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Sanità & Ricerca

testamento biologico, bEluana non fa testo

medici & pazienti Massimo Reichlin, docente di Filosofia morale

di Redazione

«La vicenda della ragazza di Lecco è un caso estremo». Secondo il professore del San Raffaele, però, quella vicenda ha dato l’impulso per approvare una legge
che potrà vivere esclusivamente grazie all’alleanza fra medico e paziente. «Serve
un meccanismo per cui le dichiarazioni anticipate sono da considerarsi obbligatorie, ma non definitive»
D irettive anticipate di trattamento: un argomento difficile, spinoso, più volte all’ordine del giorno e più volte rimandato. In queste settimane sembra che l’orientamento sia di arrivare finalmente a un testo di legge sul testamento biologico. «L’interesse della politica per le questioni di questo genere è molto incostante. Penso però che ora ci sia un’opportunità più concreta per l’influenza delle vicende recenti che hanno contribuito a convincere molti della necessità di un intervento legislativo soddisfacente», si augura Massimo Reichlin, docente di Filosofia morale all’università San Raffaele.
Vita: Soddisfacente, in che senso?
Massimo Reichlin: Si deve dare valore giuridico e non di espressione di un punto di vista culturale, filosofico, religioso, alle direttive anticipate di trattamento espresse da un paziente ancora consapevole. In tal modo il medico sarebbe obbligato a farle valere o comunque a tenerle in seria considerazione. Significherebbe dare piena attuazione al principio dell’articolo 32 della Costituzione, secondo cui i trattamenti sanitari devono essere volontari.
Vita: Non vede il rischio che il medico diventi un mero esecutore?
Reichlin: È ovvio che se le dichiarazioni non risultassero in alcun modo cogenti per il medico, si tratterebbe in sostanza di una legge inutile. È altrettanto evidente però che non è possibile pensare ad alcuna sorta di automatismo assoluto, e a una situazione nella quale il medico sia esecutore di volontà che magari vanno molto lontano nel tempo e possono non aver tenuto conto di talune circostanze. Serve un meccanismo per cui le dichiarazioni anticipate sono da considerarsi obbligatorie per il medico, salvo che costui può a ragion veduta mettere in discussione quello che il paziente aveva previsto magari diverso tempo prima. È necessario un interlocutore, un comitato etico rispetto al quale il medico possa avanzare le sue obiezioni.
Vita: Anche rispetto a nuove scoperte scientifiche?
Reichlin: Le dichiarazioni andrebbero ripetutamente riviste, alla luce anche degli sviluppi clinici.
Vita: Oggi però i medici arrivano a prescrivere esami con il solo scopo di tutelarsi?
Reichlin: È un esempio tipico della medicina difensiva, uno stile terapeutico che da altre aree culturali sta arrivando anche da noi.
Vita: Cosa ne pensa dell’obiezione di coscienza?
Reichlin: Se noi stiamo alle norme attualmente in vigore, a partire dalla Costituzione, le direttive anticipate vanno ricondotte al principio della volontarietà delle cure. Al consenso informativo e quindi anche al possibile dissenso o rifiuto delle terapie. Rispetto a questo non credo possa elevarsi obiezione coscienza: le cure devono essere volontarie, nessun medico può imporle. In questa prospettiva, non vedo spazio per l’obiezione. Altro discorso sarebbe se – come in Belgio o nei Paesi Bassi – nel testamento biologico si potesse richiedere la fornitura di certi trattamenti, in particolar modo l’eutanasia. Cioè un intervento diretto del medico per porre fine alla vita del paziente. Ma è una prospettiva remota.
Vita: Come vanno considerati alimentazione e idratazione?
Reichlin: Credo si debba in primo luogo evitare di enfatizzare vicende particolari e casi specifici. Riconosco che da molti anni esiste una controversia in ordine alla nutrizione e idratazione artificiali. Taluni dicono che non si tratta di atti medici e quindi sarebbero sempre obbligatori. Ora, certamente nutrizione e idratazione non sono terapie, ma sono atti e trattamenti medici. Implicano competenze mediche. Non si dà solo da mangiare e da bere, ma anche altre sostanze. Va pure detto che lo stato vegetativo permanente è una condizione estrema. Nel caso di Eluana, poi, sono 17 anni di una condizione eccezionale.
Vita: Sono necessarie indicazioni temporali per lo stato vegetativo permanente o il coma?
Reichlin: Occorre distinguere. Nel coma non c’è compromissione dell’encefalo tale da rendere impossibile il risveglio. Non sarebbe accettabile che si sospendesse il sostegno vitale a questi pazienti. Diverso il caso del vegetativo permanente: la compromissione dell’encefalo rende impossibile la ripresa della consapevolezza, benché vi sia uno stato di vigilanza. Certo la diagnosi deve essere assolutamente certa.


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