchezza», conclude la ricercatrice, «che si coniuga con un’altra necessità fondamentale, quella di garantire trasparenza a cittadini sostenitori e beneficiari».


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