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Cooperazione & Relazioni internazionali

Ragazzi, avete fatto un grande passo

Una lettera aperta di Paolo Branca, dopo l'incontro nella redazione di Vita

di Paolo Branca

«È stato un momento importante. Piccolo. Ma non è stato banale condividere dolore e speranze» Milano, 9 gennaio, ore 9 della sera.
O ra che la giornata è finita e ho finito di correre, tento di godermi la benedizione del silenzio. Eppure mi sento strano. Qualcosa mi scalda il cuore e allo stesso tempo mi tiene in tensione. È il ricordo di questa mattina che si fa strada fra mille altre cose. Tutto il resto sbiadisce, ma resistono e riaffiorano sempre più chiari un senso di gratitudine e di responsabilità che il nostro incontro tra ragazzi di Yalla Italia e ragazzi ebrei ha risvegliato e rafforzato in me. Abbiamo vissuto un momento importante. Piccolo, lo so, quasi insignificante in proporzione a quanto sta accadendo attorno a noi e totalmente fuori dal nostro controllo. Eppure non è stato banale aprire il nostro cuore e condividere dolore, dubbi, domande, speranze? Siamo stati capaci di ascoltarci a vicenda, di misurare le parole per non ferirci, senza per questo rinunciare a esprimere anche angoscia, indignazione e persino rabbia. Angoscia per violenze che non piacciono a nessuno, indignazione per la lentezza e l’inefficacia di chi dovrebbe porvi rimedio, rabbia per il senso d’impotenza che ci attanaglia?
Brutte sensazioni che ci confermano tuttavia quanto ancora vive siano le nostre coscienze che non si rassegnano a tacere. Pur nella diversità delle posizioni e dei punti di vista, come ci ha ricordato Vittorio, non abbiamo perso di vista l’orizzonte, che è sempre più ampio di quanto immaginiamo. Non mi riesce di riassumere neppure per sommi capi i tanti e preziosi spunti che mi sono giunti da tutti e da ciascuno. Mi limito a osservare che non ho sentito neppure una parola fuori posto, un’espressione stonata, una voce che sapesse di freddezza, estraneità, astio, rancore reciproco. Un grazie speciale a Sumaya, anche per aver lasciato trasparire la sua profonda emozione accompagnata da riflessioni cariche di saggezza, di equilibrio e di sollecitudine. Un tesoro di cui ora siamo custodi privilegiati e dobbiamo diventare accurati amministratori. È stato solo un primo passo, al quale mi auguro con tutto il cuore ne possano seguire altri, ancora più determinanti. Per ora mi rifugio nella preghiera, come un bambino che corre a dire alla mamma che gli è successo qualcosa di bello e, indirettamente, la ringrazia di averlo messo al mondo, le chiede di continuare ad accompagnarlo nel faticoso ma affascinante compito di crescere, condivide la meraviglia di cose solo intraviste attraverso uno spiraglio e desidera più di ogni altra cosa che l’esperienza si ripeta, si faccia più piena, compia le promesse che ha saputo suscitare. Che ognuno di noi sappia sempre varcare questa soglia, per ritrovarsi con gli altri, anche nei momenti più bui, quando forse non sapremo condividere che un silenzio carico di attesa, ma sapremo di non essere soli e di poter contare su chi ha scelto, nonostante tutto, di starci accanto mentre ogni cosa sembrava invece destinata ad allontanarci.


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