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Come è stato gestitio il post terremoto? Parla Giustino Parisse, giornalista e terremotato. E tu come la pensi?

di Lorenzo Alvaro

Dopo quasi sei mesi dal sisma i primi 2500 sfollati saranno sistemati, come da programma, nelle nuove strutture costruite dal governo. E’ cominciata la chiusura delle aree di accoglienza. Dei 171 campi allestiti nei giorni del sisma già 61 sono già stati sgomberati, 21 sono in via di chiusura, senza contare che degli 11 campi spontanei ce ne sono attivi solo 3. Rimangono, ma ancora per poco, 110 campi che accolgono 11108 sfollati nelle loro 4045 tende. La nuova destinazione degli sfollati saranno le C.a.s.e. per gli aquilani e i Map per chi invece viene dai 56 comuni limitrofi. Insomma l’emergenza è quasi finita e il governo con la Protezione Civile si preparano a lasciare il comando alle istituzioni locali. 
Si può dunque parlare di fine operazione e provare a tirare le somme. per questo vita lancia il sondaggio “Come giudicate la gestione del post terremoto da parte del governo Berlusconi?”. Per aiutare i lettori abbiamo posto la questione a Giustino Parisse, caporedattore de «Il Centro» nonchè sfollato di Onna.

Vita: Ci sono voci discordanti. C’è chi parla di miracolo e chi invece di gravi carenze. Dov’è la verità?
Giustino Parisse: In questo gioco delle polemiche, come terremotato, non voglio entrare. Guardo solo al risultato. I fatti sono che, a Onna, da ieri sono cominciate ad entrare le prime famiglie nelle case. Un villaggio di casette voluto fortemente dai cittadini perchè ricostituisce la comunità che il 6 aprile è dovuta fuggire. Ieri è stata solo l’ultima puntata di un’attenzione mediatica che ci ha accompagnato per tutto il tempo. Non dimentichiamo che  al paese sono venuti tutti, esponenti politici e non. Ma i media non riportano le preoccupazioni e i problemi. Quello di ieri è un piccolo tassello. Oggi serve dare un tetto a tutti. Le case per tutti oggi non ci sono e ci saranno, forse, a dicembre, in inverno pieno. Non voglio fare una valutazione sull’operato di Berlusconi ma solo chiedergli nuovamente, come ho già fatto, di darci i soldi per la ricostruzione. Per quanto riguarda l’operato sul territorio parlerei più di Protezione Civile che ha fatto bene nell’emergenza. Solo un appunto: l’operazione è nata con un peccato originale. Quando è stato varato il piano C.a.s.e. andava ipotizzato il modello Onna anche nelle altre frazioni sin dall’inizio. Questo avrebbe permesso oggi di avere già una dimora per la maggioranza della popolazione.

Vita: È realistico l’ottimismo delle istituzioni?
Parisse: Parlare di ottimismo non ha senso. C’è certamente fiducia che le promesse possano essere mantenute. Ma questa fiducia è lenita dall’incertezza, sentimento che ci segue dal 6 aprile. Incertezza, ad esempio, sulla casa. Ancora in molti infatti non sanno se avranno diritto o meno alle C.a.s.e.  Soprattutto ora che stanno chiudendo le tendopoli non essendo ancora pronte tutte le case molti sfollati verranno tradotti in alberghi lontani dall’aquila dopo sei mesi in tenda. La situazione è complessa e delicata.

Vita: Cosa manca ancora per pensare a questo terremoto al passato?
Parisse: Dicevo prima che non voglio entrare nelle polemiche. Mi spiego meglio. Ho finito ora di leggere i giornali. Ho letto dei terremotati, delle situazioni, Rai, Ballarò, Porta a porta mille altre cose di cui a noi non ci interessa. Noi abbiamo bisogno delle case, delle procedure, dei soldi per ristrutturare. Qualcosa si sta muovendo ma evidentemente ancora tutto non c’è: ci sono 16 mila case e ce ne vorrebbero 30 mila, ci sono la chiusura delle tendopoli con l’incognita della nuova destinazione, la scuola, il lavoro. A me personalmente è stata data una casa, spero che la diano a tutti. Quello che più preme ora è tornare a fare comunità e ricostruire. E basta.

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Per saperne di più leggi anche il numero speciale di Vita sul post terremoto  L’Aquila . Domani è già qui


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