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La crisi e i suoi protagonisti

Il mandato d'arresto contro il presidente, l'espulsione delle Ong, il rapimento dei cooperanti. Il Darfur è sempre più al centro delle cronache: ma chi sono gli attori in campo? E quale il ruolo dell'umanitario?

di Emanuela Citterio

Prima il mandato d’arresto spiccato dalla Corte penale internazionale contro Omar Al Bashir, il presidente del Sudan, per i crimini di guerra e contro l’umanità commessi in Darfur. Poi la ritorsione contro le ong: 13 delle più grandi organizzazioni internazionali espulse dal Paese. E ancora il rapimento dei cinque operatori di Medici senza frontiere Belgio, fra cui l’italiano Mauro D’Ascanio. È sempre più intricata la crisi internazionale che parte dal Darfur, regione occidentale del Sudan in guerra civile e crisi umanitaria dal 2003.

Ecco alcuni degli attori di questa crisi

Omar Al Bashir
Omar Hasan Ahmad al-Bashir è l’attuale presidente del Sudan. Secondo le accuse, è ritenuto responsabile di avere orchestrato una campagna di violenze nella regione del Darfur, nelle zone occidentali del Paese, a partire dal 2003. Dopo il mandato d’arresto spiccato dalla Corte penale internazionale nei suoi confronti è diventato la figura di più alto profilo perseguita dal Tribunale dell’Aja dalla sua istituzione nel 2002. Bashir è salito al potere dopo il colpo di stato del 1989, che rovesciò il Primo Ministro Sadiq al-Mahdi.

La corte penale internazionale
Il 4 marzo la Corte con sede all’Aja ha spiccato un mandato di arresto contro il presidente del Sudan Omar el Beshir per crimini di guerra e contro l’umanità commessi durante i sei anni di guerra in Darfur.

L’umanitario
Poche ore dopo 10 organizzazioni internazionali – Care, Oxfam, Medici senza frontiere Olanda e Msf Francia, Mercy Corps, Save the Children, Norwegian Refugee Council, International Rescue Committee, Action Contre la Faim, Solidarites, CHF International – si sono viste recapitare l’invito a lasciare il Paese nel giro di 24 ore, con l’accusa di aver «collaborato» con la Cpi. Il giorno seguente il presidente sudanese ha aggiunto alla lista Medici senza frontiere Francia, Save the children Usa e l’ong con sede a Washington Padco e ha chiuso tre agenzie sudanesi che operavano nella regione.
Secondo i dati Onu, l’espulsione delle 13 ong ha lasciato più di un milione di persone senza cibo, acqua e cure mediche. Le Nazioni Unite hanno invitato Khartoum a rivedere la sua decisione, sottolineando che «le operazioni di queste agenzie sono vitali per 4,7 milioni di sudanesi che ricevono aiuti in Darfur» (prima della guerra, la regione del Darfur contava 7 milioni di abitanti).
Fino al 4 marzo, oltre al coordinamento degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite (Ocha), erano presenti in Darfur 85 ong con circa 17mila operatori, in maggioranza sudanesi. Le ong italiane con il maggior numero di personale nella regione sono Coopi, con cinque espatriati italiani e una cinquantina di operatori sudanesi, e Intersos, con una decina di italiani oltre al personale locale.

I rapiti
L’11 marzo sono stati rapiti in Darfur cinque operatori di Medici senza frontiere Belgio, tra cui il medico italiano Mauro D’Ascanio, vicentino di 34 anni, specializzato in medicina d’urgenza e medicina tropicale. I due operatori sudanesi del gruppo sono stati rilasciati, i tre stranieri rimangono invece ancora in mano ai rapitori: oltre a D’Ascanio, un’infermiera canadese, Laura Archer, e il coordinatore medico francese Raphael Meonier. Medici senza Frontiere ha ritirato tutto il suo personale dal Darfur.

I Janjaweed
Milizie arabe a cavallo, che combattono in Darfur. Secondo Khartoum il sequestro degli operatori di Msf è stato messo a segno da “banditi”, invece i ribelli del Darfur del Movimento per l’uguaglianza e la giustizia (Jem) hanno puntato il dito contro i miliziani arabi Janjaweed (diavoli a cavallo, ndr), alleati del governo nella guerra in atto dal 2003 nella regione.

La diplomazia

Il governo egiziano ha proposto di tenere una conferenza internazionale, riunendo i protagonisti mondiali e regionali, per mettere a punto un piano comune capace di affrontare la crisi del Darfur «nei suoi aspetti della sicurezza, politici e umanitari». Tuttavia Khartoum ha respinto tale iniziativa, sostenendo che “internazionalizzerebbe” la crisi.

Il dibattito in Italia

Gino Strada, fondatore di Emergency, che a Karthoum ha costruito un ospedale cardiologico d’eccellenza e sta costruendo un ospedale pediatrico in Darfur, ha definito «grottesco» il mandato d’arresto della Cpi nei confronti del presidente sudanese. E ha detto che sarà un boomerang per la stessa Corte e per la diplomazia internazionale. Voi cosa ne pensate? Rispondete al sondaggio pubblicato qua accanto

Foto @ Coopi


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