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Economia & Impresa sociale 

La Csr sbarca in Albania

La ricerca L'etica di impresa trova spazio anche in un Paese in via di sviluppo

di Redazione

Ambiente, risorse umane, attenzione alla comunità:
un inedito (e per certi versi sorprendente) ritratto degli imprenditori di Oltreadriatico L ‘ etica e la responsabilità sociale rappresentano un vantaggio competitivo per le imprese dei Paesi poveri? Paesi, ad esempio, come l’Albania sottoposti a un rigido regime di ristrutturazione macroeconomica da parte del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale? Prova a rispondere a questo interrogativo una ricerca condotta da Domenico Viola e Domenico Leogrande, docenti dell’università di Bari, dal titolo La Responsabilità sociale nell’imprenditoria albanese: risultati di un’indagine statistica su testimoni privilegiati . Lo studio giunge a queste conclusioni: gli imprenditori albanesi, nonostante le difficoltà operative, appaiono abbastanza favorevoli ad aprirsi verso nuovi scenari che possano offrire maggiori sicurezze sia ai dipendenti che agli altri stakeholder, soprattutto in attesa dell’auspicato ingresso nell’Unione Europea.
L’indagine, realizzata nell’ambito delle attività di Aquifalc, il centro italo-albanese per la ricerca economica e sociale diretto da Giovanni Ferri, dell’ateneo barese, e da Shkelqim Cani, dell’università di Tirana, cerca di esplorare, attraverso un questionario somministrato a 49 imprese (con un numero medio di dipendenti pari a 73), la percezione che i padroncini albanesi hanno delle politiche di gestione del personale, ambientali, di mercato e, infine, delle politiche per la comunità locale. Un lavoro interessante perché realizzato in un Paese che, secondo l’Undp – United Nations Development Programme ha un singolare primato: circa l’80-90% delle proprietà e delle attività di impresa è “extralegale”. Tirate su, cioè, senza firmare contratti né inviare comunicazioni o dichiarazioni al fisco.
Il primo aspetto preso in considerazione è il personale. L’80% degli imprenditori considera i dipendenti un asset aziendale. Emerge, però, la volontà di un attento controllo dell’orario delle attività del dipendente e una forte contrarietà (63,2%) alle attività di ricreazione del dipendente. Poco più della metà degli imprenditori, inoltre, manifesta attenzione per misure di tutela per donne lavoratrici. Riguardo all’importanza del rispetto dell’ambiente, il 95,8% delle imprese attribuisce valore positivo sebbene il 40,8% degli intervistati ammetta di non aver cercato di ridurre l’impatto ambientale dell’azienda in termini di ottimizzazione e di riciclaggio dei rifiuti, al quale si aggiunge il 38,7% di essi che non effettua attività di prevenzione dell’inquinamento. Molto positive (95,9%) anche le opinioni sulle politiche di mercato (informazioni chiare e precise sui prodotti e i servizi offerti) e sull’attenzione per la crescita della comunità in cui lavora (87,7%).
Nella seconda parte gli autori mettono in relazione statistica le risposte. Gli intervistati che ritengono il dipendente e la sua formazione importanti per l’azienda – questo il principale risultato – sono compresi fra coloro che attribuiscono rilievo all’ambiente. La ricerca conferma anche lo stretto legame che intercorre fra le varie politiche per l’ambiente (riciclaggio dei rifiuti, tutela dell’ambiente o di risparmio energetico). Tutte le aziende che si impegnano contro l’inquinamento ritengono però necessario l’aiuto governativo e concordano nel ritenere le politiche aziendali per l’ambiente un risparmio di denaro. Quanto alla dimensione aziendale emerge che le piccole imprese (sotto le 10 unità) e le più grandi (da 30 unità in su, considerato il territorio) tendono a incoraggiare la crescita professionale dei dipendenti. La quota di aziende che si impegnano nella prevenzione dell’inquinamento, invece, cresce in modo proporzionale alla dimensione. Per via, ipotizzano gli autori, anche delle sanzioni previste.
L’unico elemento della Csr, infine, che non riscuote affatto consensi tra gli imprenditori sono gli asili aziendali. Ma, in questo, i padroncini albanesi non sembrano molto distanti dai colleghi della sponda opposta dell’Adriatico.


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