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Sanità & Ricerca

Non si può imporre alimentazione

Ma il Tar respinge il ricorso del Movimento difesa dei cittadini contro l'ordinanza Sacconi

di Redazione

La volontà del paziente prevale rispetto al trattamento di alimentazione forzata.  Rifiutare il sondino è un diritto e a nessuno, dunque, possono essere imposte alimentazione e idratazione forzata.

Si è espresso così ieri il Tar del Lazio, nella sentenza n. 8650/09, in merito al ricorso del Movimento difesa dei cittadini contro l’ordinanza del ministro Sacconi emanata nei giorni del caso Eluana Englaro. Se il parere del Tribunale di fatto boccia la legge sul testamento biologico all’esame del Parlamento, la stessa magistratura amminisrativa respinge il ricorso dell’associazione a difesa dei consumatori per «difetto di giurisdizione».

«I pazienti in stato vegetativo permanente», si legge nella sentenza, «che non sono in grado di esprimere la propria volontà sulle cure loro praticate o da praticare, non devono in ogni caso essere discriminati rispetto agli altri pazienti in grado di esprimere il proprio consenso», e quindi possono, «nel caso in cui la loro volontà sia stata ricostruita, evitare la pratica di determinate cure mediche nei loro confronti». E ancora, «il paziente vanta una pretesa costituzionalmente qualificata di essere curato nei termini in cui egli stesso desideri, spettando solo a lui decidere a quale terapia sottoporsi».

Il Tribunale evidenzia che si tratta di questioni che coinvogono il «diritto di rango costituzionale qual è quello della libertà personale che l’art. 13 qualifica come inviolabile» e che da ultimo è entrata in vigore la convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità che impone che anche alle stesse venga garantito il consenso informato».

«Si tratta di una decisione estremamente importante», ha commentato l’avvocato Gianluigi Pellegrino che ha curato il ricorso per il Movimento difesa dei cittadini, «il Tribunale infatti è giunto a individuare la giurisdizione del giudice ordinario proprio dopo aver sottolineato il carattere costituzionale e incomprimibile del diritto di scelta che ogni individuo ha con riferimento a qualsivoglia pratica e intervento che debba avvenire sul suo corpo».

«Con riferimento alle persone che non sono in grado di esprimere la propria volonà, come i pazienti in stato vegetativo permanente», continua Pellegrino, «gli stessi non devono essere discriminati». «Questo vuol dire che quando la volontà dei pazienti in stato vegetativo, espressa con strumenti come il testamento biologico o, in assenza, ricostruita con gli strumenti che il diritto civile appresta, tale volontà deve essere rispettata cosi avviene per la volontà espressa da tutte le altre persone».

Secondo il legale, insomma, il Tar sentenzia che «la volontà del paziente prevale su tutto, sia che la esprima a voce sia che sia espressa per iscritto o in altre forme. Una sentenza che credo mini alla base la legge attuale sul testamento biologico, che è incostituzionale e che verrebbe certamente portata davanti alla Suprema Corte se fosse varata così com’è ora».

Mentre l’Mdc plaude alla decisione del Tar Lazio, il Movimento per la vita punta l’indice non tanto sul contenuto della sentenza, quanto sul «modo falso con cui essa è stata riportata dai mezzi di comunicazione». Carlo Casini, presidente del movimento: «Non si può scrivere che “il Tar ha accolto il ricorso del Movimento di difesa dei cittadini” quando invece lo ha bocciato dichiarandolo inammissibile; non si può scrivere che “il Tar ha stabilito che a nessuna persona cosciente o in stato di incoscienza possono essere imposte alimentazione e idratazione artificiali” quando invece non ha stabilito un bel nulla». In effetti, la notizia è circolata sui media con diverse imprecisioni. Il ricorso dell’Mdc infatti NON è stato accettato. Al contempo, la pronuncia del tribunale rappresenta in sostanza un parere favorevole allo stesso movimento cittadini. Parere, sia chiaro, non vincolante sul testo di legge sul testamento biologico attualmente al Parlamento. L’intervento di ieri della magistratura può tutt’al più rinvigorire il dibattito sulla normativa all’esame del legislatore.

«Questo fa riflettere sull’uso politico dell’attività giurisdizionale, ma non influisce sulla sostanza della decisione del tribunale e di conseguenza non dovrebbe condizionare chi dovrebbe tenere ben distinte le notizie dalle opinioni», dice ancora Casini, che auspica «che il testo di legge sul fine vita già adottato dal Senato possa al più presto divenire norma vigente».


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