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Cooperazione & Relazioni internazionali

Gli industriali: basta litigi fra enti locali

di Redazione

Nonostante l’emergenza continua, il sistema imprenditoriale aquilano è ripartito. Certo, là dove è stato possibile. «Hanno ripreso a lavorare le aziende manifatturiere; di contro si capisce il perché sono ferme quelle che forniscono servizi», premette Antonio Cappelli, direttore della Confindustria aquilana. Bloccato anche l’artigianato e il commercio (1.100 attività su 1.200 non hanno ancora riaperto i battenti).
In questa situazione guardare al futuro è difficile. Ma non impossibile: gli imprenditori hanno le idee chiare su ciò che serve per la ripresa, specie delle piccole e medie aziende. «Anzitutto è necessario», spiega Modesto Lolli, componente della giunta confindustriale, «che gli enti locali smettano di litigare e raggiungano una vera unità di intenti. In secondo luogo, che diano risposte chiare e in tempi certi». Non solo a livello di pagamenti tempestivi (il ritardo in media è di 300 giorni), ma anche di pratiche burocratiche: oggi richiedono più tempo di ieri. «Un sostegno importante potrebbe giungere se si decidesse di dare priorità alle imprese locali nell’assegnazione di commesse. Fin qui abbiamo piuttosto avuto l’impressione di essere esclusi», prosegue Lolli.
Vi è poi il tema delle agevolazioni. «45 milioni di euro in quattro anni sono troppo pochi», aggiunge Cappelli, riferendosi agli incentivi ipotizzati dalla legge per le «zone franche urbane» (l’ambito delle quali dovrà essere individuato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, «su proposta del ministro dello Sviluppo economico e sentita la Regione Abruzzo»). «Si potrebbero inoltre rimodulare i fondi europei», propone Confindustria, «in modo da concentrare più risorse, eventualmente spostandole dalle altre province abruzzesi o dalle altre regioni». Infine il nodo degli aiuti. Mentre per le case è chiaro che il contributo statale riguarderà il 100%, non è così per le imprese. «Non sappiamo se avremo sovvenzioni per ricostruire le aziende, molte delle quali sono crollate o sono inagibili», spiega Lolli. «In effetti», conferma Cappelli, «in tutte le ordinanze si tace della ricostruzione pesante delle imprese. Sembra sia possibile avere fino a un massimo di 80mila euro. Ma non è certo e comunque si tratta di un tetto troppo basso. Egualmente da chiarire se ci saranno contributi per ricomprare i macchinari necessari alla produzione».


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