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Attivismo civico & Terzo settore

Mozilla e gli altri, la Csr open source

A Terra Futura la Borsa delle imprese responsabili

di Maurizio Regosa

Sono un centinaio di aziende che dopo il successo dello scorso anno tornano a dialogare a Firenze con la società civile. In vetrina le pratiche
di responsabilità. Ma il marketing resta fuori dalla porta C’è la mantovana Palm, specializzata nell’imballaggio in legno e pallet ecologico. C’è Mozilla Italia, associazione impegnata che si dedica alla traduzione italiana, al supporto e alla promozione dei programmi open source della Mozilla Foundation (un nome per tutti: il browser Firefox). E poi la Astorflex che anche per quei navigatori produce calzature (e che da 18 mesi ha avviato una riconversione ai gruppi d’acquisto: oggi rappresentano il 40% del suo mercato). Sistema produttivo e tecnologia della conoscenza, insieme nel nome della sostenibilità. È uno dei confronti possibili alla Borsa delle imprese responsabili, uno dei numerosi appuntamenti di Terra Futura al quale parteciperanno oltre un centinaio di realtà profit, del privato sociale, dell’associazionismo (molte, intervenute nel 2009, hanno confermato per questa edizione; alla Fortezza da Basso, a Firenze dal 28 al 30 maggio). Ciascuna per proporre propri percorsi, per confrontarsi su nuove avventure, per individuare compagni di strada. «La Borsa», spiega Ugo Biggeri, presidente della Fondazione Cultura Responsabilità Etica (che promuove l’evento assieme a Regione Toscana e Adescoop, l’Agenzia dell’economia sociale), «è un luogo dove il popolo della pace si incontra con le imprese sui temi dello sviluppo sostenibile».
Sostenibilità è, insieme, una pratica e un orizzonte. A ciascuno però la sua. Per rendersene conto basta cedere la parola a chi ha scelto di essere presente a questo appuntamento «one to one, che vuole far incontrare la domanda e l’offerta» (Biggeri). «Per noi», sottolinea Giacomo Magnini, vicepresidente di Mozilla Italia, «significa pluralismo, accesso libero alla tecnologia, impegno volontario perché vi sia libertà di scelta. Abbiamo aderito proprio per far conoscere questo messaggio e per mettere a disposizione di tutti la nostra esperienza informatica».
Diverso il punto di vista di Gigi Perinello, l’agente di commercio che ha avuto l’idea di proporre ai gruppi d’acquisto solidali calzature di qualità made in Italy creando Astorflex: «Ci saremo perché vogliamo creare relazioni con altre aziende. Oggi un’impresa fa parte del bene comune: perciò deve creare alleanze e sviluppare forme di solidarietà». In questi ultimi mesi alla Astorflex si sono affiancati altri tre calzaturifici e due produttori di abbigliamento, arricchendo così l’offerta dei relativi gruppi d’acquisto.
Uno degli obiettivi della Borsa è quello di creare nuove opportunità, contribuendo a diffondere una cultura della responsabilità d’impresa che, per dirla con Biggeri, «superi la dicotomia tra l’impresa sociale e la Csr gestita dal marketing. È un’occasione anche per tentare sperimentazioni, per produrre contaminazioni utili fra mondi diversi». Su un fronte che è tutt’altro che statico. Lo spiega con chiarezza Mariarosa Cutillo, direttore di Valore sociale, il primo marchio promosso dalla società civile per certificare la Csr (all’interno della Borsa, assegnerà il premio Organizzazione verso Valore sociale): «Si sta diffondendo ad esempio l’idea che nella Csr sia importante il concetto della filiera: fornitori, produttori e distributori che, in modo trasparente, si preoccupano dell’impatto sociale e ambientale del loro lavoro».
«Stiamo pensando a un rating della Csr, coinvolgendo magari le associazioni di consumatori», conclude Biggeri, «il nodo resta: chi paga la valutazione del rating? Certo, per evitare conflitti d’interesse, non può essere l’azienda».


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