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Economia & Impresa sociale 

Banca del Sud, le Bcc mettono il know how

Prende forma l'iniziativa voluta da Tremonti

di Christian Benna

Mezzogiorno di fuoco per le Bcc. La banca del Sud si farà, perché «è una questione nazionale», ha assicurato il ministro Giulio Tremonti. E il modello di sviluppo (come la rete) sarà quello del credito cooperativo. Dopo la bufera del credit crunch, le ex casse rurali, le “banchette” di periferia che, a detta degli esperti, non avevano i numeri per sopravvivere alla sfida della privatizzazione bancaria, oggi da terzo pilastro nazionale del credito sono chiamate a rilanciare il sistema Paese. Nelle vesti di una superbanca.
Secondo i piani del ministro dell’Economia, fresco di scottatura per il gran rifiuto dei big del credito ai Tremonti Bond, i 4.127 sportelli del credito cooperativo (un terzo concentrati in Meridione) assieme a quelli di Poste Italiane dovrebbero dare vita alla banca per il Sud. Nascerebbe quindi una newco, una nuova società, con un radicamento territoriale capillare e forte del sostegno della Cassa depositi e prestiti. Fin qui parla così l’agenda in fieri di via XX Settembre.
Ma il mondo delle Bcc, riunito per le sue assise lombarde dall’8 all’11 ottobre a Salonicco, in Grecia, frena la volata del ministro. E lo fa con le parole misurate di Alessandro Azzi, presidente di Federcasse e della federazione lombarda: «La banca del Mezzogiorno non comporterà l’impiego di ingenti risorse da parte delle Bcc né trasferimenti da Nord a Sud». Al contrario prevederà solo a «strumenti e stimoli per favorire l’arricchimento delle stesse banche di credito cooperativo del Sud». Come a dire, sì alla promozione del credito delle comunità, quello di «banche utili per una nuova cittadinanza», ma senza lasciarsi tentare dai miraggi del gigantismo bancario.
Prudenza innanzitutto. E giù le mani dal tesoro del credito cooperativo, accumulato con pazienza certosina nella sua dimensione tradizionale raccolta/impieghi quando le altre banche si gonfiavano di titoli strutturati. Del resto, in tempi di vacche magre del credito, il fieno in cascina delle Bcc fa a gola a molti. La raccolta diretta del sistema cooperativo è cresciuta del 10,8% anche nell’annus horribilis del credito, raggiungendo quota 147,7 miliardi di euro.
Nel 2008 le casse deposito delle banche italiane invece languono sotto del 1,5% rispetto all’anno precedente. E poi è aumentato il patrimonio, ora pari a 18,5 miliardi (7,5%). In mezzo alla stretta del credito il pianeta cooperativo è riuscito ad incrementare dell’8,1% gli impieghi alle imprese e alle famiglie, contro il 3,2% del resto del sistema bancario. Il tutto confezionando il piano «Mano per la ripresa», anticipazione della cassa integrazione e plafond dedicati alla ristrutturazione del debito delle aziende in difficoltà, prestiti a tasso zero per le famiglie.
«In un periodo di difficoltà», ha spiegato Azzi, «le Bcc non hanno fatto un passo indietro». E lungo questa scia si muovono anche sul progetto di Banca del Mezzogiorno che però «dovrà costituire un arricchimento, uno sprone e un pacchetto di interventi per potenziare l’azione delle Bcc già attive nel Sud e possibilmente espandere nuovi istituti». Banche del Sud che già rappresentano il 90% delle banche aventi sede e controllo azionario in Meridione. Piccole banche crescono. Ma non cambiano Dna.


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