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Sostenibilità sociale e ambientale

La nave della speranza

Parte la corsa verso un nuovo trattato globale sul clima

di Redazione

Taglio alle emissioni, finanziamenti per l’adattamento climatico nei Paesi meno sviluppati, investimenti per lo sviluppo delle energie pulite.
La road map verso
il decisivo vertice Onu è tracciata. E Obama si presenta in Abruzzo con un pacchetto di misure già prese. A questo punto nessuno
dei Grandi avrà più alibi…
L’hanno ribattezzata Hopenhagen (Porto della Speranza): la capitale danese, Copenhagen sarà l’attracco finale di un percorso che il Pianeta tutto si augura veda sbarcare un nuovo trattato globale sul clima efficace, equo e in linea con le indicazioni della comunità scientifica. Le notizie che arrivano proprio dalla comunità scientifica sono molto preoccupanti: gli scenari del Rapporto Ipcc del 2007 sembrano superati per difetto, la situazione è grave e gli scienziati sottolineano la necessità di agire subito per evitare i cambiamenti climatici più catastrofici.

La svolta di Obama
Il primo incontro dei leader che comincerà a fissare i paletti sull’accordo sarà il vertice del G8 a presidenza italiana; sempre a L’Aquila i leader di 17 Paesi, economie dei Paesi industrializzati e in corso di rapido sviluppo, si riuniranno per il Major Economies Forum, il Mef, voluto dal presidente Obama. Proprio il presidente statunitense si presenta in Abruzzo avendo svolto una parte importante di “compiti a casa”: venerdì 26 giugno, infatti, la Camera dei rappresentanti ha approvato il progetto di legge sul clima, noto anche come il Waxman-Markey Bill, che dovrà passare ora al Senato. La proposta prevede disposizioni essenziali per raggiungere un accordo a Copenhagen. Per esempio, la legge consente investimenti importanti per fermare la deforestazione nei Paesi tropicali, che causa circa il 20% delle emissioni globali di gas serra; promuove lo scambio di tecnologie tra gli Usa e i Paesi in via di sviluppo per aiutare a ridurre le emissioni in tutto il mondo; e prevede aiuti per le popolazioni e le comunità più vulnerabili del pianeta per rispondere agli impatti attuali e futuri del cambiamento climatico. La strategia è chiara: evitare la situazione verificatasi con il Protocollo di Kyoto, mettere in piedi una legislazione “domestica” che consenta agli Usa di essere parte attiva dell’accordo e, nel contempo, di assumere impegni che manterranno. Certo, per il medio periodo siamo su target di riduzione inferiori alle aspettative. Ma il segnale politico è davvero storico.

Un piano d’azione
Cosa si aspetta il WWF dai leader del G8 e del Mef? Innanzitutto che si impegnino a mantenere l’aumento medio della temperatura al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto all’epoca pre-industriale. Questo implica il picco e il declino delle emissioni globali ben prima del 2020. I leader del G8 devono impegnarsi a trasformare le loro economie su un percorso a bassa emissione di carbonio. Pertanto, tutti i Paesi del G8 dovrebbero stilare entro dicembre un “piano d’azione a carbonio zero”, con ambiziosi obiettivi di medio termine e l’obiettivo a lungo termine di ridurre le emissioni di almeno l’80% entro il 2050, rispetto ai livelli del 1990. Il WWF chiede anche l’immediato adeguamento dei finanziamenti per l’adattamento nei Paesi meno sviluppati: Paesi che non hanno causato il cambiamento climatico, ma sono tra i più vulnerabili ai suoi effetti. In particolare, i leader del G8 dovrebbero annunciare lo stanziamento di 2 miliardi di dollari entro quest’anno per i Napas, i Programmi d’azione sull’adattamento, che sono stati completati da Paesi meno sviluppati nel processo Unfccc (Convenzione sul clima). Inoltre vanno varati i Namas – Piani nazionali di azioni di mitigazione e garantito il loro immediato finanziamento. Il WWF chiede inoltre l’approvazione di programmi di azione per le tecnologie che consentano ai Paesi in via di sviluppo il “salto tecnologico” verso le tecnologie pulite. Per capirci, occorre aiutarli a saltare lo sviluppo inquinante che ha caratterizzato il benessere nei Paesi occidentali concentrandosi per esempio sull’energia solare, sulle reti elettriche intelligenti, sull’efficienza energetica degli edifici, sui sistemi di controllo per la deforestazione, sulle stazioni meteorologiche di preallarme.

Green economy
Più in generale, ci aspettiamo che il G8 affronti l’architettura finanziaria per implementare lo sviluppo dell’energia pulita e la lotta alla deforestazione. Il Mef deve valutare una serie di opzioni per il finanziamento, compresa la vendita all’asta delle unità di quote di emissione assegnate o prelievi diretti sull’inquinamento derivante dal trasporto aereo internazionale e dal settore marittimo. Secondo il WWF, il finanziamento che deve essere fornito dai Paesi sviluppati per azioni ambiziose sulla mitigazione e l’adattamento nei Paesi in via di sviluppo è dell’ordine di 140 miliardi di dollari all’anno per i prossimi dieci anni, in gran parte attraverso la finanza pubblica.
Alla luce di questo livello di ambizione, sarà necessario creare nuove istituzioni finanziarie per affrontare l’attuazione dell’accordo di Copenhagen. Le istituzioni esistenti al di fuori della convenzione Unfccc dovrebbero anche essere trasformate in modo da contribuire allo sforzo sotto la guida della convenzione stessa e delle nuove istituzioni create al suo interno.
Ovviamente la prima, vera azione da parte dei Paesi del G8 deve essere l’esempio: non si può chiedere agli altri quello che non si è (o non si è stati) capaci di fare in casa propria, quando i cambiamenti climatici sono il prodotto della nostra industrializzazione. Il rapporto che il WWF, insieme ad Allianz, ha per il terzo anno stilato (vedi articolo a pagina IV), parla chiaro: si è fatto ancora poco. Esclusa la Germania, che mostra un piccolo progresso, gli altri Paesi sono al palo o addirittura, come Canada e Russia, in peggioramento.


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