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Sanità & Ricerca

La strada per diventare donatori samaritani

Parla Alessandro Nanni Costa, direttore del Cnt

di Sara De Carli

Uno, presentarsi al centro trapianti da viventi della propria regione e dichiarare la propria disponibilità a donare un organo a uno sconosciuto, per pura generosità, così come si dona il sangue, senza che ci sia un legame di parentela o affettivo tra donatore e ricevente. Due, superare una valutazione di idoneità fisica e una di idoneità motivazionale, psicologica e psichiatrica. Tre, rifare tutto a livello nazionale, con una équipe del Centro nazionale trapianti che comprende psicologo, psichiatra e medico legale. Solo a quel punto si avrà realmente un «donatore samaritano» e lo stesso Cnt avvierà lo studio di compatibilità con un ricevente, secondo la modalità di cross over. Quattro, ragionando sulle coppie uscite dal cross over, l’organo verrà trapiantato «tenendo conto della regione di provenienza del donatore», rivela Alessandro Nanni Costa, direttore del Cnt.
È questo il protocollo previsto dal progetto pilota del Cnt per far partire anche in Italia la donazione samaritana, già ammessa negli Stati Uniti, in Olanda e in alcuni Paesi scandinavi, elaborato partendo dalle indicazioni espresse dal Comitato nazionale di bioetica e dal Consiglio superiore di sanità. «Una signora ha già superato il primo livello, quello territoriale», rivela Nanni Costa.
Il tema ha origini recenti e numeri piccolissimi: nell’autunno 2009 tre persone hanno segnalato la loro volontà di donare un organo da vivente, senza avere un conoscente bisognoso a cui destinarlo. Un quarto volontario (siamo a due in Piemonte e due in Lombardia) si è aggiunto nelle ultime settimane: «Queste persone pongono una questione giuridica e bioetica, che ha valore a prescindere dai numeri. Probabilmente ragioneremo sempre in termini di alcune unità, certo la donazione samaritana non cambia le statistiche dei trapianti, però le istituzioni hanno dimostrato un importante interesse», spiega Nanni Costa. Tant’è che le risposte del Cnb e del Css – corredate di tutte le indicazioni per scongiurare il rischio di qualsiasi contatto tra donatore e ricevente e quindi di una possibile compravendita di organi – sono arrivate in una manciata di mesi.
Che però questa sia un’opzione destinata a essere residuale, lo dicono i dati: le già previste donazioni di organi da parte di viventi, che destinano l’organo a un conoscente (marito, padre, ma anche cognato o semplicemente amico) sono poco più di un centinaio l’anno (34 in questi primi mesi del 2010; 124 per il rene e 14 per il fegato nel 2009). Al punto che Vincenzo Passarelli, il presidente di Aido (che conta 1 milione e 400mila soci), le donazioni samaritane le liquida come “caciara”: «Mai nessuno ha telefonato al nostro numero verde per chiedere informazioni. E dire che noi raccogliamo ogni anno 10/15mila dichiarazioni di disponibilità alla donazione». Poi precisa che «non siamo contrari, è bene che la disponibilità di questi samaritani venga accolta, però non dimentichiamo che l’opzione su cui investire e sensibilizzare ancora tanto gli italiani è quella della donazione da cadavere».
La dichiarazione in carta d’identità, prevista dal Milleproroghe e ai cui decreti attuativi sta lavorando Maroni, potrebbe fare – quella sì – la differenza.


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